Capitolo 20

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«Le donne sono l'incarnazione della forza silenziosa e della resilienza invincibile, capaci di trasformare il dolore in potere e le sfide in trionfi.»

Declan

Il sapore della vendetta non era mai stato così amaro.

Le idee ossessive possiedono la tenacia corrosiva delle malattie incurabili. Una volta insediate nella mia mente, la divorano completamente, privandomi della libertà di pensare ad altro o di trarre piacere da qualsiasi altra attività.

La mia ossessione é giocare con lei, utilizzarla come mezzo per raggiungere qualcos'altro. Ma ora, non provo più piacere in nulla.

Dopo la notte passata, mi sento un completo disastro. Non ho chiuso occhio, il sonno era sfuggito come un soffio, e non perché non riuscissi a lasciarmi andare, ma perché non riuscivo a smettere di guardarla. Ogni suo respiro, ogni lieve movimento, mi catturava come una morsa, impedendomi di trovare pace.

Il ritorno a casa è silenzioso. La pelle del volante brucia sotto i miei palmi quando, di tanto in tanto, getto uno sguardo fugace nella sua direzione, osservando il profilo del suo viso illuminato dalla luce ormai fioca del tramonto. Il suo sguardo fisso sulla strada, il leggero tremolio delle sue labbra: tutto di lei mi ipnotizza.

«Non hai più saputo niente di lei?» La domanda mi esce di getto, perché quel buco infernale del non sapere proprio non lo sopporto più.

Sono stato un imbecille a rimanere in silenzio quando me ne aveva parlato quella mattina. Ma la verità è che mi aveva fatto paura, perché mi aspettavo tutto, ma non quello che mi ha rivelato.

Ho letto il dolore nei suoi occhi, ho visto il buio che annebbia dentro di lei. Quella puttana non solo aveva rovinato la mia famiglia, ma aveva abbandonato anche la sua.

Evie si volta lentamente, il suo corpo è teso.

I suoi occhi azzurri mi osservano, capisce subito che sto parlando di sua madre.

«No.» La sua voce è debole. «Non ho idea di dove sia. Non so nemmeno se sia viva o meno.»

Le mani mi prudono e il respiro diventa irregolare. La voglia di gridarle tutto in faccia è attanagliante nel mio petto.

Ci penso e ci ripenso: se ho fatto giusto due conti, mi rendo conto che Evie aveva diciassette anni e Amy nove. Che razza di madre farebbe una cosa del genere?

La strada continua a sfilare sotto di noi, ma il silenzio nella macchina diventa sempre più pesante. La tensione è palpabile, ogni parola non detta pende come una spada sopra di noi. Eppure, non riesco a spezzare quel silenzio, perciò é lei a farlo.

«Ogni tanto ci penso.» Un sorriso amaro si delinea sulla sua bocca. «A come stia vivendo la sua vita, se adesso é felice come non lo era con noi.»

«Non hai mai provato a capire?»

«Non c'è molto da capire, in realtà.» Risponde con un filo di voce. «Mi ha lasciata da sola con Amy, senza spiegazioni, senza un addio. Solo... sparita.»

«E se riuscissi a trovare delle risposte, se potessi scoprire dove si trova... o almeno perché lo ha fatto?»

Non so nemmeno io cosa sto facendo. Ma improvvisamente il senso della mia vendetta cambia e voglio solo rovinare Cristiana Rule per non essersi presa cura di sua figlia.

Evie esita, il suo sguardo fisso oltre il parabrezza. «E cosa cambierebbe? Che differenza farebbe sapere il perché? Non mi ridarebbe gli anni persi, né guarirebbe le ferite che ci ha lasciato.»

Fire in my bloodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora