Guilty as Sin?

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Quei due, così come sono,
sono reciprocamente necessari.
E pensò: ecco, questo modo
d’essere è l’amore.
Italo Calvino

Oliver
Sentirsi vuoto non è una condizione, bensì un modo di essere…ed io in quel momento mi sentivo completamente vuoto, insignificante come un futile puntino all’interno dell’Universo.
La reception senza la presenza di Henry era vuota, non riuscivo a trovare nulla di interessante nel restare lì, senza il mio pisolo.
Erano le nove meno dieci, ed Henry era partito già da un’ora.
Continuavo a girare avanti e indietro nella hall dell’Hotel, così da far passare in maniera più veloce il tempo, ma niente; quella era soltanto una mia stupida convinzione.
Il tempo ha la sua durata, non c’è niente che possa cambiarla.
Però allo stesso momento, il tempo a pare mio è come una partita a poker: gioisci nei momenti di vittoria, e rimani deluso nei momenti di perdita. Ed era questo ciò che faceva il tempo: passava in fretta nei momenti in cui stavi bene, e rallentava nei momenti in cui non lo eri affatto.
Iniziai a mordermi le unghie preso dall’agitazione, visto che ero consapevole che quei giorni sarebbero stati molto difficili per me, anche se fino ad ora non avevo avuto il coraggio di ammetterlo. Perché avere coraggio, alla fine è un po' come smettere di avere paura: difficile e brutale allo stesso tempo.
Nella mia testa continuavano a scorrere come un rullino, i miei ricordi preferiti che avevo condiviso con Henry, e in cuor mio speravo che un giorno, quell’isola dei ricordi avrebbe continuato a riempirsi di momenti indelebili.
“Buongiorno.” Esclama una voce maschile, interrompendo i miei pensieri.
“Buongiorno.” Ribatto io mentre smetto di mordermi le unghie preso dalla tensione.
“Mi dica.” Dico mentre l’uomo si gira e fa capo alla sua famiglia di proseguire.
Devo ammettere, che in questo periodo, lavorare diventa sempre più faticoso vista la quantità di persone che continua ad arrivare qui in Hotel.
E potevo affermare che nonostante in quel momento, la mia testa fosse presa da altri pensieri, il mio lavoro riusciva a diventare una vera e propria distrazione, per questo continuavo a praticarlo; mi aveva salvato per una volta, e perché no avrebbe potuto salvarmi anche una seconda.
“Vorremmo prenotare una camera, se è possibile.” Mi chiede l’uomo mentre accenna un sorriso.
“Quanti siete?” Chiedo per poter controllare sul computer la disponibilità delle ultime camere rimaste.
“Tre.” Risponde lui.
“Di cui?” Chiedo io.
“Mi scusi, non ho capito.” Dice l’uomo confuso.
“Quanti adulti e quanti bambini?” Chiedo io a mia volta cercando di essere quanto più chiaro possibile.
“Ah. Siamo due adulti e un ragazzo.” Non appena quell’uomo pronuncia quelle parole mi ritorna in mente la voce del padre di Henry, che mi chiedeva esattamente la stessa cosa.
“C’è una camera disponibile.” Dico ma in quel momento mi rendo conto di una cosa soltanto…
Quella camera è libera, perché Henry è partito con la sua famiglia questa mattina.
Non avrei mai pensato che venisse occupata in così poco tempo. Quella camera racchiudeva ricordi…
“Menomale, Alfred.” Esclama la moglie in un sospiro di sollievo.
Io mi limito a fare un sorriso preso dalla circostanza, nulla di più.
“Per procedere all’assegnazione della camera, però avrei bisogno dei vostri documenti.” Dico io con fare impacciato.
“Si.” Esclama l’uomo mentre si gira verso la moglie per chiederglieli.
Nel frattempo, io avevo iniziato ad aprire le varie schermate per segnare i documenti che l’uomo mi avrebbe dato.
“Ecco a lei.” Esclama la moglie porgendomi i documenti mentre l’uomo nel frattempo è iniziato ad uscire per prendere le valigie dalla macchina.
Prendo i documenti dalle mani della signora ed inizio a battere le dita sulla tastiera per segnare i vari dati.
Alfred, Marta e Nicholas.
Forse era questa una delle tante cose che amavo del mio lavoro: conoscere persone che non avevo mai visto prima.
Ripongo i documenti alla donna e lei inizia a sorridere compiaciuta, mentre l’uomo nel frattempo è ritornato con le valigie.
“Vi accompagno io, così vi mostro dove si trova la camera.” Esclama mentre prendo le chiavi dalla parete e le dita iniziano a tremarmi.
“Andiamo Nick.” Esclama sua madre mentre mi seguono fino all’ascensore.
“Potete porgere le valigie, noi saliamo a piedi.” Dico e senza ribattere tutti posano la propria valigia lì in ascensore mentre noi iniziamo a salire le scale.
Arrivati al piano, mi fermo per qualche minuto, per farmi coraggio a procedere.
“In fondo al corridoio.” Esclamo mentre prendo le valigie dall’ascensore e le tiro fuori una alla volta.
“Questa è la vostra camera.” Dico aprendo la porta mentre il cuore mi precipita nel petto.
Non sarebbe stato per niente facile, accettare che in quella camera, ci fossero altre persone diverse da lui, quasi non riuscivo neanche a rendermene conto, ma è questo che succede quando le cose finiscono: iniziano subito nuove storie facendo diventare ricordi quelle precedenti.
“Buona permanenza.” Esclamo io perché non sarei stato in grado di rimanere lì un altro secondo ancora.
“Grazie, la camera sembra davvero confortevole. Per qualsiasi informazione possiamo trovarla sempre in reception?” Mi chiede l’uomo.
“Si.” Mi limito a rispondere mentre mi giro e mi dirigo verso l’ascensore per iniziare a scendere.
Un flashback si impossessa della mia mente:

“Si è bloccata, ragazzino.”
“Ho notato.”

La prima cosa che feci una volta ritornato in reception fu prendere il mio telefono per mandare un messaggio ad Henry.
Pensai e ripensai a cosa dirgli, ma alla fine mi limitai a mandargli un messaggio piuttosto scontato, ma avevo voglia si sentirlo e così senza pensarci troppo aprii la chat.

Come procede il viaggio, pisolo?

Mandai il messaggio e riposi il telefono dietro la scrivania, perché avevo alcune cose da sistemare riguardo i prossimi arrivi in Hotel e le camere che nei prossimi giorni si sarebbero liberate.
Mi sentivo colpevole come il peccato, perché avrei soltanto voluto raggiungere Henry a Roma, ma prima del fine settimana, non avevo nessuna possibilità di organizzarmi.
Non sapevo nemmeno se avrei potuto prendermi qualche giorno di ferie, ma avrei mentito a fin di bene per ottenere delle giornate libere da condividere con il mio pisolo.

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