Capitolo 3

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L'incontro:

Il giorno seguente mi svegliai tardi.
La notte passata, intrisa di felicità, mi aveva tenuto sveglio fino a tardi, tanto che il sole era già alto quando mi alzai dal letto.
Quel mattino era previsto un'uscita scolastica a teatro; saremmo andati a vedere uno spettacolo intitolato *7 Minuti*, messo in scena da un gruppo di detenuti.
L'idea di assistere a una rappresentazione del genere mi incuriosiva, soprattutto perché trattava temi sociali profondi come il capitalismo e lo sfruttamento dei lavoratori.
La trama si concentrava su un'azienda che, dopo un cambio di proprietà, chiedeva ai dipendenti di ridurre la pausa giornaliera di soli sette minuti.
Una richiesta che, a prima vista, sembrava insignificante, ma che in realtà metteva in luce l'importanza di difendere i propri diritti, anche di fronte a richieste apparentemente innocue.
Nonostante il tema dello spettacolo mi affascinasse, la mia mente vagava altrove. Agnese, che il giorno prima mi aveva salutato con il sorriso, ora sembrava evitarmi. Quando l'ho vista stamattina e l'ho salutata, ha tirato dritto, senza nemmeno guardarmi.
Non capivo cosa fosse cambiato.
Con la testa piena di domande, tornai a casa dopo lo spettacolo per prepararmi per il pomeriggio.
Dovevo vedere Agnese, e volevo apparire al meglio, ma non riuscivo a decidere cosa indossare.

Dovevo vestirmi elegante? Casual?
Non sapevo nemmeno dove saremmo andati.

E se tutto questo fosse una presa in giro?
Se volesse farmi pagare per qualcosa?
Ma non avrebbe senso; perché allora mi avrebbe aiutato in quel negozio?
Oppure... poteva essere che fosse interessata a me? In fondo, era stata lei a chiedermi di uscire.

La mente continuava a girare mentre prendevo la macchina di mia madre, sperando che nessuno mi fermasse, dato che avevo solo il foglio rosa.
Mentre guidavo verso casa sua, decisi di fermarmi dal fioraio.
Un mazzo di fiori mi sembrava la scelta giusta, un modo per dimostrarle che ci tenevo.
Arrivato sotto casa sua, le feci uno squillo.
Poco dopo, Agnese scese.
Indossava un vestito semplice ma elegante, e nonostante il mio nervosismo, cercai di mostrarmi sicuro di me.

"Ehi," disse lei, con un sorriso che sembrava nascondere qualcosa.
"Ciao," risposi, cercando di sembrare tranquillo.
"Quei fiori sono per me?" chiese, con un leggero sorriso che sembrava quasi divertito.
"Sì, ti piacciono?" domandai, sperando di non sembrare troppo ansioso.
Lei rise, un suono dolce ma con una sfumatura che non riuscivo a decifrare. "Grazie, sono belli.
Ma tu non hai davvero idea del perché ti abbia chiesto un passaggio, vero?"
Il suo tono scherzoso mi metteva a disagio.
Cercai di rispondere con un sorriso, ma sentivo che c'era qualcosa che non capivo.
Durante il tragitto, le chiesi più volte di impostare l'indirizzo sul navigatore, ma lei si ostinava a darmi indicazioni a voce.
Questo mi portò a sbagliare strada diverse volte, aumentando il mio nervosismo. Finalmente, arrivammo a destinazione.
Stavo per scendere dalla macchina, quando Agnese mi fermò.

"Aspettami in macchina, potrebbe volerci un po'," disse con un tono improvvisamente serio.
"Scherzi? Questo non era il piano..." iniziai a dire, ma lei mi interruppe, il suo viso si fece serio, e ripeté, questa volta con un tono basso e deciso: "Aspettami in macchina."

Qualcosa nel suo sguardo mi bloccò.
Non era più l'Agnese che conoscevo; c'era un'ombra nei suoi occhi, qualcosa che non riuscivo a decifrare.
Cercò di sorridermi, ma il gesto sembrava forzato.
Confuso e un po' scocciato, tornai in macchina.
Mi sentivo come un idiota.
Perché l'avevo accompagnata?
Mi ero fatto delle illusioni, e ora non ero nemmeno sicuro che si fosse lasciata davvero con il suo ex.
Loro due avevano avuto una storia importante, tre anni che li avevano segnati profondamente.
Sì, avevano avuto dei problemi negli ultimi mesi, ma mi sembrava che la scintilla tra loro non si fosse mai spenta del tutto.

Passò un'ora, poi un'altra.
Il mio nervosismo si trasformò in rabbia.
Non avevo intenzione di aspettare ancora.
Uscii dalla macchina e cominciai a cercarla.
Mi aggirai per la strada finché non vidi un palazzo che mi sembrava il posto giusto.
Vicino all'ingresso, notai un parrucchiere.
"Davvero mi ha fatto venire fin qui, rischiando di farmi fermare senza patente, solo per un appuntamento dal parrucchiere?" pensai, incredulo.

Arrivai ai citofoni e controllai gli interni, cercando di capire dove potesse essere entrata.

La frustrazione si accumulava dentro di me, alimentata dal pensiero di quanto mi fossi sentito umiliato.
Non potevo più sopportare l'idea di essere trattato così.

Con passo deciso entrai nel palazzo e la trovai nell'atrio.
Quando mi vide, Agnese sembrava stupefatta.

"Ehi, che ci fai qui? Ti avevo detto..." iniziò, ma la interruppi.

"Non mi interessa quello che mi hai detto.
Il tuo comportamento di questo pomeriggio è stato imbarazzante.
Hai idea di quanti rischi ho corso accompagnandoti qui senza patente, con la macchina di mia madre?
Ero sul punto di andarmene, ma mi sono stancato di farmi trattare così.
Mi stai facendo aspettare da ore solo perché dovevi farti un taglio di capelli?"

Il suo sguardo cambiò, diventando un miscuglio di rabbia e tristezza.

"Pensi davvero che io fossi dal parrucchiere? Sei proprio stupido," disse, le lacrime cominciavano a riempirle gli occhi. "Eppure mi ero fatta un'idea diversa di te. Pensavo che fossi diverso dagli altri.
Sai cosa stavo facendo in quel palazzo?
Non te lo dico nemmeno, perché non meriti spiegazioni dopo questo comportamento."

Con un gesto brusco tirò fuori il mio diario dalla borsa.
"Ecco, questo è il tuo stupido diario. E pensare che eri quasi riuscito a convincermi che ciò che scrivevi fosse reale. Ma non sono altro che fesserie."

Rimasi impietrito, senza parole.
Non sapevo cosa dire, né cosa fare.

"Agnese, aspetta... se non mi dici le cose, come posso capire?" cercai di spiegare, ma la mia voce suonava debole.
"È meglio così," rispose, girandosi e allontanandosi a passo veloce.
"Ci vediamo a scuola."
La guardai scomparire, sentendo il peso della mia incapacità di comprendere, una volta di più, ciò che davvero contava.

La Dura Legge di LeiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora