Love Story

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Non si sa mai esattamente,
quanto spazio si occupa nella vita degli altri.
Francis Scott Fitzgerald

Oliver
Succede che quando l’amore arriva nella tua vita, tutto assume un sapore diverso.
Gli attimi diventano eterni.
I secondi diventano infiniti.
Perché alla fine l’amore è una forza, che esercita una tale carica sulla propria anima.
Una carica intramontabile, implacabile.
Le labbra di Henry sono salde contro le mie, e per la prima volta, devo ammettere che entrambi abbiamo smesso di avere paura, iniziando a vivere senza limiti.
Ci sono tante persone che passano accanto a noi, in questo momento.
I loro sorrisi mentre ci guardano, mi fanno credere che la bontà nel cuore di qualcuno per fortuna, esiste ancora.
“Pisolo…” Sussurro staccando le mie labbra dalle sue.
“Si?” Ribatte Henry in un gemito soffuso.
“Mi devi fare una promessa.” Gli dico io mentre il cuore inizia a saltellarmi nel petto.
“In cosa consiste?” Mi chiede lui curioso.
“Che resterai vulnerabile al mio tocco.” Gli dico mentre un velo di nostalgia ricopre le mie parole.
“Sempre. Oliver. Tu mi rendi vulnerabile.” Esclama lui ricadendo con la fronte contro il mio petto.
Colgo il momento per accarezzargli la testa, e come mia abitudine, gli scompiglio i capelli così da infastidirlo.
“Ormai mi ci sono abituato.” Sussurra Henry dandomi un pizzicotto contro il fianco sinistro.
“Sei il mio pasticcino alla crema preferito.” Inizio ad accennare un sorriso non appena Henry alza la testa e mi guarda con gli occhi quasi sbarrati.
“Il tuo che?” Mi chiede confuso mentre inizia a grattarsi il mento.
“Il mio pasticcino, dolcino alla crema preferito, pisolo.” Ripeto soddisfatto.
“Non avrai mica pensato di mangiarmi, eh?” Ribatte lui mordendosi il labbro inferiore.
“Chi ti dice che non l’abbia già fatto?” Esclamo divertito.
“Scontato.” Henry inizia a camminare lasciandomi indietro di qualche passo.
“Che fai, adesso mi eviti?” Lo stuzzico a mia volta.
“’N ce credo. Te stai a mette in dubbio l’atteggiamento mio?” Henry inizia a prendermi in giro.
“Corri, tanto prima o poi ti prendo.” Sorrido e aumento il passo.
“Sei davvero lento.” Gli prendo il braccio e subito si ferma sul posto.
“Lento perché volevo mi raggiungessi.” Henry scuote il capo con fare sicuro.
“Ricordati di questo.” La mia mano sfiora la sua natica.
“Siamo in pubblico, Oliver.” Henry mi sgrida con fare impacciato.
“Non fare il timido, pisolo.”
“Se mi tocchi di nuovo, inizio a correre e giuro che non mi fermo più.” Ribatte lui.
Tiro giù la mia mano con fare veloce.
Mi piace giocare con lui, ma allo stesso tempo mi piace rispettare i suoi spazi.
Chi sono io per non toccarlo adesso, per desiderarlo tra qualche ora?

***

“Seguimi.” Esclama Henry non appena inizia a girare tra un vicolo poco distante dal Colosseo.
Lo guardo mentre cammina davanti a me, mi piace vederlo felice nonostante tutto, perché alla fine tutti meritiamo di essere felici un giorno, nonostante pensiamo che la felicità non ci appartenga.
Non è affatto così.
“Ti seguo, Cicerone mio.” Dico io accelerando il passo per stargli dietro per evitare di perdermi in strade che non conosco.
“’N ce credo. M’hai chiamato Cicerone.” Henry si gira di scatto per guardarmi.
“Sei la mia guida per un giorno.” Mi difendo io pronto a stuzzicarlo.
“A proposito…” Abbasso lo sguardo verso il basso.
“Dov’è che mi porti adesso?” Gli chiedo curioso e allo stesso tempo fremente.
Così, a questo punto Henry si blocca e si volta pronto a rispondermi, perché alla fine i suoi occhi in questo momento stanno parlando più di ogni altra cosa.
“Ti porto a mangiare, si è fatta ora.” Esclama lui divertito.
“Se ti dicessi che non ho fame?” Ribatto.
“Non ti crederei.” Henry scoppia a ridere portandosi le mani alle labbra.
Una scossa di adrenalina ricopre il mio corpo, vederlo giocare con le sue labbra mi eccita e il mio membro inizia a premere all’interno dei boxer.
“Perché?” Gli chiedo mentre con la mano destra provo a nascondere la patta dei pantaloni.
“Perché a Roma non avere fame è impossibile.” Mi spiega lui.
“Addirittura?” Inizio a sorridere per tale affermazione.
“Attento a come parli.” Henry mi ammonisce con poche parole.
“Andiamo, pisolo.” Gli dico cercando in qualche modo di recuperare i punti appena persi.
“Ti porto a mangiare la carbonara. Al mio ristorante preferito.” Sorride Henry.

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