03: L'enigma di nome Allen

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Decisi di seguire il mio istinto e riportare il quaderno ad Allen, anche se ero ancora furiosa per come si era comportato. Non riuscivo a sopportare l'idea che mi avesse trattata con tanta freddezza e arroganza, ma al tempo stesso non potevo ignorare quello che avevo visto nel suo quaderno. C'era qualcosa di più in lui, qualcosa che non voleva mostrare, e per qualche motivo, mi sentivo spinta a scoprire cosa fosse.

Aspettai che la scuola si svuotasse un po' prima di uscire dalla classe e dirigermi verso l'ufficio del preside, dove Allen stava scontando la sua punizione. Mentre camminavo lungo il corridoio, sentivo la rabbia mescolarsi alla tensione. Non ero sicura di cosa gli avrei detto, ma una cosa era certa: non avrei lasciato che mi trattasse così senza dirgli la mia.

Quando arrivai davanti alla porta dell'ufficio, mi fermai, incerta se bussare o meno. Non volevo sembrare debole o insicura, così rimasi lì, con il quaderno stretto tra le mani, pronta ad affrontarlo. Dopo qualche minuto, la porta si aprì ed Allen uscì. Quando mi vide, si fermò di colpo, lo sguardo diffidente.

"Che ci fai qui?" chiese, il tono freddo e distante.

Gli lanciai un'occhiata dura, alzando il quaderno. "Hai dimenticato questo," dissi, porgendoglielo senza fare cerimonie. "Forse la prossima volta dovresti prestare più attenzione alle tue cose, invece di andare in giro a fare il prepotente."

Allen mi fissò, sorpreso dalla mia risposta tagliente. Poi abbassò lo sguardo verso il quaderno, e vidi per un attimo un'ombra di esitazione nel suo sguardo. "Perché me lo riporti?" chiese, prendendo il quaderno con un gesto brusco.

"Perché penso che tu ci tenga," risposi, incrociando le braccia. "Anche se ti comporti come se non ti importasse di nulla e di nessuno."

Allen strinse il quaderno, il viso si contrasse in un'espressione dura. "Non ti riguarda," ribatté, lo sguardo tagliente. "Non ti ho chiesto di intrometterti."

"Lo so," risposi secca, sentendo la frustrazione crescere dentro di me. "Ma qualcuno deve pur farlo, visto che tu sei troppo occupato a respingere chiunque ti si avvicini."

Allen mi guardò intensamente, i suoi occhi scuri che sembravano cercare qualcosa nei miei. Per un attimo, avvertii una tensione diversa nell'aria, qualcosa di più profondo e inaspettato. Mi sentii vulnerabile sotto il suo sguardo, il modo in cui mi fissava era come se stesse cercando di capire se poteva permettersi di abbassare la guardia con me.

"Non sai niente di me," disse, la sua voce più bassa, quasi un sussurro carico di tensione.

"Magari no," replicai, avvicinandomi di un passo, sentendo il mio cuore accelerare mentre i nostri corpi si avvicinavano di qualche centimetro, "ma so riconoscere qualcuno che ha paura di mostrare chi è davvero".

Allen rimase in silenzio per un momento, lo sguardo confuso, come se non sapesse come rispondere. Il suo respiro era più rapido, e notai come il suo petto si alzava e abbassava, come se stesse lottando contro qualcosa dentro di sé. I nostri occhi si incrociarono ancora una volta, e per un istante, ci fu un silenzio denso di non detti, come se entrambi stessimo considerando l'idea di avvicinarci ancora di più, di spezzare quella distanza che ci separava.

Poi, con un gesto improvviso, si girò per andarsene. "Non ho bisogno del tuo aiuto, Iris," mormorò, iniziando a camminare lungo il corridoio.

Non potei fare a meno di seguirlo con lo sguardo, sentendo una frustrazione crescente. "Forse no," risposi a voce alta, quasi senza rendermene conto, "ma se continui così, non avrai bisogno di nessuno, perché nessuno vorrà più starti vicino."

Allen si fermò di colpo, il corpo rigido, ma non si voltò. "Forse è meglio così," disse piano, prima di riprendere a camminare e sparire all'angolo del corridoio.

Rimasi lì, combattuta tra la voglia di urlargli contro e quella di lasciar perdere tutto. Ma qualcosa mi diceva che non era finita lì. Allen era un enigma, uno che non riuscivo ancora a decifrare, e quella tensione tra di noi, per quanto mi infastidisse, era solo l'inizio di qualcosa di più grande.

Mentre Allen si allontanava, sentii dei passi dietro di me. Mi voltai di scatto, pronta a rispondere a chiunque fosse, e mi ritrovai di fronte Rebecca, una ragazza della mia classe che non avevo mai notato particolarmente, ma che in quel momento sembrava intenzionata a farsi notare.

Rebecca era una di quelle persone che sembrano sempre sapere più di quanto dovrebbero. I suoi capelli scuri corti, e i suoi occhi verdi mi fissavano con un misto di curiosità e una sottile sfumatura di giudizio. Era la tipica ragazza che stava sempre in disparte, ma che non perdeva mai una parola di quello che accadeva intorno a lei.

"Che stai facendo qui, Iris?" chiese con un sorriso che non raggiungeva gli occhi.

Incrociai le braccia, non volendo apparire debole di fronte a lei. "Non è affar tuo, Rebecca."

Lei fece un passo avanti, la curiosità evidente nei suoi occhi. "Sei stata con Allen, vero? Non posso credere che tu abbia cercato di parlargli dopo quello che è successo in classe. Sei davvero coraggiosa... o forse solo stupida."

La sua battuta mi infastidì, ma cercai di non mostrarlo. "Che cosa vuoi, Rebecca?" chiesi, cercando di tagliare corto.

Rebecca si fermò, inclinando leggermente la testa. "Solo capire perché ti preoccupi così tanto di uno come lui. Non mi sembra che Allen sia il tipo di ragazzo che meriti tutta questa attenzione, soprattutto dopo come ti ha trattata."

Sospirai, esausta da quella conversazione. "Non mi preoccupo per lui. Non nel modo in cui pensi. È solo... non lo so, c'è qualcosa in lui che non quadra, e mi irrita il fatto che si comporti come se fosse il solo a dover sopportare il peso del mondo."

Rebecca sorrise, un sorriso che mi fece venire i brividi. "Forse Allen è solo bravo a tenere lontani gli altri, e tu sei l'unica che non riesce a capirlo. O magari c'è qualcos'altro sotto."

La guardai sospettosa, non riuscendo a capire dove volesse arrivare. "E cosa vorresti dire con questo?"

Rebecca si avvicinò ancora di più, il suo sguardo ora più intenso. "Che forse dovresti stare attenta. Allen ha i suoi segreti, e non tutti sono così... delicati come i fiori che disegna. Magari pensi di poterlo aiutare, ma potresti finire per farti male."

Le sue parole mi colpirono più di quanto volessi ammettere, ma non le diedi la soddisfazione di vedere il mio turbamento. "Non ho bisogno dei tuoi avvertimenti, Rebecca," risposi secca. "So badare a me stessa."

Rebecca rise piano, un suono che non mi piacque affatto. "Sì, certo. Ma ricordati quello che ti ho detto, Iris. Non sempre è saggio cercare di risolvere i misteri che non ci riguardano."

Con quelle parole, si girò e si allontanò, lasciandomi lì con una sensazione di inquietudine crescente. Non sapevo se le sue parole fossero solo un modo per mettermi in guardia o se ci fosse qualcosa di più dietro.

Mentre Rebecca si allontanava, controllai l'orologio e mi resi conto di essere in ritardo per l'appuntamento con mia nonna. Il cuore mi balzò in gola; non avevo il tempo di stare lì a rimuginare su Allen o Rebecca. Mi voltai di scatto e iniziai a correre lungo il corridoio, i miei passi echeggiavano nel silenzio della scuola ormai quasi deserta.

Uscita dall'edificio, il vento freddo mi colpì il viso, ma non rallentai. Mi diressi verso la fermata dell'autobus, sperando di non essere troppo in ritardo. Il cimitero non era certo un posto che volevo far aspettare più del necessario.

Ciao a tutti! Qui è Claire che vi parla!🌼💛 Dopo questo capitolo, sono davvero curiosa di sapere cosa ne pensate. Il confronto tra Iris e Allen ha rivelato una nuova sfaccettatura dei loro personaggi, e mi chiedo se anche voi avete percepito la tensione crescente tra loro. Cosa pensate del gesto di Iris nel riportargli il quaderno e della conversazione con Rebecca? Quali emozioni vi ha suscitato? Mi piacerebbe sapere come immaginate si evolveranno le dinamiche tra questi personaggi e se avete delle teorie su cosa si nasconde dietro il comportamento di Allen. Aspetto i vostri commenti e suggerimenti!

xoxo💌

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