Le stelle brillano sopra di noi

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A volte non abbiamo bisogno,
di qualcuno che ci aggiusti.
A volte abbiamo solo bisogno,
di qualcuno che ci ami mentre ripariamo noi stessi.
Julio Cortàzar

Oliver
Passare il tempo a vedere le stelle con la persona che ami è senza alcun dubbio uno dei gesti che amo di più.
E penso che…
Si sia notato.
La mano di Henry è salda alla mia, e per l’ultima volta, stiamo uscendo dall’Hotel insieme per vivere una delle nostre pazzie.
Ma alla fine, anche le pazzie, se fatte con la persona che ami diventano un vero e proprio gesto d’amore.
Il cuore mi batte un po' forte nel petto, ed è forse il momento, l’atmosfera che mi ricorda quello che fino ad adesso abbiamo condiviso.
“Oliver.” Mi chiama Henry a sé.
“Dimmi, ragazzino.” Gli dico io fermandomi davanti la moto.
Questa sera ho deciso che uscire con la moto fosse la scelta migliore: fino ad adesso l’abbiamo usata una sola volta, ed è stato incredibile. Ed io sono quel tipo di persona a cui piace ricreare i propri momenti preferiti, ma con un finale diverso, per non renderli pienamente monotoni.
“Mi mancherà.” Esclama lui.
“Cosa?” Gli chiedo consapevole già della risposta che sta per darmi.
“Tutto questo.” Risponde lui come se quelle fossero le uniche parole in grado di pronunciare.
“Anche a me.” Dissi senza far trapelare quello che stavo realmente provando.
Cercavo in tutti i modi di nascondere cosa provavo realmente, piuttosto mi impegnavo a mantenere a sorridere, poiché ero consapevole di quanto Henry, amasse vedere le mie fossette. Non volevo che lui partisse, ma non potevi fare niente per bloccarlo. Avrei pagato anche la cifra più grande per tenerlo qui al mio fianco ancora per un po'.
Ma sin dal primo giorno sapevo a cosa stavo incontro. Sapevo che prima o poi le tre settimane sarebbero passate, ma avevo scelto lo stesso di amarlo mettendo da parte le mie paranoie.
Nei giorni successivi, pensai, mi sarebbe mancato tutto di Henry: il suo modo di fare, le sue labbra che avevo marchiato con il mio sapore, il suo corpo, le sue iridi a contatto con le mie.
Avrei voluto stringerlo forte una notte in più, per fargli sentire come il mio cuore batte forte per lui.
Mi sono serviti quarantotto anni di vita per conoscere a fondo il significato della parola affetto, ed ora vederlo andare via…anche se adesso Henry era ancora con me, non facevo altro che pensare a come sarebbero stati i giorni successivi.
A come sarebbe stato entrare da solo nello sgabuzzino, non avere più le sue guance da riempire di baci, le sfumature del suo carattere e le nostre mani che si incastravano senza alcun intoppo.
Avevo sempre sognato un amore cosi, dopo la rottura con Elijah ma, pensavo che determinate emozioni potessero esser vissute soltanto nei libri.
Henry sembrava così difficile ma in cuor mio lo sapevo che lui era lì a soffrire più di me.
Era come se entrambi cercavamo di tutelarci l’uno dalla sofferenza dell’altro per non creare timore nell’altro e viceversa.

In cuor mio sapevo anche che Henry non sarebbe voluto ritornare alla sua vita, che avrebbe preferito rimanere con me.
“Questo è tuo.” Dissi ad Henry mentre gli porgevo il casco che lui indossò subito.
Mi misi il mio e non appena salimmo sulla moto, la prima cosa che avrei voluto dirgli era: mantieniti forte, ma non c’è ne era alcun bisogno perché Henry aveva già stretto le sue braccia intorno ai miei fianchi, ed aveva la testa poggiata alle mie spalle, quasi come se fossi il suo unico appiglio.
Mentre uscivamo dal cancello, abbassai la testa e mi resi conto che le sue mani stavano leggermente tramando così mi fermai, togliendo una mano dall’acceleratore e la chiusi a pugno intorno alle mani di Henry senza dire niente.
Ripartii dopo qualche minuto, dopo essermi reso conto che le mani di Henry si erano riscaldate abbastanza, da durare per tutto il tragitto che anche se non lungo richiedeva il suo tempo.
Il vento mi ricopriva il viso, ed era forse una delle cose che amavo di più dell’usare la moto.
Spengo la moto ed Henry alza la sua testa dalle mie spalle.
“Siamo arrivati, ragazzino.” Mi limito a dirgli mentre lui scende dalla moto, e si toglie il casco.
Rimango fermo a guardarlo sistemarsi il ciuffo.
“Aspetta, ti aiuto.” Gli dico mentre scendo dalla moto.
“Faccio da solo. Ne approfitteresti per scompigliarmeli ancora di più.” Mi dice lui mentre mi prende un po' in giro.
“Cosa?” Ribatto io.
“Pisolo, non è importante apparire impeccabili agli occhi della persona che ti ama, per lei già rappresenti la perfezione.” Gli dico mentre colgo l’occasione per poggiare la mia mano sulla sua testa.
“Sapevo lo avresti fatto.” Esclama Henry mentre io continuo a giocare con i suoi capelli, ancora un po'.
“Sei già perfetto per me, pisolo.” Sottolineo io.
“Anche tu per me, Mr. Verde.” Sorride Henry.
“Ma qui già siamo venuti.” Esclama d’un tratto sorprendendomi.
“Sono felice che te lo ricordi. Significa che sei riuscito a prendere familiarità con il posto.” Gli dico mentre iniziamo a camminare.
“Invece no. Significa che in questo posto è accaduto qualcosa di sorprendente che mi ha permesso di non dimenticarlo e di tenerlo con me nella mia isola dei ricordi.” Dice Henry soddisfatto.
“Sai sempre come sorprendermi.” Gli dico.
“Sai, la banalità non mi appartiene.” Henry scoppia a ridere ed io inizio a ridere seguendo il suono della sua risata.
“Questa sera il cielo è pieno di stelle.” Dico mentre le nostre risate si affievoliscono e nell’aria si iniziano a sentire soltanto i cinguettii degli uccelli.
“Le stelle brillano sopra di noi.” Henry alza la testa verso l’alto e nei suoi occhi riesco a leggere la magia che un momento del genere riescono a creare.
Ci sediamo sull’erba, ed Henry lasciò cadere la sua mano destra sul mio petto, successivamente la tolse per grattarsi la nuca e rivolse nuovamente la testa verso l’alto per guardare le stelle.
“Sai, mi avevi detto di ricordarmi le stelle, ma non c’è ne è bisogno perché sei qui con me e possiamo farlo insieme.” Esclama Henry mentre io mi ero girato di spalle per raccogliere dei fiorellini azzurri che erano stati in grado di attirare la mia attenzione.
“Oliver, ma quelli…” Dice Henry confuso.
“Quelli sono dei fiori, e sono per te.” Concludo io mentre li poggio sulle mie gambe e mi giro nuovamente per iniziare a guardare le stelle con Henry.
“Cosa? Nessuno ha mai osato regalarmi dei fiori.” Esclama Henry mentre una piccola lacrime gli ricopre il volto.
“C’è sempre una prima volta a tutto, pisolo.” Gli dico io mentre Henry fa ricadere la sua testa lungo il mio petto per nascondere il fatto che stesse piangendo, ma io ero riuscito a rendermene conto lo stesso.
“Lo so. E tu sei tutte le mie prime volte, Mr. Verde.” Dice lui in un soffio.
Provai ad alzargli il capo, spingendo sotto il mento, ma Henry sembrava voler rimanere in quella posizione, così lo lasciai lì, con il capo saldo sul mio petto, mentre poggiavo la mia mano lungo il suo fianco destro e lo iniziai a coccolare per fargli capire che anche nella tempesta c’è sempre qualcuno pronto a tenderti la mano.
“Tu, invece sei tutte le mie prime volte preferite.” Ribatto io mentre alzo il capo per guardare le stelle.
“Davvero?” Mi chiede lui mentre nel silenzio si sentono soltanto i suoi gemiti consumati dal pianto.
