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Sono ferma davanti all'armadio. Lo fisso come se fosse il mio peggior nemico. In questi casi, avrei dovuto avere la mia migliore amica accanto a me, ad aiutarmi a scegliere cosa indossare per questo appuntamento, sempre che cosi possa chiamarlo.
E io avrei dovuto aiutare lei. Però, si da il caso che stia uscendo con il ragazzo per cui ho una cotta colossale da quando ho cominciato il liceo.
Lei non mi ha chiesto aiuto, e io non gliel'ho proposto. Anche perché le tempistiche sarebbero state ristrette. E io non sono cosi sicura come lei. Io non so cosa indossare, non so come comportarmi, non so nulla.
Sospiro affranta, mentre il profumo di torta alle mele si espande per casa.
Ho passato il pomeriggio in cucina con nonna, aiutandola a preparare il dolce e a studiare storia.
Fuori nevica, ma non è una tormenta.
C'è freddo, quindi opterei per un vestitino carino, in lana, di un color lavanda tenue. È corto fino a metà coscia, per cui posso indossare delle calze spesse nere, terminando con un paio di stivaletti carini mai indossati.
È stato più facile del previsto. Afferro gli indumenti scelti e li sistemo accuratamente sul letto, per poi tornare in bagno.
Sfilo via l'accappatoio e l'asciugamano dai capelli. Impiego più tempo del dovuto a dar loro una piega decente, lisciandoli persino con la piastra. Lavo i denti.
Un filo di trucco leggero, un lucidalabbra rosa tenue e una spruzzata di profumo.
Apro il mobiletto delle creme, ne spalmo una alla vaniglia su tutto il corpo, e tiro fuori uno spray luccicante per i capelli, un regalo di Amanda. Pensare a lei in questo momento, non è il massimo. Sono sicura che il suo appuntamento sia cominciato. E spero che lei stia bene. Ma non voglio neanche provare ad immaginare cosa stiano facendo. Non voglio essere cosi masochista, per cui escludo la mia migliore amica dai miei pensieri.
Non uso molto questi prodotti, e non so neanche perché io mi stia facendo carina per un ragazzo che non conosco affatto.
Torno in camera, lasciando una scia di profumi dietro di me.
Mi vesto con cura. Poi controllo il telefono, in attesa di un messaggio di Charlie. Quando gli ho mandato l'indirizzo tramite sms, oggi pomeriggio, mi ha risposto con un " Ti scrivo quando sto arrivando. Ci vediamo alle otto. "
L'ansia comincia a salire. Non so cos'altro fare, e sono le sette e quarantacinque.
Osservo la mia immagine nello specchio e resto quasi sorpresa del mio riflesso. È la prima volta che mi aggiusto per uscire con qualcuno che non sia Amanda o William.
Cerco di fare un ripasso: ho dimenticato qualcosa?
Magari potrei aggiungerci una collanina, il regalo di nonna per il mio compleanno. La tiro fuori dal portagioie. È d'argento, leggera come una piuma. Il ciondolo è a forma di fiocco di neve. Ne ha regalata una uguale a William, solo che il suo ciondolo è a forma d'onda del mare.
Sono molto legata a questa collanina, anche se non la metto spesso. Ho paura di perderla, o di rovinarla. Ma stasera è in tema con il clima fuori, e ho voglia di sentirmi carina, una volta ogni tanto.
Se devo arrivare fino in fondo, allora che lo faccia bene.
Sono ufficialmente pronta. E anche se a quest'ora di solito sono già in pigiama, pronta per andare a letto, afferro la mia borsa e chiudo la porta della mia stanza con un tonfo, senza guardarmi indietro.
William fa capolino dalla sua stanza.
« Non esci stasera? » gli domando, mentre lui scruta la mia figura poggiato allo stipite della porta, le braccia incrociate al petto.
« Io no. Tu si. » fa un cenno del mento nella mia direzione, lasciando scorrere lo sguardo sul mio vestitino di lana. « Esci con quel Charlie? »
Senza volerlo, arrossisco sulle gote, stringendomi al manico della mia borsa,
« Si. Mi ha invitata a bere qualcosa in un pub in periferia. Non so come si chiami, però. »
Lui annuisce e si stacca dalla porta. « Se hai bisogno, chiamami, okay? Lascio la suoneria al telefono. »
Mi si stringe il cuore nel petto. Amo il rapporto che ho con mio fratello. Amo lui, incodizionatamente. E in questo momento vorrei solo stringerlo forte a me. « Grazie Will. »
Lui sorride, e chiudendosi la porta della stanza, mi saluta « Goditi la serata. »

Con ancora il sorriso sulle labbra, scendo in cucina, dove nonna è seduta al tavolo, davanti alla tv. Il solito programma dei giochi di parole, lei si diverte un sacco.
La torta di mele è stata appena sfornata, e qui l'odore è ancora più intenso. Ne vorrei quasi un pezzo, se non avessi lo stomaco chiuso dall'ansia. « Io vado. Non torno tardi. » entro in cucina, avvicinandomi alla sua sedia. Mi chino per darle un bacio sulla guancia, che lei mi porge senza staccare gli occhi dalla televisione. « Divertiti, tesoro. »
Profuma di mele, di zucchero, di cannella.
Il mio mix di odori preferiti.
Poi i suoi occhi scuri mi scrutano, e gli angoli ai lati della bocca si arricciano in un sorriso. « Sei troppo bella. »
Stringo gli occhi e scuoto il capo « Non distrarti, o perderai la prossima parola. »
Lei scoppia a ridere. Una risata cristallina, che vibra nel profondo dell'anima. Si sistema gli occhiali dalla montatura leggera sul naso e torna a guardare la tv. È cosi simile a papà, che a volte è come se lui fosse ancora qui con noi.
La saluto ancora, lasciandomi dietro ricordi e nostalgia. E sopratutto l'oscuro pensiero di Amanda e Peter insieme.
Mi dico che non ho nulla da invidiare, perché anch'io sto facendo una cosa che fanno tutte le ragazze della mia età. Uscire, divertirsi, conoscere nuova gente.
Lo so, per me è strano. Molto strano. Ma Charlie mi incuriosisce, e in quei brevissimi momenti in cui siamo incontrati, è stato gentile con me. Anche fin troppo, una cosa non molto comune al giorno d'oggi. La gentilezza, cosi come l'educazione, è un po fuori moda.
Esco nella veranda di casa, guardando il telefono. Proprio qualche minuto fa, Charlie mi ha scritto " Arrivo. "
E difatti, nel momento in cui sollevo gli occhi sul vialetto di casa, i fanali di un'auto quasi mi accecano.
Un'auto bianca si ferma davanti al cancello. Tiro un sospiro lunghissimo, cercando di infondermi coraggio.
Magari avrei potuto andare con il mio pickup. Ma non ho avuto modo di farglielo presente. È stato lui ad offrirsi sin dall'inizio di passare a prendermi. Forse le regole della galanteria richiedono questo. E anche se non dovrei fidarmi cosi ciecamente, ormai ci sono dentro, quindi tanto vale buttarmici.
Azzero le distanze tra me e l'auto. Nello stesso momento lo sportello si apre, rivelando la chioma rosso fuoco di Charlie, che mi sorride a trentadue denti, avvicinandosi.
« Ciao, Winter. » la sua voce è ruvida, arriva a toccare note stonate del mio cuore.
Mi piace il modo in cui pronuncia il mio nome. Lento, come se lo stesse assaporando.
Si china verso di me, e mi stampa un bacio sulla guancia.
È davvero carino, stasera. Ha un maglioncino grigio, dei jeans scuri e un paio di snickers bianche ai piedi.
Non indossa ne il suo solito berretto verde, e neanche gli occhiali. I suoi occhi mi ricordano le foreste, i pini più alti.
Ed il suo profumo mi stordisce per un attimo, facendomi dimenticare dove mi trovo.
« Ciao Charlie. » biascico, stringendomi alla mia borsa.
« Sei bellissima, sai? » lo dice senza abbassare lo sguardo. Sembra più spavaldo rispetto a questo pomeriggio, durante il nostro incontro imbarazzante al supermarket.
Mi sento andare a fuoco, e per poco non lascio cadere la borsa.
« Gra..grazie » mi schiarisco la voce, cercando di non impallarmi.
Ma è difficile quando lui non fa altro che fissarmi, fermo a pochi centimetri da me, con quel sorriso sul volto.
« Vieni. Andiamo. » spezza l'imbarazzo facendomi un cenno verso la macchina. Mi apre lo sportello e aspetta che io entri.
Oddio. È davvero troppo per me.
Accenno un sorriso e poi salgo lentamente al posto davanti, di fianco al suo.
Richiude lo sportello e fa il giro dell'auto. Mi prendo quei secondi per ammirare l'interno dell'abitacolo.
È tutto immacolato. Nulla fuori posto, neanche una singola carta, o una briciola. E profuma di lui. Forse l'odore è addirittura più accentuato, qui dentro.
L'aria calda è accesa, e la radio è tenuta a volume bassissimo, quasi inesistente.
Quando si sistema al mio posto e allaccia la cintura, ogni singolo movimento scatena un'ondata di profumo intenso.
« Perchè? Perchè stai facendo tutto questo? » ed io, dannazione, perché chiedendo una cosa del genere?
Mi è sfuggito prima che potessi pensarci davvero.
Lui si volta a guardarmi, il sorriso che non accenna a svanire. Sembra cosi rilassato e a suo agio, mentre io sembro seduta su uno spillo.
« Perchè voglio conoscerti. C'è qualcosa di sbagliato? » è la sua risposta molto sincera e molto diretta, tanto che deglutisco prima di parlare di nuovo.
« No, assolutamente. È solo che... » non so come continuare la frase. Mi mordo la lingua e guardo fuori dal finestrino, mentre lui mette in moto l'auto e riparte tranquillamente, imboccando il sentiero che conduce fuori dal bosco.
« Ti hanno mai invitato ad uscire, Winter? » la sua domanda mi spiazza.
Non so come interpetarla. Lui mi guarda di sfuggita, aspettando una risposta, e poi torna a guardare la strada, mentre io mi perdo nella forma decisa del suo braccio disteso in avanti, quello che tiene il volante. Il bicipite gonfio, le vene della mano in rilievo, qualche spruzzata di lentiggine sulle dita.
« Perchè me lo chiedi? Si nota cosi tanto la mia imbranataggine? » abbasso lo sguardo, torturandomi le dita in grembo.
« No. Te lo chiedo perché è la seconda volta, oggi, che domandi perché lo faccio. E sai, a volte non ci sono tanti motivi. Ne basta solo uno. »
Mi piace la sicurezza con cui afferma certe cose. Il suo tono di voce deciso, graffiante.
« Ci conosciamo a malapena. Ci siamo incrociati due volte, e mi domandi di uscire, e mi tratti come se... » sono partita a raffica, senza volerlo.
Lui scuote la testa e le labbra si piegano in un sorriso accennato, con un retrogusto di amaro. « Ti ho chiesto di uscire proprio perché voglio conoscerti, Winter. Voglio parlare con te senza doverti salutare dopo qualche minuto, perché vai di corsa, o per chissà quale motivo. »
Questa volta non mi rivolge quel sorriso radioso di poco fa. È come se ci fosse ancora altro che voglia dirmi, ma non lo fa.
Le sue dita si stringono sul volante.
« Secondo me sei quel tipo di persona che rimugina troppo sulle cose, senza viverle fino in fondo. » afferma, con un tono di voce più basso.
Sollevo un sopracciglio, un'espressione ironica si affaccia sul mio viso.
« Ah, ma davvero? E da cosa si capisce? »
Lui scoppia a ridere, e finalmente quella bolla di tensione scoppia, rendendo l'aria più leggera.
« Parlami di te. Qualsiasi cosa tu voglia raccontarmi. »
Ed io guardo fuori dal finestrino, nel paesaggio che scorre davanti ai nostri occhi. La neve che fiocca leggera, i tergicristalli attivi, il mondo bianco, il silenzio dell'inverno.
« Mi piace l'inverno. Il freddo. La neve. Amo la cioccolata calda, i libri davanti al caminetto, e le cime delle montagne rocciose innevate. Vorrei vivere in una baia in montagna, avere un grosso cane dal pelo bianco. E mi piacerebbe visitare i posti più freddi del mondo. » lo dico tutto d'un fiato.
È la prima volta che mi succede, con un estraneo. Di solito mi limito a monosillabi, a versi incomprensibili. E anche se sono nervosa, le parole vengono fuori da sole.
Charlie sembra quasi colpito, ma non si scompone. « E' un caso che il tuo nome sia proprio Winter? »
Questa domanda non me l'ha mai fatta nessuno. Forse perche nessuno sa di questi miei desideri.
« Mio papà era un'amante dell'inverno proprio come me. Ha viaggiato molto, ha visto posti magnifici, e sin da bambino ha sempre preferito il freddo al caldo. Ha voluto chiamarmi cosi perché oltre ad essere un nome azzeccatissimo, era anche carino da dare a una femmina. »
Non si sofferma su quell'era al tempo passato.
E lo apprezzo.
« Beh, casca proprio a pennello. Sai, potresti essere benissimo la protagonista di un libro. »
Rido, sollevando le spalle. « Certo. La ragazza dalle mille paranoie col nome di una stagione.  Originale. » non fa molto ridere, però lui sorride, ed io mi sento sollevata.
Mi viene semplice dialogare con Charlie. È come se lo conoscessi da sempre.
Mi soffermo a guardare il suo profilo; la mascella pronunciata, il naso dritto, le lentiggini sul naso e sulle guance. I ciuffi di capelli ramati che gli accarezzano i lobi delle orecchie.
È davvero molto carino.
Possibile che non mi ricordi di lui quando frequentava la nostra scuola?
« Winter? »  mi guarda appena, sfoderando un altro dei suoi sorrisi.
« Si? » sbatto le palpebre, risvegliata dai miei sogni ad occhi aperti.
« Se continui a fissarmi non riesco a concentrarmi sulla guida. »
Di nuovo avvampo. Maledetta.
Mi volto verso il finestrino e lo sento ridacchiare.
« Cos'altro ti piacerebbe raccontarmi di te? »

Credo che sarà una serata molto lunga. Ed io ho poche cose da dire su di me.

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