1. 𝑪𝒐𝒊𝒏𝒒𝒖𝒊𝒍𝒊𝒏𝒆

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DENISE DE SANTIS'S POV:

Cinque.
Cinque sono le volte in cui mi sono ritrovata a supplicare la padrona di casa di cacciare qualche inquilino indisciplinato.
Sia chiaro: non avevo e non ho alcun diritto di fare questo, ma ne ho sopportate davvero tante.
Una volta, uno di loro mi ha spento la sigaretta sul braccio mentre ero intenta a studiare, per poi rovesciare il contenuto del posacenere sui miei appunti.
Rissa sfiorata.
Per non parlare di quando sono stata costretta a chiamare l'ambulanza perché il mio unico coinquilino uomo era arrivato ad un passo dall'overdose!
E ancora, potrei andare avanti con Rose, bella come una modella, ma con il vizio del sesso.
Non le piaceva solo scopare, ma anche farlo in modo rumoroso e... in gruppo.
Si, lo aveva proposto anche a me.
Insomma, il mio unico desiderio era quello di trovare un coinquilino con cui condividere gioie e dolori della vita quotidiana, senza però avere a che fare con crisi d'astinenza nel cuore della notte e proposte indecenti.
Ma qualcosa sta per cambiare: è in arrivo la mia nuova coinquilina, di nome Benedetta.
Il nome me lo ha detto la padrona di casa, Dina, una donna dolcissima che mi ricorda molto la mia amata nonna.
Benedetta fa la modella, ma non è di Roma città.
Dina dice che da poco le è stato proposto un buon contratto da un'agenzia di modelle, una delle migliori della Capitale.
Non è ricca, non è famosa, ma di certo aspira a diventarlo.
Ok, lo ammetto, la storia della coinquilina mi ha resa parecchio nervosa.
Condividere l'abitazione con un'altra persona non è certo facile, e affrontare le sessioni ancor meno.
Non sono una persona intollerante, ma dopo anni trascorsi a raccogliere i vetri delle bottiglie di birra lasciate cadere a terra da qualche coinquilino ubriaco o a placare crisi isteriche, sento il bisogno di dedicarmi un po' a me stessa e al percorso di studi che ho deciso di intraprendere per diventare una psichiatra.

Non manca molto all'arrivo di Benedetta: Dina mi ha detto che sarebbe arrivata a mezzogiorno circa, e sono quasi le dodici.
Ho riordinato l'appartamento e pulito i pavimenti: non voglio che pensi che sia stata io il motivo della fuga dei precedenti inquilini.
Non è colpa mia se sono arrivata all'esasperazione.
E se non avessi pregato io Dina di cacciarli, lei lo avrebbe fatto comunque.
Per qualche strana ragione, sento che questa sarà la volta buona.
Forse perché almeno Benedetta ha un lavoro stabile, cosa che nemmeno io ho.
Non faticherà a pagarsi l'affitto, e non dovrà rifugiarsi nell'alcol per sopperire ai dolori di una vita poco soddisfacente.
Voglio dire, fa la modella!
Non sa nemmeno cosa significhi essere in sessione e non saper dove sbattere la testa.
Mentre penso a quanto sia stata fortunata a nascere con il dono della bellezza, sento un rumore di chiavi provenire dalla porta blindata.
È lei!

«Arrivo!»

Balzo dal divano, facendo cadere inavvertitamente il cuscino.
Corro verso la porta per accoglierla, ma lei sembra già conoscere l'appartamento a memoria.
Fa il suo ingresso circondata da borsoni firmati e valigie enormi.
Ha un sorriso meraviglioso, senza neppure un difetto sulla dentatura.
Si richiude la porta alle spalle, poi mi porge la mano.

«Benedetta, piacere.»

«Denise. Come sei bella!»,
le dico.
È la verità, perché dovrei mentire?
Ma non appena mi stringe la mano, noto un particolare che mi fa storcere il naso.
Ha tatuato il disegno delle ossa delle dita della mano, nel modo in cui la stessa si vede quando si fanno i raggi per accertare una frattura.
Benedetta si accorge subito della mia espressione perplessa non appena le sfioro la mano.

«Non ti piace?»

«Non è nel mio stile, ma a te sta bene.»,
replico, sforzandomi di sorridere.
Non mi piacciono i tatuaggi così vistosi.

«Grazie! Allora, mi fai da guida?»

