Bigliettini fortunati

107 19 34
                                    

"Con lo studio arriverai ovunque", dicevano, ed io, onestamente, non ci credevo.

Pensavo sicuramente che sarei potuta arrivare a fare grandi cose, ma non di certo adesso! Andare a studiare in Inghilterra era letteralmente un sogno.

Certo, per essere selezionata dalla scuola avevo dovuto fare i salti mortali: ogni pomeriggio studiavo fino a mezzanotte per ottenere i migliori risultati, e sopratutto per arricchirmi culturalmente.

Ammetto che la soddisfazione personale quando è arrivata la mail che annunciava che ero stata presa nel programma studio, è stata grande. Grandissima, oserei dire.

Purtroppo, a causa di una rinuncia all'ultimo minuto da parte di Carol, la mia migliore amica, ero stata costretta a partire da sola, ma ciò non mi spaventava: avevo lottato tanto per ottenere quel posto, e non ci avrei rinunciato per nulla al mondo.

Fatto sta, mancavano due giorni alla partenza, e, stranamente, le valigie erano già pronte.

La mattina dopo infatti sarebbe stata la mia ultima giornata di lezioni qui a Roma.

Sarebbe stato sicuramente straziante dover salutare i miei amici e soprattuto non vederli più per un anno, ma sicuramente sarei tornata per le vacanze Natalizie, Pasquali ed estive.

Proprio quando stavo per inserire gli ultimi due libri necessari per le ore di filosofia e greco del giorno dopo, sentii una voce dal corridoio di casa.

«Sophie, sei una scema! Dovevi apparecchiare tu a cena oggi!»

Ovviamente anche due giorni prima della partenza mio fratello Edoardo aveva qualcosa da ridire.

«Eddai, Edo. Lo sai che devo finire di preparare le ultime cose,  per favore, sostituiscimi almeno per oggi»

«Almeno per oggi? Sarò obbligato ad apparecchiare tutti i giorni per un anno intero a causa tua! Meglio che ti sbrighi, mamma e papà si stanno innervosendo»

Edoardo aveva otto anni, ma cavolo se rispondeva. Io invece, ne avrei compiuti diciassette a marzo. Mancava ancora un po', considerando che eravamo in pieno settembre.

«Antipatico fino alla fine, mi raccomando. Ora vado, ok?» risposi, innervosita.

Inserii quindi i due libri in cartella, e mi diressi in salone.

Ero proprio contenta della nostra nuova casa. Era molto più grande della precedente, e doverla abbandonare per un anno mi metteva molta ansia e sicuramente mi provocava una grande tristezza.

Cercai di non pensarci. Presi il necessario per la tavola, ed iniziai ad apparecchiare.

Dopo cinque minuti abbondanti, sentii un'altra voce che proveniva di nuovo dal corridoio.

«Sophie, hai preso o no l'asciugamano che ti avevo preparato?» mia madre, Giovanna, era molto probabilmente più agitata di me.

«Ovviamente si, mamma» risposi, mentendo.

«Ma esattamente chi ti ha insegnato a dire le bugie? Sono appena passata in camera ed è ancora là! Sicuramente è colpa di tuo padre.... Flavio, tutto questo è merito tuo».

Un classico.

Quando era particolarmente nervosa includeva nei discorsi sempre mio padre. Anche (e sopratutto) se non c'entrava nulla.

«Mamma, non ti arrabbiare, stiamo parlando di un asciugamano alla fine... appena finisco di apparecchiare lo metto in valigia, te lo assicuro» ribattei, sperando di calmare un po' le acque.

«Tua figlia ha ragione, non facciamo un dramma per un asciugamano. Ma poi scusami, in che modo il fatto che abbia detto una bugia è correlato a me?»

La struttura dei sogniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora