10. ANYA

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Passa una settimana dall'ultima volta che scorgo i suoi occhi o che sento la sua presenza.
Nel frattempo non ho più avuto notizie dei suoi guai, né tantomeno incontri ravvicinati con il medesimo.
Le sue parole ancora mi ronzano nella testa, impedendomi a volte di riuscire ad addormentarmi.
E se riuscisse ad uccidermi prima del matrimonio? Lo ringrazierei?
Grazie... Grazie a chi? penso.
Mi sono resa conto di non conoscere nemmeno il suo nome.
Scuoto la testa. Non se ne parla. Se perderò la battaglia contro Bryce, almeno quella contro questo selvaggio dovrò vincerla.

Bryce mi siede di nuovo accanto: l'infermità delle Regine è durata fin troppo poco per quanto mi riguarda.
Le due, infatti, siedono di fronte a noi, cercando di coinvolgerci nell'organizzazione delle nozze, come da quasi un mese a questa parte.
Annuisco distrattamente alle domande che mi porgono: il colore del vestito sarà bianco? La cerimonia si terrà nella cappella del mio Regno? Ci sarà un'orchestra?
In realtà non mi interessano tanto questi stupidi dettagli, quel giorno sarà comunque l'ultimo della mia vita: vivrò senza un'anima; solo il corpo sarà presente.

Improvvisamente, le madri si alzano, incamminandosi, l'una sotto il braccio dell'altra, ridacchiando, verso la porta.
Mi giro verso Bryce, il quale con un'alzata di spalle, resta in silenzio.
Da qualche tempo le due hanno iniziato ad inventarsi scuse per ritirarsi in qualche faccenda e lasciare me e il mio futuro consorte soli, in questa stanza.
Più volte ho provato ad uscire, ma non mi è concesso lasciare il principe da solo: dovesse offendersi!

Resto seduta con la schiena ritta, non appoggiandomi allo schienale della poltrona. Le mani poggiate sulle gambe tese. Punto lo sguardo fuori dalla finestra, posta alla mia destra.
Chissà se irromperà anche questa volta, mi chiedo, osservando i vetri ormai riparati.
Vago con la mente, pensando ad innumerevoli modi in cui distruggere un mostro: spade incantate, mele avvelenate, polvere magica... Ma nessuno di questi mi convince.
Se solo i miei genitori scoprissero cosa mi passa per la mente, ci penserebbero due volte a darmi in sposa.
Soffoco una risata.
Per poco avevo dimenticato che di fianco a me Bryce continuava ad esserci.
«Cos'hai da ridere?» si volta verso di me.
<<Perdonami. Non ridevo, soffocavo un colpo di tosse>> continuo ad osservare la finestra, timorosa di scoprire il modo in cui mi guarda.
Lui pare capire la direzione del mio sguardo.
«Cosa osservi, cara?» sottolinea particolarmente l'ultima parola.
«Nulla in particolare. Mi piace la sfumatura che questo pomeriggio il crepuscolo ha assunto» rispondo.
Di scatto si alza, posizionandosi subito dinanzi a me.
Mi guarda intensamente. Decido di incontrare il suo sguardo e ciò che vi leggo mi fa bruciare: bruciare di terrore.
«La sfumatura del crepuscolo, eh?»
Alza una mano e velocemente me la porta sulla guancia.
Vorrei che fosse una carezza; vorrei che fosse un gesto d'affetto e d'amore; vorrei innamorarmi di lui e rendere più semplice questo matrimonio.
Il bruciore si fa strada lungo tutto il viso.
Il mio capo si inclina verso il lato opposto rispetto alla sua posizione.
La mia mano si affretta a massaggiare il punto colpito, che sento ardere.
«Sei un orco!» sbotto. La voce mi esce chiara, non strozzata e niente sussurri.
«Un cattivo, orrendo e viscido orco!» trovo il coraggio nei meandri rotti della mia anima.