«Certo, ma che intenzioni hai con le valigie?»

«Le sistemiamo dopo, prima voglio capire dove dormirò! E se c'è abbastanza spazio!»

«Quello non manca.»,
le assicuro, facendole strada verso il corridoio principale e la zona notte.
La mia camera è vicina alla sua.
I rumori provenienti dalla camera da letto dell'una, arrivano senza alcun filtro all'altra.
E sappiamo che genere di rumori possono provenire dalle camere da letto.

«Tu dormi qua?»

«Si, la mia stanza è leggermente più piccola...»

Apro la porta per mostrargliela, ma non sembra poi così interessata.
In effetti, questo è l'unico angolo della casa che non ho sistemato.
Tra pochi giorni ho un esame, e non ho alcuna intenzione di mettere temporaneamente i raccoglitori in cassetti di cui nemmeno ricordo l'esistenza.
Benedetta capirà.

«Sei disordinata, eh?»

Le parole della modella mi gelano.
Io, disordinata?
Ma se ho spolverato e riordinato ogni centimetro dell'appartamento soltanto per farle una buona impressione!
Disordinata, decisamente no.
Le persone disordinate non mi piacciono.
Ne ho conosciuta una nella mia vita e mi è bastata.
E i suoi livelli di disordine superavano di gran lunga quelli della media mondiale.

«No, è che sono in sessione.»,
le dico, abbozzando un sorriso.
Ho come l'impressione che non sappia nemmeno cosa sia una sessione, ma evito di tediarla ulteriormente.

«Aaah, va bene allora!»,
esclama, con aria di sufficienza.
Non ha pietà per la mia condizione di studentessa universitaria nel pieno dell'esaurimento.
Cerco di non soffermarmi sul fatto che mi abbia dato della disordinata, e le suggerisco di iniziare a prendere confidenza con la sua camera.
Non dice nulla, e con un cenno della testa mi fa capire che ha compreso.
Non so se offrirmi di portarle le valigie in camera, ma una piccola parte di me desidera vendicarsi per quel giudizio sulla mia camera.
Sospiro.
Voglio che sia lei a chiedermelo.

«Non è che potresti aiutarmi con le valigie?...»

Benedetta, con un velo di timidezza che non aveva mostrato fino ad allora, mi chiede di aiutarla con i bagagli.
E io non posso che dirle di si.
Mi precipito a recuperare borse e valigie, mentre lei mi aspetta sorridente davanti alla sua stanza, che mi sembra già appartenerle.
Ho lasciato indietro due borsoni.

«Quelli puoi pure lasciarli lì, li prendo dopo, ci sono le cose del mio ragazzo che mi manca tanto...»

Benedetta sorride, ma è chiaro che il pensiero del suo fidanzato la rattrista.
Probabilmente non vive a Roma.
Non dico altro, le accarezzo il braccio e le dico che potrà trovarmi in camera mia per qualsiasi cosa.
La modella mi sorride, e si ritira nella sua stanza.
La sento parlare al telefono con qualcuno, e già immagino che possa essere il suo ragazzo o un'amica cara.
Tutto sommato, non sta andando così male.
Sembra timida, ma sono certa che non lo sia fino in fondo.

È ora di pranzo, e l'incontro con Benedetta mi ha distratta dal fatto che debba mangiare qualcosa prima di riprendere con lo studio.
Decido di andare in cucina, ma qualcosa cattura la mia attenzione, mentre lancio un'occhiata ai borsoni lasciati da Benedetta all'ingresso.
Uno dei due non è chiuso del tutto, e una maglietta azzurra sembra sbucare fuori.
Mi chino per sbirciare, stando attenta a non essere vista da lei.
Non è una maglia normale quella: è una maglia da calcio, e la riconosco subito perché mio padre, tifoso dell'Italia, ne ha una uguale.
Non resisto alla curiosità di scoprire di chi sia la maglietta, apro il borsone e la tiro fuori.
Il mio cuore perde un battito quando leggo il suo cognome.

«Calafiori..?»

Sento dei passi dietro di me, e presto la voce di Benedetta mi scuote dai miei pensieri.

«Ma che stai facendo?»

❥ 𝑻𝑰 𝑹𝑰𝑪𝑶𝑹𝑫𝑰 𝑫𝑰 𝑴𝑬? || Riccardo Calafiori Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora