Capitolo 31

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«Nelle notti più buie, l'amore si rivela il faro che guida le nostre scelte più coraggiose.»

Declan

L'acqua scivola sul mio corpo ed io mi perdo nella sensazione di torpore che mi regala. Mi passo una mano sul volto e serro la mascella, pianto i pugni nelle mattonelle con rabbia. Mi sento esausto. Perso nel vuoto.

Lei sta mandando tutto al diavolo, e mi sta trascinando in qualcosa che sembra più grande di me, l'unica cosa al mondo che sembra impossibile da combattere. Sono stanco di vedere i miei sforzi ridotti in cenere, di sentire che ogni passo avanti è seguito da due passi indietro.

Il fuoco può sia riscaldare che distruggere, dipende da come scegliamo di gestirlo. E mi accorgo di quanto stia fallendo nel gestire il mio fuoco. Le scelte sbagliate, i compromessi inutili, le occasioni perse mi bruciano dentro come fiamme indomabili. Ogni errore è un colpo che mi riporta alla dura realtà: sto permettendo al fuoco della mia vita di distruggermi invece di riscaldarmi. Mi odio per la mia incapacità di trovare l'equilibrio, per non riuscire a domare e indirizzare il fuoco delle mie passioni e dei miei desideri. Sono stanco di vedere i miei sforzi ridotti in cenere. Devo cambiare, devo prendere il controllo, prima che il fuoco diventi troppo grande per essere domato.

Mi vesto con la mia calma, cercando di ritrovare quella compostezza che mi ha sempre accompagnato nella vita, la stessa che lei sta mettendo in discussione e che non sapevo potesse essere così fragile per due occhi azzurri come il cielo in cui perdo me stesso.

Scendo al trentesimo piano, dove trovo Evie già lì, seduta nel mio ufficio. Un gomito è piantato sulla scrivania di vetro e con la mano si sorregge la testa, il suo sguardo è perso nel vuoto della vetrata che incornicia un cielo limpido come le sue iridi.

«Che ci fai già qui?» La mia voce tradisce un'inattesa irritazione per la sua testardaggine.

Avrei voluto che riposasse, ma di testardaggine siamo messi male entrambi, e sapevo che fosse stata una battaglia persa imporle di restare a casa.

I suoi occhi si sollevano rapidamente su di me, drizza le spalle e si schiarisce la voce. «Ho accompagnato Ethan a casa, e dopo aver sbrigato una cosa sono venuta direttamente qui.»

Assottiglio lo sguardo, confuso, cercando di capire meglio. «Ci avrei pensato io più tardi a quel coglione.» Il tono della mia voce è infastidito.

«Non ha voluto sentire ragioni.» La sua finta calma mi provoca ancora più frustrazione.

«É successo qualcosa che dovrei sapere?» Il mio tono é duro, ma visto e considerato cosa mi nascondeva, la paura che possa ancora celare strati di segreti mi infastidisce.

Ma lei scuote semplicemente il capo e si morde con forza il labbro inferiore, ignorandomi.

Sento i pugni stringersi, cerco di trattenere un ringhio. La guardo attentamente, capendo che qualcosa la turba. Evie si alza, si china per recuperare una cartella, ma io la fermo, afferrandole il viso tra le mani. La bacio. La sua bocca è calda, morbida, e sa di paradiso. Le sue piccole mani si aggrappano alla mia camicia nera, e sento i muscoli guizzare sotto la sua presa.

Non avrei mai pensato di dirlo, ma mi è mancata in un arco di tempo così breve che non riesco nemmeno a immaginare quanto possa essere difficile starle lontano. Lei ansima contro la mia bocca, tirandosi leggermente indietro mentre una tosse graffiante le scuote il petto.

«Evie?»

Alza le mani, chiude gli occhi e cerca di riprendere il controllo. «Scusami, ora passa.»

Rimango immobile, serro la mascella, la guardo intensamente. Lei si schiarisce la voce e si allontana da me. «Ti serve qualcosa? Comincio a sistemare i tuoi appuntamenti.» Cerca di cambiare argomento.

Fire in my bloodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora