CAPITOLO 19 Guai in vista.

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Edward
Non mangiavo da giorni.
Sembrava fossi ritornato nel mio periodo buio da quando la luce dei miei occhi mi aveva abbandonato.
Quanto cazzo fa male abbandonare la persona che si ama senza che nessuno dei due lo voglia?
Troppo.
Ormai conducevo la stessa vita tutti i giorni: piangere (sì perché lo faccio anche io), allenarmi, accompagnare mio padre da Mirko Davis e ubriacarmi ogni cazzo di notte.
Sapevo benissimo che non potevo andare avanti così ma devo proteggere Ashly che non ha nessuna colpa.
Mi arrivò una chiamata.
La scritta recitava "Numero sconosciuto".
Risposi.
«Oh, abbiamo il figlio di quel violento merdoso di Brown. Ciao... come ti chiami ragazzino... Edward?»
«Sì.» confermai.
«Bene. Vediamo se sei codardo come tuo padre, ragazzino. Abbiamo quella mocciosa di tua sorella. Vienitela a prendere... solo se hai le palle, Edward Brown.»
«Davis ma non scassavi solo a mio padre? Ora sono entrato nel mirino anche io?»
«Zitto, Brown. Ho tua sorella. Vienila a prendere, prima che le faccia qualcosa.»
Staccò la chiamata.
Ci mancava solo quel pazzoide di Davis.
Andai in bagno e mi osservai allo specchio.
Se continuavo con questo ritmo di vita mi sarei fatto tanto male.
Scesi le scale e andai in salotto.
«Ragazzi!» urlai. «Zoe è stata rapita da Davis!»
Rebéca controllò nel lettino della piccola.
«Oddio! Zoe non c'è!» gridò Rebéca.
In quel momento mio padre fece il suo ingresso trionfale.
«So dov'è.» aggiunse.
Lucas, il mio fratellastro gli andò contro con fare deciso.
«Senti cretino: stai con mia madre, e va bene. Abiti in casa mia, e va bene. Tuo figlio si mette con mia sorella, e la separi da lui. Fai una figlia con mia madre, la fai rapire e solo dopo quindici minuti ci dici dove diavolo è finita.
Ti metti al posto col cervello?» sbraitò.
Per merito di questo discorso, Lucas diventerà uno dei miei idoli, probabilmente.
Mio padre fece quello sguardo.
Lo sguardo che usa va quando mi picchiava.
"E che usa ancora" mi corressi.
Diede uno schiaffo a Lucas.
Poi un pugno.
In seguito lo strattonò.
«Brutto adolescente di...»
«ROGER!» sbraitò Rebéca «Cosa stai facendo?» lo richiamò.
Intervenni.
«Bene, Rebéca, devi sapere che l'uomo con cui stai non è chi credi che sia. È un maniaco che maltratta suo figlio senza un fottuto motivo, e per di più, ciò che ti ha raccontato su Davis, non è tutto: i soldi che porta a casa, sono guadagnati grazie ai padroni della nostra vecchia casa che danno soldi a mio padre perché gli vende roba illegale. È vero, a fare tutto lo manda Mirko Davis perché è in debito con lui e sai che cosa ha fatto? Ha tradito mia madre con la moglie di Davis. La moglie di Davis si è suicidata per il dispiacere e lui ora ce l'ha con mio padre a vita.»
Rebéca si portò la mano alla bocca. «Roger! è vero?»
Mio padre abbassò lo sguardo.
I suoi occhi si incendiarono di nuovo.
Mi afferrò la nuca e mi fece sbattere la faccia sul tavolo; sentii il sangue impastarmi la la bocca.
Presto sul tavolo bianco del salone si formò una macchia densa e rossa.
Rebéca andò da mio padre e lo separò dal mio corpo inerme.
La vista mi si appannò e pian piano iniziai a vedere nero. Le gambe cedettero e caddi a terra sentendo un forte dolore al gomito.
Lottai contro le mie stesse forze pur di restare sveglio. Non avrei mai lasciato la mia sorellina in ostaggio da Mirko Davis.
Essendo figlia di mio padre avrebbe potuto fare qualsiasi cosa.
Purtroppo persi i sensi.

MADAMEDove le storie prendono vita. Scoprilo ora