«Vostra altezza reale! Vostra altezza reale!» tentò disperatamente di svegliarlo il suo dignitario Zayn.
Louis parve essere crollato in un sonno talmente profondo da poterlo credere deceduto.
Lo faceva spesso, si rifugiava nei sogni, perché la vita attorno a sé, pur pullulando di agi, gli pareva vuota e priva di senso.
«Vostra altezza! Si svegli la prego!»
«Cosa c'è? Mio padre è morto?» domandò il principe con gli occhi ancora a saracinesca.«Dio non voglia altezza, è arrivato un dono dal re d'Inghilterra, Giorgio III»
annunciò.A quel punto Louis tentò di ricomporsi, poggiò la schiena contro l'imbottita testiera del letto a baldacchino e distese le ginocchia.
«E perché mai quello sbruffone dovrebbe porgermi un regalo? In segno di gratitudine dopo il conflitto da poco concluso?» azzardò annoiato.
«Non ne ho idea mio signore, ma uno dei suoi duchi di fiducia è qui per consegnarvelo personalmente»
Il dignitario chiese il permesso di congedarsi, e lo informò di recarsi presso l'appartamento reale, destinati agli incontri con i duchi di alto rango.
A quel punto, sbuffando, il principe fu costretto ad abbandonare il caldo abbraccio delle sue sfarzose coperte.
«Riferisci che sarò da lui fra dieci minuti» ordinò al suo gentiluomo di compagnia fidato Liam.
«Certo, altezza»Da quando suo padre, Louis XV, s'era gravemente ammalato, sentiva che il peso di ogni manovra politica gravasse sulle sue spalle, prima ancora che diventasse re.
Non sopportava il suo titolo, non sopportava la gabbia d'orata nella quale era rinchiuso e tanto meno il suo matrimonio.
Pochi anni prima, pur di sancire l'ennesima alleanza politica, il giovane fu costretto a sposare Eleanor Calder, arciduchessa austriaca.
Era a conoscenza dei pettegolezzi in giro riguardo il loro matrimonio ancora non consumato, ma poco gli importava, avrebbe rimandato ogni dovere coniugale finché poteva.
La gente speculava a proposito di una sua impossibilità fisica, voce fatta mettere in giro dallo stesso re.
Altri giudicavano la cosa come al quanto normale, in quanto i due fossero giovani e dunque timidi e inesperti.
Louis, dal canto suo, era tutt'altro che inesperto, dato il suo essersi concesso a parecchi uomini a corte.
Tal voce non girava minimamente, dato il suo espatriare i concupiti ad atto compiuto.
Il rapporto con la moglie, tuttavia, era del tutto conflittuale, basato sul rispetto reciproco, se non fosse stato per gli snervanti tentativi della giovane sposa di condividere il talamo.
Il suo obiettivo era quello di protrarre l'indifferenza nei suoi confronti fino alla sua salita al trono, così da dar luce a un erede, e poi lasciare che ognuno andasse per la propria strada.
Non si curava del suo popolo, consapevole che non lo amasse tanto quanto non lo amasse lui.
Ciò nonostante, aveva dei compiti da eseguire e doveri da rispettare solennemente, perciò si lasciò vestire in fretta per accogliere il duca inglese.
Girovagare per il palazzo di Versailles gli dava la nausea, come se lo accecasse.
Gli interni del palazzo erano incredibilmente opulenti, con stanze decorate con affreschi, arazzi, mobili dorati, specchi e opere d'arte.
I soffitti ornati con dipinti elaborati e lampadari di cristallo, che la sua sposa tanto adorava.
Era Eleanor stessa a gestire la cura del palazzo, ogni stanza doveva avere un tema specifico e mostrava il massimo del lusso, per non parlare dei giardini a cui tanto teneva.
Non la invitò a scartare il regalo assieme a lui, trascurandola come suo solito.
Raggiunto il luogo d'incontro, vi si trovò dinanzi un degno duca inglese, dal pelo bianco e l'aria stremata dal viaggio.
«Vostra altezza reale» s'inchinò l'uomo di mezz'età «Lasci che mi presenti, sono il duca di Beaufort, venuto in persona per omaggiarlo di un dono da parte del mio stimatissimo re Giorgio III»
«Il piacere è mio, duca di Beaufort, il viaggio è stato gradevole?»
«Assolutamente vostra altezza, la ringrazio per l'interesse»«Di che genere di dono parla, vostra grazia?» indagò fingendosi curioso, pur desiderando ardentemente che la nave fosse affondata, così da evitare tale strazio di mattina.
L'uomo fece cenno a due gracili ragazzi di avvicinarsi: i due erano minuti, spogli di qualsiasi veste che potesse ricondurli alla famiglia reale britannica.
Avevano rispettivamente il capello rubio e l'altro moro, entrambi s'inchinarono senza proferire parola.
Il primo si apprestò a baciare la mano del principe, con evidente disgusto, infastidendolo, tenendo lo sguardo basso.
A uel punto gli si avvicinò il fanciullo dalla chioma riccia, imbarazzato, gli occhi coperti dall'imponente ciuffo, le labbra tremanti.
Questo però ebbe la sfacciataggine di fare incontrare i loro sguardi, facendo sì che il principe spalancasse leggermente le labbra, estasiato.
La sua bellezza lo colpì, questo è certo, ma fu quel suo sguardo spento ad attirare maggiormente l'attenzione, così come i suoi modi acerbi.
Doveva essere poco più piccoli di lui, eppure già messo a bando in giro per l'Europa come carne da macello.
«Il re le offre due suoi gentiluomini di compagnia, con la speranza che la soddisfino tanto quanto abbiano soddisfatto lui»
Dubitò dell'efficiente servizio descritto dal duca, pensò che il re volesse liberarsene a causa della loro imperizia, spacciandoli per un dono.
«Porti i miei omaggi a vostra maestà, è stato un piacere, duca di Beaufort» lo congedò.
Il suo sguardo scrutatore era ancora rivolto al giovane dagli occhi glauchi, quale pareva, assieme al suo socio, impaziente di ricevere qualche ordine.
«Parlate la nostra lingua?» domandò.
«Sì, vostra altezza reale» annuirono i due.«Bene, seguite il mio dignitario e attendete ordini» li liquidò.
«La ringrazio vostra altezza» risposero all'unisono.I due si voltarono, seguendo Zayn già di spalle verso la porta.
Ma, mentre il biondo si allontanò senza indugiare, il riccio si voltò, come se per richiamarlo fosse bastato lo sguardo insistente del principe su di lui.
Louis non gli aveva staccato gli occhi di dosso neanche un secondo, parve ammaliato, come se gli si fosse annebbiata la vista.
Il riccio accennò a un timido sorrisetto, che agli occhi del principe fu la cosa più seducente che il palazzo avesse mai visto e ospitato.
Il gentiluomo lasciò la sala senza distogliere lo sguardo, come se temesse di offendere il principe se lo avesse fatto per primo.
Se fosse stato un altro, probabilmente Louis lo avrebbe punito per la sua sfacciataggine.
Doveva contenersi, la lealtà del giovane non era ancora provata, e per tal ragione decise di non invitarlo ancora nel suo letto.
«Mio caro marito» sentì una voce femminile richiamarlo, ed era quella della sua novella sposa
«Mia cara» la salutò lui baciandole la mano «Cosa ti porta qui?» domandò.«Mio caro, mia madre sarà in visita questo fine settimana, e volevo chiederti il consenso per organizzare un ricevimento con danze e uno spettacolo teatrale allestito dalle nostre dame e gentiluomini, per celebrare tale evento»
Era rischioso spendere altro denaro per una festa, ma era pur sempre consapevole di quanto il palazzo necessitasse di un po' di svago.
«Con piacere, mia cara, il grigiore ha inasprito questo posto, sarà un'ottima occasione per rallegrarci» la moglie, entusiasta, lo baciò.
Il clima era teso, seppur a Versailles la gente ridesse a scherzasse, sentiva che il terzo stato non avrebbe retto ancora per molto tanta ingordigia.
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Les péchés du roi || Larry Stylinson
FanfictionIl giovane erede al trono di Francia, Louis Tomlinson, ha poco più di vent'anni, un matrimonio ancora da consumare e un popolo stremato a cui badare. Il tempo, fra le mura di quel palazzo, gli sembra scorrere inesorabilmente lento e senza alcun moti...