06: Lily

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Allen mi condusse attraverso un lungo corridoio che sembrava allungarsi all'infinito, con pareti adornate da ritratti di antenati dall'aspetto severo. Il cuore mi batteva all impazzata, come se sapesse che stavo per entrare in una trappola dalla quale non sarei potuta uscire facilmente.

Quando finalmente ci fermammo davanti a una porta di legno scuro, Allen la spinse con una calma disarmante. "Ecco la mia stanza," disse, con un sorriso che mi mise subito a disagio. "Benvenuta nel mio mondo."

Entrai con esitazione, e ciò che vidi mi lasciò senza parole. La stanza era enorme, molto più grande di quanto avessi immaginato. Le pareti erano ricoperte da librerie stracolme di libri antichi, e una grande finestra lasciava entrare una luce soffusa che si rifletteva su un letto in legno massiccio. Il letto, con lenzuola di seta scura, era l'elemento centrale della stanza, ma non era il solo a catturare l'attenzione. C'erano anche divani di pelle scura, tappeti orientali dai colori profondi e una collezione di opere d'arte inquietanti che sembravano seguirmi con lo sguardo.

Allen chiuse la porta dietro di me, facendomi sobbalzare leggermente. "Ti piace?" chiese, osservandomi con uno sguardo che sembrava sfidarmi a trovare qualcosa che non andasse.

"È... molto suggestiva," risposi, cercando di mascherare il mio disagio. C'era qualcosa di opprimente in quella stanza, una presenza che sembrava riflettere la personalità di Allen: affascinante, ma pericolosa.

Lui si avvicinò al grande tavolo di legno che si trovava al centro della stanza, afferrò una sedia e la spinse verso di me. "Siediti," disse con un tono che non ammetteva repliche. "Dobbiamo iniziare a lavorare, no?"

Mi sedetti con una certa riluttanza, cercando di mantenere una distanza sicura da lui. Allen si sedette di fronte a me, ma invece di mostrarsi interessato al progetto, appoggiò il gomito sul tavolo e il mento sulla mano, fissandomi con aria annoiata. "Allora, da dove vogliamo cominciare?" chiese, con un tono quasi svogliato.

"Beh, possiamo iniziare a discutere delle idee principali," dissi, cercando di mantenere il controllo della situazione. "Il professor Grant ci ha chiesto di creare un progetto che esplori le emozioni attraverso l'arte. Potremmo—"

Allen sospirò, interrompendomi. "Iris, Iris... stai facendo il solito errore. Sei troppo rigida, troppo concentrata su quello che 'dovremmo' fare. Non è un esame scolastico. È arte. Dovresti lasciarti andare, smettere di pensare a ciò che è giusto o sbagliato."

La sua mano si mosse lentamente verso di me, sfiorando appena la mia. Sentii un brivido corrermi lungo la schiena e cercai di ritrarre la mano, ma lui afferrò delicatamente le mie dita, costringendomi a rimanere ferma. "Vedi, la vera arte nasce dalle emozioni più profonde," disse, il tono della sua voce diventato più basso, quasi ipnotico. "E tu, Iris, hai così tante emozioni dentro di te, ma le tieni tutte rinchiuse. Perché?"

Cercai di mantenere il controllo, ma il calore della sua mano contro la mia era troppo, e mi sentii arrossire. "Non è così semplice," risposi, la voce tremante. "Io... io credo che l'arte richieda disciplina, non solo emozione."

Allen sorrise, uno di quei sorrisi che facevano venire voglia di fuggire, ma allo stesso tempo di restare. "Disciplina, certo," disse, avvicinando ancora di più il viso al mio. "Ma la disciplina senza emozione è vuota. È sterile. E tu, fiorellino, sei tutt'altro che sterile. Hai dentro di te un fuoco che non puoi nascondere."

La sua mano lasciò la mia e si mosse lentamente lungo il tavolo, come se stesse cercando di catturare qualcosa di invisibile nell'aria. "Immagina," continuò, "se lasciassi che quel fuoco bruciasse liberamente. Cosa accadrebbe?"

"Non lo so," dissi, sentendo la tensione crescere dentro di me. Ogni parola, ogni gesto di Allen sembrava progettato per mettermi alla prova, per costringermi a rivelare parti di me che avevo sempre cercato di nascondere. "Forse... forse non sarei in grado di controllarlo."

Il Dedalo di Iris Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora