Partire

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Fai di ogni giorno
il tuo capolavoro.
John Wooden

Henry

Erano appena le due, di un pomeriggio di mezza estate. Ogni volta che si avvicinava questo periodo dell’anno, la mia vita veniva travolta da una profonda angoscia.
Chi mi conosce sa che odio l’estate.
Una stagione che apparentemente dovrebbe essere considerata figa per me che sono un ragazzo. Ma non è così.
Forse è meglio che mi corregga.
Non è l’estate in sé a non piacermi.
È quello che succede in estate ogni anno.
Solito posto con la mia famiglia.
Solita vacanza di merda che preferirei evitare.
Sono ormai otto anni che io e la mia famiglia andiamo in vacanza in quel dannato Hotel.
La routine è sempre la stessa.
L’aria è sempre la stessa.
Le persone che incontro sono sempre le stesse.
Non c’è niente di diverso. Niente che mi faccia venire la voglia di ritornarci in quel posto.
Sono l’unico della famiglia a non essere più soddisfatto e questo aspetto non è di gran lunga a mio favore.
Mancano poche ore alla partenza ed io preferirei di gran lunga rimare qui piuttosto che andare in quel non so cosa di interessante di Como a passare la mia estate tra una serata di merda e l’altra pure.
Mi sono svegliato da poco.
Sono le due del pomeriggio, e se non fosse stato per la voce di mia madre avrei continuato a dormire beatamente.
Alle cinque saremmo dovuti partire ed io avevo fatto di tutto per evitare quel momento senza riuscirci.
Poggiai i piedi sul tappeto ai piedi del letto e mi resi conto che quella non era nient’altro che una giornata del cazzo, in un periodo del cazzo di una vita del cazzo.
Non avevo ancora mangiato nulla e non avevo nemmeno voglia di nutrire il mio stomaco. Il nervoso era talmente alto da avere la meglio sulla mia psiche.
Però dopo qualche minuto, mi alzai definitivamente da quel letto, l’unico posto nel quale sarei tornato infinite volte senza annoiarmi e stancarmi mai. Mi portai le mani verso la faccia ed iniziai a sfregarmi gli occhi che non erano ancora pronti ad affrontare il viaggio che ci attendeva.
Indossavo soltanto una t-shirt consumata dal tempo, ma era la mia preferita e non l’avrei buttata per nessuna ragione al mondo.
Ero in mutande, letteralmente.
Ma in estate quel dannato pigiama proprio non riuscivo ad indossarlo.
La maggior parte dei miei vestiti era già incastrata nella valigia che avevo preparato ieri sera, così mi avvicinai all’armadio e presi le uniche cose decenti che avevo lasciato fuori per affrontare il viaggio.
Mi andai a chiudere in bagno.
Il mio migliore amico, il posto nel quale mi rinchiudevo tutte le volte che stavo male e preferivo nascondermi piuttosto che farmi vedere in quella maniera piuttosto danneggiata e segnata dagli avvenimenti del mio quotidiano. Uscì dal bagno dopo venti minuti circa. Ritornai verso il mio letto e lo sistemai. Non mi era mai piaciuto lasciarlo disfatto. Se c’era una cosa che non faceva parte della mia vita era il disordine.
Io di disordine ne avevo già abbastanza in testa, avrei preferito non averlo anche in giro nella mia camera.
Era un periodo particolare della mia vita.
Un periodo in cui ero particolarmente in conflitto con me stesso e le mie voci interiori. Quelle bastarde che mi facevano sentire un briciolo nel mondo.
Dopo aver finito di sistemare il letto mi diedi una sistemata al ciuffo che nel frattempo si era scompigliato sulla mia fronte.
Sembravo un pazzo.
Forse lo ero davvero, ma non avevo ancora il coraggio di ammetterlo.
Presi le cuffie dal mobile sul quale le avevo lasciate e le misi intorno al collo.
Misi le valigie vicino alla porta e ritornai sul letto.
Iniziai a scrollare la pagina iniziale di Instagram per riempire l’attesa nel mentre mia madre non sarebbe venuta a chiamarmi per scendere.
Passarono all’incirca dieci minuti e con fare entusiasta mi alzai dal letto per indossare il profumo che mi avrebbe tenuto compagnia quel giorno.
Amavo essere profumato.
Come sempre, ne misi una quantità infinita intorno al collo e lo sfregai anche sui polsi senza esitare.
Persi qualche altro minuto davanti allo specchio, a riguardare l’outfit che avevo scelto. Una T-shirt beige, l’unica più ordinata che era rimasta all’interno del mio armadio e un pantalone grigio. Non era il mio outfit migliore ma era di gran lunga l’unico che mi donava un aspetto da persona che una vita ancora la viveva.
Al collo avevo messo una collana di perle, che mi avrebbe dato la fortuna per affrontare l’intera estate. Quella mattina mi ero messo anche i miei orecchini preferiti
Passò, mezz’ora ed ero ancora chiuso in camera per i fatti miei a pensare a quanto sarebbe stato figo passare l’estate da fidanzato.
All’improvviso entrò mia madre in camera, senza bussare prima di entrare. Era di gran lunga la cosa che odiavo di più al mondo.
Volevo che la mia privacy venisse rispettata invece i miei genitori questo sembravano ancora non capirlo.
Vi starete chiedendo perché a 24 anni viva ancora in questa casa.
La risposta è molto semplice, ma contorta al tempo stesso.
“Prendi tutto l’occorrente e scendi! Ti aspettiamo giù, mi raccomando non dimenticarti la penna dell’insulina perché altrimenti dobbiamo ritornare indietro.” Mi dice in fretta mia madre.
“Prendi anche le bustine di zucchero.” Esclama prima di uscire di uscire di nuovo dalla mia camera.
Ecco la risposta.
Soffro di diabete e mia madre preferisce avermi ancora con sé fino a quando le cose non si stabilizzeranno nel giusto modo.
“So cosa occorre a me stesso.” Le dico con tono quasi alterato.
Mia madre esce dalla camera senza rispondermi. Penso e ripenso al suo modo di fare. Mi ha sempre fatto arrabbiare.
Sa benissimo che quando mi sveglio non ho voglia di sentire nessuno qualunque sia il motivo.
Presi le chiavi, lo zaino dove avevo messo i miei oggetti personali, la valigia e uscì dalla mia camera con più voglia di ritornare a dormire che voglia di vivere.
Dopo aver caricato le valigie in macchina, entrai, chiusi lo sportello con forza e poi aprii il finestrino.
L’unica cosa che amavo dei viaggi era proprio questa: sentirmi il protagonista di un film mentre ascolto la musica affacciato al finestrino. Così senza esitare feci partire la mia playlist preferita.
Per tutto il viaggio restai in quella posizione.
Sognavo una vita che non mi apparteneva o forse una vita che non mi sarebbe mai appartenuta.

NOTA DELL'AUTORE
Eccoci giunti finalmente all'inizio di un nuovo viaggio.
Non vedo l'ora di tenervi compagnia ancora una volta.
"Are you ready for it?"
Questa è la frase che dovete ripetervi ogni volta che inizierete un capitolo.
Ne vedremo delle belle.
N.B. gli aggiornamenti avverranno giornalieralmente dal lunedì al venerdì💚

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