Les bavardages des compatriotes

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Il tempo passava e i figli dei due monarchi crescevano a vista d'occhio, animando di gioia la corte.

Tuttavia, pur non per sua volontà, Louis passava poco tempo coi suoi ragazzi, di cui sentiva tanto la sua mancanza.

«Allora, come stanno quei due diavoletti?» chiese alla moglie seduta al suo fianco per la colazione.

«Più che bene, ne combinano di tutti i colori, ora che entrambi camminano puoi solo immaginare la fatica» lo informò sorridente, seppur in viso le si potesse leggere qualcosa che la turbava.

«Riferiscigli che gli farò presto visita e li porterò a fare una passeggiata, tra mille impegni non gli ho dedicato il giusto tempo» le chiese intagliando la frutta.

La moglie continuava a scrutarla un po' dubbiosa, come se avesse una domanda in serbo e avesse paura di sputare il rospo.

«A proposito, mio caro, anche io ho sentito tanto la tua mancanza in questo periodo...» gli confessò.
«Naturalmente l'invito è esteso anche a te, mia cara» tentò di sviare lui il discorso.

Eleanor poggiò il caldo palmo della sua mano su quella ruvida di Louis, che sembrò rabbrividire al solo contatto.

«Non vorrei sembrarti sfacciata, ma ciò che intendevo dire è che sento tanto la tua mancanza nel mio letto la sera, ormai ho superato le fatiche del parto, non vedo il perché tu non debba darmi le giuste attenzioni»

La regina affrontava tali discorsi con tanta disinvoltura, cosa che lo infastidiva parecchio.

Quello che per sua moglie era una necessità, per lui era un penoso dovere a cui prestarsi.

Sapeva benissimo che la donna conoscesse i bisogni maschili, quali li portano a non riuscire a stare senza determinate attenzioni per molto, e temeva che lei dubitasse e si mettesse in cerca di qualche amante, interrogando le sue dame.

«La verità è che ci terrei tanto, ma la sera sono esausto e dopo un'intera giornata circondato da migliaia di lavoratori sento proprio la necessità di stare da solo» s'inventò scostando la mano.

La donna non sembrava convinta.
«Amore mio, ho fatto qualcosa di sbagliato? Ti ho irritato in qualche modo a tal punto da tenerti lontano? Sai che possiamo benissimo risolvere qualsiasi questione»

Cominciò a dargli suoi nervi, ma non voleva prendersela con lei, le sue preoccupazioni erano del tutto legittime e non se lo meritava.

«Non c'è nulla che non vada, perché mai dovrei avercela con te? Sei una moglie devota, mi hai dato due splendidi figli e so che me ne darai altri, va tutto bene.»

Si portò il fazzoletto alla bocca, lo gettò nel piatto e si congedò con la scusa di dover tornare a lavoro.

Detestava intraprendere certe conversazioni, soprattutto sapendo che nell'altra ala del palazzo ci fosse il suo amato ad attenderlo.

Non riusciva a lontano da lui, non riusciva a stare senza di lui, sentiva che qualcosa, in sua assenza, tentasse di stringergli la gola fino a strozzarlo, e che lui fosse l'unico modo di reperire ossigeno.

Era proprio così, Harry era ossigeno negli attimi di apnea, in quella vita asfissiante che gli si legava stretta al collo.

...

Presero la brutta abitudine di dormire assieme tutte le sere, e svegliarsi al mattino, col rischio di essere scoperti, come se niente fosse.

Il riccio si rivestiva, dovendo correre nelle cucine per preparare la colazione e dare inizio alla lunga giornata di pulizie, mentre il re lo tirava a sé per costringerlo a restare fra le coperte.

Les péchés du roi || Larry Stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora