6: Nate's pov

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La vita
Non è facile.
Neanche difficile.
Forse impossibile.
Sicuro instabile.
~Ultimo~

Sto preparando i bagagli visto che oggi pomeriggio, dopo l'allenamento, vado in aeroporto con la mia famiglia per andare in vacanza in Sicilia dai miei nonni.

Sento il telefono squillare e lo schermo si illumina.
È Stefany che mi ha mandato un messaggio.

Ehi Nate, riusciamo a vederci prima che parti? Voglio salutarti come si deve amore.

No, Stefany, non posso. Ho allenamento al maneggio e poi parto. Lo sai. E poi, sai bene che non devi chiamarmi "amore". Noi non stiamo insieme. Scopiamo e basta. Non voglio relazioni serie. Lo sai bene. Ci vediamo quando torno.

Invio questo messaggio e metto via il telefono.

Chiudo la prima valigia e mi preparo per l'allenamento. Prima di andare devo incontrare Jace che mi deve raccontare una cosa "importante". Sarà sicuramente una cazzata come al solito, ma vado lo stesso. È il mio migliore amico ed è come un fratello per me.

<Nate, io e tuo padre usciamo. Ha un pranzo di lavoro. Tua sorella esce con delle amiche per salutarle prima di partire per l'Italia. Sei solo per pranzo.> mi dice mia madre. Ovviamente con la sua solita delicatezza, pari a zero.
<Ok.> dico. Sono abituato a questo da quando sono piccolo. La prima volte che sono rimasto solo per pranzo avevo solo 7 anni. Quel giorno, per scaldare una fetta di pizza al microonde, mi sono bruciato la mano, ho ancora la cicatrice.
La mia famiglia c'è sempre nei momenti felici. Amo la mia famiglia. Ma... molto spesso mi lasciano solo in questo modo come se fossi un cane. Oppure non vengono a vedermi in gara. O quando prendo un voto a scuola, che sia bello o brutto, a loro non frega nulla.
Con mia sorella però è diverso.
Isabella è sempre stata l'orgoglio dei miei genitori.
La figlia perfetta.
Quella che è sempre andata bene a scuola.
Quella che è ordinata e precisa in tutto.
Quella che non fa spendere soldi ai propri genitori per uno "stupido sport" e una "bestia inutile.
I miei genitori mi rinfacciano spesso il fatto che il mio sport costa troppo e che mantenere Stella, la mia cavalla, è difficile. Loro mettono solo i soldi. Non mi vengono nemmeno a vedere in gara. Siamo una famiglia ricchissima, una delle più ricche di Londra, e hanno anche il coraggio di lamentarsi.
Da piccolo piangevo per questo. Ormai ci sono abituato.

Compongo il numero di Karl, un mio caro amico d'infanzia e il mio vicino di casa, per chiedergli se gli va di pranzare insieme. La sua famiglia è anche peggio della mia. I nostri genitori sono amici da una vita. A volte vengono in Italia con noi, ma quest'anno no.

<Pronto?> dice lui dall'altra parte del telefono.
<Oi bro, sei solo a casa? Oggi pranzo da solo, come sempre, e non c'è nemmeno Issa. Pranziamo insieme?> gli spiego.
<Oi bro! Si certo! Sono solo anche io.> dice.
<Perfetto! Vieni da me alle 13:00. Puntuale!> dico.
<Ok. Si tranquillo.> dice.
Attacco il telefono e vado a vedere cosa potrei preparare per pranzo.

Dopo aver pranzato e parlato con Karl, è tornato a casa e io sono uscito per incontrare Jace alla fermata della metro che prendo per raggiungere il maneggio.

<Jace, che dovevi dirmi?> lo raggiungo.
<Nate, amico! Non ci crederai ma mi hanno preso per alle selezioni che ho fatto sei mesi fa per la squadra estiva di basket di Los Angeles, dove passerò tutta l'estate con la mia famiglia.> spiega. Sono felicissimo per lui. So quanto ci tiene così, prima ancora di parlare, gli do il cinque e lo abbraccio.
<Bravissimo Jace! Sono felicissimo per te!> dico.
<Grazie amico. Davvero.> dice felice.

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