18. KARAN

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Fuori è buio, persino la luna è coperta dalle nuvole.
Mi giro e rigiro nel mio letto, con la leggera coperta arrotolata attorno ai piedi.
Il sonno non decide proprio ad arrivare, o così pare dato che pensieri confusi non fanno che susseguirsi nella mia testa.
Rivedo la discussione avuta con Ron qualche tempo fa, le discussioni con mio padre e le lacrime di mia madre, ripercorro mentalmente ogni istante dell'incontro con Malefica. Qualsiasi pensiero mi sfiora pur di non arrivare all'unico che detesto ricordare.
Dopo infinite giravolte a destra e sinistra sul letto, sento gli occhi farsi finalmente pesanti e il respiro appesantirsi. Mi concentro anche su quello pur di impedire ai miei sogni di rivedere ciò che fino ad adesso ho impedito.

Non ricordo l'ultimo pensiero avuto prima di crollare definitivamente in un sonno profondo, ma evidentemente ho fallito nella mia missione.
E' come cadere attraverso un lungo corridoio di ricordi, corridoio buio e piuttosto inquietante.
Il ricordo verso cui mi dirigo è nascosto dietro la  porta scura alla fine del passaggio, che mi rifiuto di aprire. Ma caso vuole che questa sia spalancata e pronta ad accogliermi, fredda e scura.
Spinto da una forza maggiore, entro nella stanza, provando con tutte le mie forze ad uscirne il prima possibile.

Improvvisamente pareti d'ospedale sono la prime cose che mi giungono agli occhi. Disegni infantili appesi su ogni angolo della stanza, che riconosco fin troppo bene.
Mi volto e lui è lì, seduto sul suo lettino a sorridermi, pronto a divertirsi insieme.
«Karan! Sei tornato!»batte gioiosamente la mani.
«Ciao Murph» mi sento dire. Sono io a parlare, ma non  a comandare le mie parole, come se un'entità maggiore mi controllasse.
Mi avvicino al suo letto e lui mi fa spazio affinché possa sedermi anche io.
«Come va?»
Lo osservo: gli occhi di un intenso color nocciola creano contrasto con il pigiama bianco latte.
Murph annuisce, «Potrebbe andare meglio» dice con un tono rassegnato.
«Stai guarendo? Chimio ti sta aiutando?» chiedo, osservando gli strani aggeggi di metallo disposti al fianco del suo letto.
Uno in particolare attira sempre la mia attenzione: linee verdi non fanno che scorrere lungo un vetro luminoso, intrecciandosi, abbassandosi a volte e risalendo subito dopo.
Il mio amico mi ha spiegato che questo aggeggio è in qualche modo collegato al suo cuore e, non so come, ne riporta i battiti. Finché le linee avranno un ritmo costante, va tutto bene.
La risata di Murph mi riscuote dai pensieri.
«Chemio, Karan. Quante volte devo ripetertelo?» si asciuga una lacrima, causata dalle grasse risate.
Io faccio spallucce e gli sorrido.
«Comunque si, i medici dicono che mi sta aiutando. Io però continuo a sentirmi una schifezza» dice, poggiandosi lentamente sul cuscino.
«L'importante è che tu guarisca, amico. Non vedo l'ora di mostrarti il mio Mondo! Ti piacerà tantissimo» la mia mano raggiunge una sua gamba, accarezzandola.

«Mh... Aspettiamo prima che la leucemia mi abbandoni per sempre. O così mi auguro...» cala gli occhi, giocherellando con le cordicelle della T-shirt del pigiama.
Un brivido mi percorre tutto alla vista del mio amico così abbattuto.
«Ehy ma cosa dici Murph?! Certo che ti lascerà in pace!» mi alzo in piedi sul suo letto, fingendo di tenere una spada tra le mani, «Mio padre ha sconfitto il pirata più spaventoso di tutti i mari, vedrai che anche tu riuscirai a sconfiggere questo brutto pirata del sangue!» fingo di sferrare colpi ad invisibili nemici.
«Uno... Due... E tre brutta leucemia!» immagino di sconfigge il nemico immaginario, porto le braccia in aria, «Evviva!» esulto.
Murph però non sorride. Anche il  mio sorriso si spegne e mi siedo nuovamente sul letto.
«Scusa, non volevo rattristarti
«Devi smetterla» dichiara, con tono fermo, alzando di nuovo lo sguardo su di me.
Inclino la testa, confuso.
«Che intendi? Non capisco.»
«Smettila di ripetere che guarirò , Karan» Murph si tira su a sedere, continuando a tenere gli occhi puntati su di me.
«Murph dovresti stenderti... Sei molto pallido... » ma lui mi blocca, prima che io possa portarlo di nuova nella posizione precedente.
«Tu sai che morirò. Perché continui ad illudermi di potermi portar in questo "mondo fantastico"?» mima le virgolette, calcando le ultime parole.
«Smettila di farmi questo, Karan! Perché continui a ferirmi! Io morirò!» stavolta si alza sul letto, tenendo stretti i pugni lungo il corpo.
Lo sguardo è diverso, più... cattivo.
Ancora più confuso di prima, cerco di parlare, ma lui è più veloce.
«Morirò, morirò, morirò, morirò!» ripete ossessivamente, con un sorriso sadico sulle labbra, quasi lo divertisse.
«Murph! Smettila, non dire queste cose. Smettila!»
Il mio respiro diventa pesante, la testa mi gira e il petto comincia a farmi male.
«Tu! Mi hai solo illuso di poter vivere e invece io sono morto, sperando di poter viaggiare con te! Perché mi hai fatto questo?» mi chiede, avvicinandosi di scatto e strattonandomi per le spalle.
Respiro affannosamente, l'aria mi manca e non so più dove cercarla.
Le lacrime scendono bollenti lungo le guance, copiose e veloci.
«Io non volevo... Non volevo...» ripeto, cercando di calmare la sua ira.
«Ti odio! Ti odio! Ti odio!»
Il mio amico continua a scuotermi, io vado avanti e indietro, con le mani tra i capelli,  la testa che ormai sta esplodendo.
«Non volevo... Io... Ti volevo bene...»
L'ultimo strattone è così forte che cado all'indietro, sbattendo violentemente contro il duro materasso.

Mi sveglio con il viso madido di sudore.

Solo un sogno.

Il respiro irregolare, sento l'aria abbandonare i polmoni. Boccheggio ripetutamente, senza trovare sollievo. Il petto si alza e si abbassa frettolosamente, dolendomi ogni volta. Sento come se il cuore stesse per schizzarmi fuori. Porto una mano tremante sul busto, illudendomi che possa in questo modo regolarizzare il respiro e il battito del mio cuore. 
Continuo ad ansimare in cerca d'aria. Guardandomi intorno cerca qualcosa che possa tranquillizzarmi.
Seduto ancora sul letto, mi volto verso un piccolo tronco di fianco ad esso, che funge da comò. 
Raggiungo un barattolo di polvere di fata e con due dita afferro una foglia dal mio mucchietto.
Posiziono della polvere sulla superficie verde, che successivamente arrotolo. Recupero un pacchetto di fiammiferi e accendo la foglia.
Mi avvicino il marchingegno alle labbra e aspiro.
Come se la polvere di fata contenesse aria infinita, i polmoni si riempiono di nuovo.
Il petto impiega qualche secondo in più a regolarizzarsi. 
Mi rilasso, i nervi è come se si distendessero in un campo di fiori, aspirando il loro buon profumo.
Aspiro ancora, trattenendo per qualche secondo in più la polvere, ormai fumo.
Ripeto quest'azione per qualche altro minuto.

Dopo sono seduto sul davanzale del buco che mi ritrovo come finestra in camera mia.
La testa mi fa male, come se due martelli picchiassero su entrambi i lati di questa.
Fortunatamente la mente è ora vuota dai pensieri che fino a poco prima mi hanno fatto sentir male, di nuovo.
Nonostante io progetti di vendicare Murph, di rendergli giustizia, il dolore continua a bruciarmi dentro.
I sensi di colpa mi divorano internamente minuto dopo minuto, cercando qualcosa che mi convinca che la colpa non sia tutta mia.
Perché non sono fuggito via prima?
Tutti i giorni continuo a pormi questa domanda, che ormai pesa come un macigno sul mio cuore.
Una brezza notturna mi accarezza il viso in modo dolce, quasi comprendesse l'indirizzo dei miei pensieri.
Una carezza.
Rifletto a lungo su questa parola finché un collegamento assurdo mi porta a pensare a... lei?
Mi ritorna in mente Anya e la nostra tregua.
Il ballo.
I nostri copri stretti l'uno all'altro.
La conversazione con Bryce.
Poi mi blocco al ricordo dei suoi occhi, che rammento impauriti al passaggio di quel principino.
Scuoto la testa, cercando di scacciare fatti che non mi riguardano, ma che soprattutto credo che non mi interessino.
Ma inutilmente, la scena vissuta appena qualche ora prima si riproduce nella mia testa.
Le mani di quell'idiota sulle guance di lei, le parole sprezzanti nei suoi confronti o le mani intrecciate in modo doloroso. 
Mi ritrovo a stringere i pugni, arrabbiato con il Principe dei miei stivali e desideroso di vedere la Principessa.
Un'idea assurda mi passa per la mente e senza nemmeno rifletterci, spalanco la finestra e volo via.









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