“Mi hai fatto ritornare a vivere, pisolo.” Gli dico mentre questa volta riprovo ad alzare la sua testa e con forza, riuscii a fargli capire che nascondersi era sbagliato.
Che il dolore si affronta, senza avere paura.
C’è un rimedio a tutto, persino alle cose che pensiamo siamo irrimediabili.
La mia mano, che ancora era sotto il suo mento, diventò in pochi minuti ricoperta di lacrime.
Veder star piangere la persona che ami quasi ti distrugge il petto.
Così anche se provavo a trattenere le lacrime per non mostrarmi fragile agli occhi di Henry, d’un tratto delle lacrime iniziarono a fuoriuscire anche dai miei occhi.
“Scusami, Oliver, per essere un disastro ricoperto di cicatrici.” Mi dice Henry.
“Non è così pisolo. Non devi scusarti di niente. Ti amo perché sei tu, e non sei un disastro ricoperto di cicatrici, anzi tutt’altro. Le tue cicatrici, sono la tua luce, ragazzino, brillano sopra di te fino a renderti unico.” Gli dico dopo qualche secondo di silenzio.
“Non è così, Oliver, ritornare a Roma, significa ritornare a vivere quell’inferno.” Mi dice lui ed io subito riesco a rendermi conto a cosa si riferisce con quelle parole così brutali ma dannatamente reali.
Non sempre il luogo che chiami casa, è un rifugio. La maggior parte può diventare rifugio un luogo che non ti appartiene.
“Ci sono io, pisolo. Non devi avere paura.” Gli dico mentre gli prendo la sua mano tra la mia.
“Ho passato una vita a combattere contro la paura. Non c’è stato momento in cui non abbia avuto paura, Oliver.” Mi dice lui.
“C’è sempre un modo per rinascere pisolo. Puoi rinascere dalle tue ceneri uscendone vincitore. La paura che ti ha inghiottito per tutto questo tempo è stata fondamentale, per farti capire cosa ti meriti. Adesso è arrivato il momento di lasciarla andare.” Gli dico io mentre con la mano sinistra mi asciugo le lacrime.
Capisco perfettamente cosa prova e come si sente Henry. Anche io come lui ho avuto paura di perdere nella mia vita, ma alla fine sono riuscito a mettere a tacere quelle voci nella mia testa e sono sicuro che un giorno ci riuscirà anche lui.
Perché Henry è forte, anche se non riesce ad ammetterlo perché pensa di non esserlo.
“Voglio vedere l’alba in te, pisolo. Non pensare di non farcela, perché ci sarò sempre io qui a ricordartelo, che puoi farcela a mettere da parte la paura.” Gli dico fiero di lui.
“Grazie, Mr. Verde.” Mi dice lui creando in me disordine.
“Perché?” Gli chiedo io.
Personalmente non sono una persona che ama i grazie. Non mi piace che qualcuno si senta in dovere di sdebitarsi con me, perché so cosa si prova trovarsi da soli e non riuscire a sopravvivere ai silenzi continui che riempiono le tue giornate.
Non mi piace la parola grazie perché la reputo banale, c’è sempre qualcosa di più bello ed il grazie più importante che ricevo in cambio, ogni volta è vedere sorridere l’altra persona, attraverso il mio aiuto.
Vedere l’altra persona farcela, mi riempie il cuore di gioia, e mi ricorda che tutti meritano di essere felici in un modo o nell’altro.
“Per credere in me, più di quanto lo faccia io stesso.” Esclama lui ad un passo dalle mie labbra.
“Non devi dirmi grazie. Io crederò in te sempre un po' in più perché so cosa sei in grado di creare, pisolo.” Ribatto io e vederlo asciugarsi le lacrime mi fa sentire dannatamente felice.
“Sei il mio romantico preferito.” Esclama Henry mentre io affondo la mia mano sotto la sua maglia, e la avvicino al suo cuore per sentire il suo cuore battere forte per noi.
“Mi mancherà tutto di te, Mr. Verde.” Esclama Henry in un soffio.
“Vorrei soltanto che tu potessi venire con me.” Mi dice mentre mi fissa negli occhi.
“Non temere, ragazzino. Troverò un modo per raggiungerti.” Esclamo mentre l’unica cosa che sento è il cuore di Henry battere all’impazzata.
“Adesso, baciamoci e godiamoci ancora per un po' le stelle che brillano sopra di noi.” Esclamo ma neanche il tempo di concludere la frase, le nostre labbra erano lì unite, a regalare alle stelle lo spettacolo migliore del mondo.
“Ho attraversato numerose tempeste prima di trovarti.” Dico in un sussurro.
“Ti amo, Mr. Verde.” Esclama Henry in un gemito di piacere.
“Ti amo, pisolo.” Ribatto io.
E rimanemmo lì, stesi sul prato a baciarci in un mondo fatto di apatia, noi eravamo pronti a vivere di quello che ci rimaneva.

*

Henry
Ricordo ancora il giorno in cui sono giunto qui in Hotel.
Sembra essere passato così in fretta il tempo che quasi mi viene voglia di ritornare indietro.
Non riesco a chiudere occhi, nella mia testa rimbombano le parole di Oliver che sono come una carezza per la mia fragile anima.
Ripenso ai suoi ti amo.
Ai momenti migliori che abbiamo condiviso.
Ma alla fine, io lo so che avremo modo di rivederci perché due persone come noi nemmeno la distanza avrebbe potuto dividerle.
Continuo a rigirare la testa nel cuscino, cercando di trovare la giusta posizione per addormentarmi, ma invano.
Sono le 05:35, ed io desidero soltanto salutare Oliver prima di partire.
Così prendo il telefono, e non appena attivo la connessione, mi scappa un sorriso.

Ei pisolo, questa volta anche tu sveglio?

Mi ha scritto qualche minuto fa.
Non esito a rispondere.

Si, dove sei tu?

Invio il pigiama, mentre inizio a scendere dal letto facendo attenzione a non fare troppo rumore.

Sono giù, in reception.

Mi risponde lui subito dopo.
Senza nemmeno rispondergli, mi avvio verso la porta e dopo essere uscito sul pianerottolo, inizio a correre per le scale.
Non appena mi ritrovo Oliver di fronte a me sprofondo tra le sue braccia.
Perché il suo abbraccio sarà l’unico a farmi un po' da salvagente, in questo universo e in tutti gli altri.
“Buon viaggio, pisolo.” Esclama lui dandomi un bacio sulla fronte.
“Non voglio partire.” Ribatto io.
“Non avere paura, ragazzino. Io troverò un modo per raggiungerti.” Dice Oliver mentre continua a stringermi forte a sé.
Ci diamo il nostro ultimo bacio, che dura per qualche minuto.
“Come diceva Shakespeare: Dubita che le stelle siano fuoco, dubita che il sole si muova, dubita che la verità sia mentitrice, ma non dubitare mai del mio amore.” Recita Oliver prima che mi prenda la mano e mi fa compagnia per ritornare in camera.
Riapro la porta lentamente e questa volta ritorno a letto, con il sorriso stampato sul volto.

*

“Henry, sei pronto?” Mi chiede mia madre fuori dalla porta del bagno.
“Quasi.” Esclamo io.
“Noi iniziamo a scendere.” Ribatte lei.
“Ok, qualche minuto e sono da via.” Rispondo io.
Ma in realtà esco subito dopo di loro, perché alla fine è con loro che ritornerò a Roma.
“Henry, sei già qui.” Sospira mia madre voltandosi di scatto.
“Ho fatto prima del previsto.” Dico soltanto mentre apro lo sportello della macchina.
“Si ritorna a Roma.” Esclama mio padre accennando un sorriso forzato.
Ed io nel frattempo, mi ero già posizionato lì, accanto al finestrino con le cuffie nelle orecchie.
Ma questa volta non era come la prima.
In me era cambiato qualcosa.
Ero consapevole del mio amore.
E mi bastava questo per sorridere ogni giorno sempre di più.

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