Sembra non far caso alle mie parole, si allontana da me, avvicinandosi alla finestra.
«Oh, Anya... Io sarei un orco?» si volta di scatto.
Stringo le mani sul bracciolo del divano.
«Tu sei solo una poco di buono» dice, ed io ho un sussulto.
«Guardi la finestra bramando che quel disgraziato venga a prenderti?» sorride, beffardo.
«O pensi che sia il grande amore che ti salverà da questo matrimonio? Dal cosiddetto "orco"» continua, indicando se stesso sull'ultimo quesito.
«Credevo che tua madre ti avesse trasmesso più valori tra i quali imparare ad amarmi, rispettarmi e ascoltarmi ancor prima del matrimonio.»
«Avrei dovuto intendere fin da subito che quell'agguato non fu fatto per caso, qualche settimana fa.»
Mi passa una mano sul punto colpito poco prima. «Mi dispiace tanto farti questo, Anya. Tu mi costringi, tuttavia, a farlo. Ti sto solo insegnando come essere una perfetta futura moglie.»

Una lacrima mi solca la guancia. Non mi sono nemmeno resa conto di aver iniziato a piangere.
In realtà non mi rendo nemmeno conto del perché lo faccio: per il dolore delle sue parole, il dolore sul viso o è semplicemente il mio cuore che lentamente muore?

La porta viene di nuovo spalancata con forza e le due Regine accorrono, chiacchierando, esattamente come sono uscite, ancora avvinghiate.
Mi affretto a raccogliere con un dito la goccia incriminata.
«Cara, hai gli occhi arrossati. Ti senti bene?» la Regina Biancaneve mi osserva; mia madre la raggiunge con il suo sguardo indagatore.
«Si, tutto fantastico. Sarà un accenno di allergia, ormai la primavera è alle porte» fingo uno starnuto, storcendo il naso e grattandomi un occhio.
«Vogliate scusarmi, preferirei ritirarmi nelle mie camere e riposare» mi rivolgo ai due ospiti e con un cenno del capo, mi congedo.

Sotto gli sguardi curiosi e preoccupati dei domestici, corro fino in camera mia, nella quale mi affretto per raggiungere la toeletta.
Dinanzi al suo specchio, guardo il mio riflesso, che sfioro con due dita.
Un nuovo segno rosso mi adorna la guancia, unendosi ai segni, ormai più rosei, delle dite sul collo.
Sfioro tutto sulla mia pelle e con un sussulto ritraggo la mano dal nuovo marchio inciso sulla guancia.
Respiro.
Mi guardo intorno.
I miei occhi si posano sulla grande finestra della camera.
A passi lenti mi ci avvicino.
Raccolgo la gonna del mio abito, scoprendo le gambe in modo tale da poter salire sul largo davanzale.
I piedi nudi entrano in contatto con il cuscino color rosso, rosso come il vino, poggiato sulla pietra di cui è fatto il davanzale.
Spalanco la finestra.
Poggio delle dita sul vetro.
Guardo giù.
È talmente alto che sembrerebbe di essere una stella cadete.
Guardo, nel vetro, un'ennesima il mio volto ritratto.
Il livido si scurisce minuto dopo minuto.
Mi basterebbe fare un solo, semplice e stupido passo avanti per avere lo stesso colore violaceo sul resto del mio corpo, uniforme e compatto. Prima o dopo il matrimonio questo diventerà il mio colore, che senso ha aspettare?
Un solo passo e tutto il dolore che il mio animo sopporta scomparirebbe.
Un solo passo e il matrimonio, Bryce, l'unione dei due Regni diventerebbero solo polvere. Fortunatamente nemmeno un brutto ricordo.
Muovo un passo.
L'ultimo passo.

Vedo tutto.
Mia madre che piange sul mio corpo inerme; mio padre che si porta una mano tra i capelli, addossandosi tutta la colpa. La Regina Biancaneve con le mani ben curate a coprirle le labbra e Bryce che, fingendosi dispiaciuto, accarezza una spalla di mamma.
Niente più mi tormenta e la mia pelle è talmente fredda che ormai i segni rossastri sono invisibili.
Tuttavia c'è qualcosa che non mi soddisfa: sento che non sarebbe giusto.
Qualcos'altro mi aspetta e non posso, non voglio e forse non ho nemmeno il coraggio di farlo.
La curiosità di scoprire se questo qualcosa sarà positivo è più forte di questo moto.

Muovo un passo indietro.
Il vestito mi ricade sulle gambe.
Mi siedo sul cuscino, trascinando le ginocchia al petto.
Tutto ciò che mi porto dentro viene fuori con un interminabile pianto.

(NOT) A FAIRYTALEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora