Prisoners' rights

27 7 13
                                    

Louis erano strano, il che doveva essergli ormai chiaro, dato il suo essere descritto come un folle, ma le voci non gli erano bastate.

Da un paio di giorni, aveva deciso di tenere sott'occhio Tomlinson.

Lo scrutava, ed era giunto alla conclusione che fosse un lupo solitario.

Non parlava con nessuno, tanto meno rivolgeva saluti per pura cortesia o educazione.

Doveva passare molto tempo in biblioteca però, in cortile leggeva sempre un nuovo libro, e il riccio lo aveva notato, ma senza mai identificarne il genere.

Altro particolare, poco importante, fumava, e decisamente troppo.

Pur non volendolo ammettere, non è sempre stato molto cauto, diverse volte il ragazzo aveva alzato lo sguardo e si era reso conto del suo continuo tenergli gli occhi puntati addosso.

E nonostante lui si ritrasse tutte le volte, Tomlinson continuava a fissarlo, finché, come suo solito, non spegneva la sigaretta e spariva in un'altra stanza.

Era davvero un fantasma, una presenza che veleggiava per le grigie mura, lasciando che i brividi percorressero i corpi dei malcapitati in cui si imbatteva.

Seminava terrore senza aver bisogno di alzare un dito, tanto meno la voce.

...

Il carcere taceva soltanto a notte fonda, dove il minimo rumore avrebbe scatenato l'ira di tutti i dormienti, e dunque nessuno osava infastire gli altri.

Era una delle sue notti d'insonnia, si lasciava cullare dal bagliore di luce della luna, con i fari che di tanto in tanto illuminavano le zone circostanti.

Cercava di non darla vinta ai pensieri,  non odiava quel silenzio, quella meritata quiete, bensì il rumore delle voci nella sua testa.

Si chiedeva quando avrebbe potuto usufruire della refurtiva, aveva nascosto i gettoni persino ai ragazzi, perché temeva che avessero rivendicato qualche favore per la loro accoglienza.

Erano pur sempre stati loro a dirgli di non fidarsi di nessuno, no?

Forse era semplicemente egoista, o forse quella mancanza e assenza del conforto della sua famiglia gli stava facendo perdere il lume della ragione.

S'accorse d'un tratto che persino i suoi pensieri cominciarono a etichettarlo come colpevole in qualsiasi circostanza.

In fin dei conti, se era stato giudicato in tal modo, un filo di verità doveva esserci? Che fosse davvero meritevole di tale condanna pur per altri motivi a lui ignoti?

Ma che stava blaterando.

Non poteva nemmeno fidarsi di sé stesso, non riusciva a perdonarsi e dunque finiva per sabotarsi.

Il chiacchiericcio nella sua mente venne interrotto dall'avvicinarsi del rumore di piccoli passi.

Era un passo frettoloso, silenzioso, e dunque era improbabile che si trattasse di una guardia.

Alzò leggermente il busto e si poggiò sui suoi gomiti, voltandosi verso il lungo corridoio.

Non c'era nessuno, non un'anima viva, quando d'un tratto intravide l'ombra di qualcuno avvicinarsi.

Quest'ultima apparteneva a Louis, si gettò quasi dal letto per correre vicino alle sbarre.

Si stava dirigendo verso le cabine, doveva aver trovato il modo di passare inosservato.

Ma come aveva fatto ad evadare la sicurezza? Come aveva superato le sbarre?

Quella fu una delle tante evidenti prove del fatto che lì dentro fosse lui ad avere pieno potere.

Trapped || Larry stylinson Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora