Eyes don't lie

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Tutto quello che vorrei dirti,
è lì nei miei occhi.

Henry

Dubbi e incertezze.
Era questo il loop nel quale mi trovavo in quei giorni.
Avrei voluto che le cose fossero diverse, ma non ci si può affidare soltanto al fato.
Per far accadere qualcosa è importante agire altrimenti è quasi impossibile che quel qualcosa accada nei tempi dovuti.
Dopo aver fatto colazione, inizio a prepararmi poiché a breve sarei sceso per passeggiare un po' da solo.
Non c’è l’avrei fatta nemmeno per un altro secondo a rimanere chiuso in quella camera con la mia famiglia.
Prendo le chiavi della camera dall’ingresso e mi limito a salutare con un cenno veloce mia madre.
Mi avviai verso le scale e presi il telefono dalla tasca destra del pantalone per fare una foto al mio outfit, da mettere nelle storie di Instagram.
“Scusa.” Dico preso dall’imbarazzo.
Sono appena andato a sbattere contro qualcuno e non ho il coraggio nemmeno di alzare gli occhi.
“Non ti preoccupare.” Ribatte l’uomo.
È lui.
Il receptionist.
È la sua voce, così senza tentennare alzo la testa e mi ritrovo quasi schiacciato contro la sua faccia.
“Non ti avevo visto.” Provo a giustificarmi.
“L’avevo notato.” Mi dice lui provocando in me qualcosa che mai avevo provato.
Rimango quasi immobile e senza che me ne rendo nemmeno conto, il telefono mi cade dalle mani.
L’uomo senza nome riesce a prenderlo prima che cada definitivamente a terra.
Mi guarda negli occhi, e prima di restituirmi il cellulare, mi accenna un sorriso.
“Per un pelo eh. Per fortuna che ho ancora i riflessi che funzionano alla mia età, ragazzino.” Esclama lui con fare sensuale.
Mi porge il telefono tra le mani ed è proprio in quel momento che i nostri corpi si sfiorano per la prima volta provocando dinamite e scintille.
In un mondo di collisione noi siamo la polvere di stelle dispersa nello spazio.
Non riesco più a proferire parola.
Rimango in silenzio per evitare figure imbarazzanti. In situazioni del genere potrei dire cose senza senso.
Però alla fine scelgo comunque di dirgli almeno una semplice e banale frase.
“Grazie…” Dico con fare impacciato.
L’uomo senza nome mi sorride per la seconda volta e mi lascia da solo sul piano.
Scesi le scale in fretta.
Il mio corpo era in continuo conflitto con le emozioni che l’uomo senza nome riusciva a donarmi.
Mi sentivo parte di uno strano multiverso…fratturato da un evento che nessuno si sarebbe mai aspettato potesse accadere.
Arrivo davanti la reception e la prima cosa che faccio è guardarmi intorno.
Nonostante sia consapevole che l’uomo senza nome è sul mio piano, non riesco a smettere di cercarlo in posti dove non c’è.
Esco fuori dall’Hotel e mi dirigo verso una panchina poco distante da lì.
Mi siedo, incrocio le gambe e riprendo il telefono dalla tasca dove lo avevo infilato per evitare di perderlo di nuovo.
Lo accesi e mi ritrovai sullo schermo la storia che avevo fatto.
In quello scatto non c’ero soltanto io.
Ero riuscito ad immortalare il momento preciso in cui ci eravamo scontrati.
Si notava il mio volto del tutto preoccupato e il suo petto gonfio.
Restai a guardare quella foto per un paio di secondi, poi minuti, fino a quando quei pochi frammenti di tempo non diventarono ore.
Non riuscivo a togliere la mia attenzione dai nostri corpi che erano entrati in contatto fra loro.
Ero così confuso.
Non riuscivo a formulare dei pensieri che avessero un senso compiuto, o almeno una forma corretta per poter essere al meglio compresi.
Dai miei occhi si riusciva a capire tutto quello che stavo provando senza fraintendimenti poiché gli occhi non mentono mai.
L’aria stava iniziando a diventare più afosa del solito, e piccole gocce di sudore avevano iniziato a ricoprire la mia fronte arrivando poi a bagnare tutto il mio viso in pochissimo tempo.
Odiavo l’estate proprio per questo motivo.
L’impatto che aveva sulla mia salute non era uno dei migliori, e questa cosa non faceva altro che provocarmi continue incertezze.
Pensavo e ripensavo.
'Avrei potuto approfittarne per chiedergli almeno come si chiamasse e per presentarmi a mia volta.
Avrei potuto reagire diversamente.'
Insomma. Avrei potuto agire in tanti modi ma avevo preferito rimanere indifferente.
Iniziai a chiedermi se l’avessi mai rivisto per potergli almeno parlare senza imprevisti.
Non sarebbe servito a niente rimanere inermi.
Desideravo con tutto me stesso, conoscerlo e approfondire qualcosa sul suo conto.
D’altronde non ne sapevo ancora niente.
Desideravo con tutto me stesso averlo, quando nemmeno riuscivo a capire che tipo di emozioni mi facesse provare.
Era tutto così difficile.
Per la prima volta mi trovavo di fronte ad un bivio tra l’agire e il prendermi le responsabilità che scegliere di amare una persona più grande, portava.
Sarei entrato e sarei rimasto alla reception pur di rivederlo.
Era un pensiero fisso tra le mura della mia mente.
Per la prima volta mi sentivo incapace di reagire.
Dopo qualche minuto spensi il cellulare e lo riposi in tasca prima di alzarmi dalla panchina sulla quale poco prima mi ero seduto.
Inizio a camminare verso l’Hotel e riesco ad arrivare abbastanza in fretta nonostante la stanchezza.
Ero esausto ed erano passati soltanto tre giorni dall’inizio della mia vacanza.
Chissà ancora quante ne avrei dovute passare in quei diciotto giorni che restavano.
Entrai nella hall dell’Hotel e mi andai a sedere su una poltrona poco distante dalla reception.
Da quel posto sarei stato in grado di rendermi conto se l’uomo senza nome prima o poi sarebbe arrivato.
Oggi non accadeva qualcosa che andasse per il verso giusto.
Dannazione.
Passò qualche ora ed io avevo iniziato ad annoiarmi.
La noia era una delle emozioni che ultimamente accompagnava la mia routine.
Mi annoiavo così facilmente che riuscivo a stupirmi di me stesso.
Ma in quel momento, la noia era in contrasto con il bisogno che avevo di rivedere quell’uomo.
Ne andava della mia salute mentale.
Di suo già era a pezzi, e non mi sarei potuto permettermi di perderla dietro un uomo a cui ancora non sapevo come chiamare.
Presi il telefono dalla tasca e proprio in quel momento la mia attenzione venne catturata da un completo nero.
L’uomo senza nome era lì.
Si stava dirigendo verso l’ascensore e non indossava più gli abiti di poco fa.
Mi alzai in fretta dalla poltrona e mi diressi verso l’ascensore.
L’uomo senza nome mi riconobbe e mi sorrise.
“Il telefono è ancora con te?” Mi disse con tono sarcastico, destabilizzandomi.
“Si, non è caduto più.” Dico questa volta sicuro di me.
“Ci credo. Non c’ero io a salvartelo.” Mi dice ancora.
Le sue attenzioni così confuse mi offuscano l’anima.
“Entra prima tu.” Mi dice l’uomo non appena l’ascensore si apre.
Gli passo davanti e lui entra subito dopo di me.
Forse non era tutto così sbagliato.
Qualcosa stava accadendo…di questo ne ero più che sicuro.
L’ascensore improvvisamente si ferma.
Cazzo.
“Si è bloccata, ragazzino.” Mi fa notare l’uomo senza nome.
“Ho notato.” Ribatto io imbarazzato.
Qualcosa stava accadendo…anzi no.
Qualcosa stava accadendo ma non nel modo in cui sarebbe dovuto accadere.

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