Capitolo 2

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Posto giusto al momento giusto:

Durante il pomeriggio ho aiutato mia mamma con delle commissioni, non ho avuto modo di pensare a cosa fare per migliorare la mia posizione con Agnese.
Inoltre, lunedì avevamo un esame importante da sostenere di inglese, che non è mai stato il mio punto forte, così Matteo venne a casa mia a darmi una mano.
Ero ancora arrabbiato con lui, per la sua noncuranza, sapeva che per me era importante Agnese e l'avevo persa, chissà che cosa penserà di me, che sono uno stalker probabilmente, oppure un maniaco, o entrambe le cose.
Non avevo ancora avuto modo di riversare la mia rabbia verso Antonio, aveva da fare solo una cosa, e non c'è riuscito.
Lunedì mattina decisi di fare a meno di parlare con entrambi, ero ancora arrabbiato e non avrei controllato le mie azioni.
Il giorno dopo saremmo andati a teatro con la scuola, così andai in centro per comprarmi una camicia elegante.
Andai da solo, non avevo voglia di conversare con nessuno.
Ad un certo punto entrai in un negozio, non ricordo il nome, probabilmente era nuovo, penso fosse tedesco, anche se i commessi erano tutti italiani e non credo che fosse un brand famoso, anche se io non sono mai stato un grande intenditore di marche.
L'interno era molto originale, c'erano vestiti stravaganti, non adatti ad un teatro.
Mentre stavo andando verso l'uscita trovai una pelliccia bianca, decisi di mettere da parte la rabbia verso Matteo e gli scattai la foto, intento a mandargliela: qualche anno prima lo prendevo sempre in giro per la sua altezza e per quanto fossero grandi i suoi piedi e lo chiamavo "Bigfoot", quella pelliccia mi sembrava adatta a lui.
Mandai la foto, ma nel negozio prendeva poco, mi venne così l'idea di andare dai camerini e mettermela, così che la potesse vedere indossata.
Chiesi alla commessa dove fosse il camerino e lei mi indicò la strada, per quanto fosse un nuovo negozio, era molto ampio, molto di quello spazio ancora da riempire.
C'era solo un camerino, la tendina era chiusa.

Non sentivo alcun rumore al suo interno così chiesi se ci fosse qualcuno, in negozio non c'erano più di tre o quattro persone, ma non ottenni nessuna risposta.
"Apro e basta" mi dissi.
"Ahhhh" urlò una ragazza dentro il camerino, si stava mettendo un paio di jeans che sembravano da "hippie".
"Oh scusa, non volevo..."
"Non volevi?! Era chiuso il camerino, cosa ti è saltato in mente?"
"Lo so, ma ho chiesto se ci fosse qualcuno e non ho ottenuto risposta, non dovevo mi spiace, ma non ho visto nulla."
"Vabbè chiudi subito brutto pervertito!".
A quel punto la commessa arrivò dopo aver sentito quel grosso baccano accertandosi che non ci fossero problemi.
"Cosa sta succedendo?".
Da dentro il camerino la ragazza cominciò ad urlare, raccontando la sua versione dei fatti, a quel punto il frastuono si fece tale che anche le persone che erano davanti al negozio entrarono incuriosite.
Cercavo di dare una spiegazione, ma la ragazza non voleva saperne e la commessa continuava a spalleggiarla.
Ad un certo punto, dopo essermi scusato molteplici volte, cominciai ad indietreggiare, andando sempre più vicino all'uscita, mi voltai e la vidi.
Agnese era li di fronte al negozio, rimasi impietrito dal vederla, lei entrò e disse
"Ragazze, so che ha sbagliato, ma è mio fratello, soffre di una grave sindrome di autismo, e non riesce mai a capire il limite fino a cui può spingersi, spero che possiate perdonarlo, l'avevo lasciato un attimo da solo che ero andata a fare una commissione e l'avevo perso, gli avevo detto di rimanere fermo".
A quel punto la commessa e la ragazza si ammutolirono, e Agnese ne approfittò per ringraziare della comprensione e tirarmi fuori da lì tirandomi per un braccio.

"Sei stata grande li dentro... ma perché l'hai fatto?
"Cosa vuoi dire?"
"Ecco, non so che cosa avrebbero fatto li dentro se non fossi intervenuta."
"Ma davvero passi le giornate a importunare le ragazze?" disse lei.
"Non è come pensi..." dissi, non sapendo come spiegare quella sfortunosa serie di eventi.
"Senti, domani pomeriggio ci vediamo da me alle 15."
"Eh?" Chiesi incredulo.
"Non fare quella faccia tonta, domani devo fare una commissione qui in centro, e c'è lo sciopero, non saprei come arrivarci, quindi ho bisogno che qualcuno mi accompagni".
"Non puoi farti accompagnare da qualcun'altro, io non ho la patente, ho solo il foglio rosa, se mi beccano..."
"Fatti trovare pronto, dopo ti invio la posizione di casa mia". Non vorrai che io racconti in giro che hai importunato quella ragazza, dopo avermi rubato il diario."
Se ne andò senza neanche salutarmi e io rimasi fermo a guardarla allontanarsi, fino a che di lei non rimase solo l'ombra.

Solo dopo qualche minuto mi resi conto, avevo finalmente un appuntamento con lei, senza aver fatto niente, anzi non avevo fatto altro che disastri.
A quel punto chiamai subito Matteo per dargli la notizia, tutto quel pessimismo che mi stava accerchiando da mesi sembrava essere misteriosamente scomparso, finalmente qualcosa stava andando per il verso giusto.
Mi diressi subito verso altri negozi per trovare qualcosa da indossare che fosse all'altezza, dovevo assolutamente fare colpo.

La Dura Legge di LeiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora