Lasciai cadere il telefono nella tasca della giacca, il cuore che batteva all'impazzata. "Devo andare," dissi ad Allen, senza nemmeno guardarlo.Lui si avvicinò, confuso. "Cosa succede? Dove stai andando?"
Non risposi. Mi limitai a voltarmi e iniziai a correre verso casa, sentendo il suono delle sue parole spegnersi alle mie spalle. La mia mente era concentrata solo su mia nonna. Dovevo raggiungerla. Non c'era tempo da perdere.
Aprii la porta di casa con il cuore in gola. La telefonata di Charlie continuava a riecheggiarmi nella testa: "Tua nonna... sta male, è grave." Sentivo il rumore dei miei passi mentre correvo su per le scale, il respiro irregolare e le mani sudate per l'ansia. Entrai nella stanza di mia nonna senza nemmeno bussare. Lì, adagiata sul letto, la trovai pallida, ma con un'espressione tranquilla. Charlie era al suo fianco, seduto su una sedia accanto al letto, con le mani intrecciate davanti a sé.
"Nonna!" esclamai, avvicinandomi subito al letto. "Cosa è successo? Ti senti bene?"
Lei mi sorrise debolmente, il viso segnato dalla stanchezza. "Iris, tesoro... sono solo un po' stanca. Non c'è bisogno di preoccuparsi."
Charlie, però, era visibilmente contrariato. Si alzò dalla sedia e mi fissò con uno sguardo che non riuscivo a decifrare. "Stanca? Iris, ha avuto un collasso! È svenuta mentre stava in giardino. L'ho trovata io e l'ho portata dentro."
Il mio sguardo corse tra lui e mia nonna, la rabbia e l'angoscia che si mescolavano dentro di me. "Un collasso? Nonna, perché non mi hai detto che non ti sentivi bene?"
Lei fece un leggero gesto con la mano, come a voler liquidare la questione. "Non volevo disturbarti, cara. Pensavo di potercela fare... ma il mio corpo ha deciso diversamente."
"Avresti dovuto chiamarmi subito," dissi, abbassando la voce, la preoccupazione che traboccava nonostante i miei tentativi di sembrare calma.
"Non dare la colpa a lei," intervenne Charlie con un tono brusco. "La domanda è: dov'eri tu, Iris? Perché non eri qui?"
La sua voce mi colpì come una frustata, e il mio viso si scaldò di imbarazzo e di rabbia repressa. "Charlie, non è il momento per queste accuse! Non c'è sempre bisogno che sia io a badare a tutto. Dov'ero? Ero con... con Allen."
Il suo sguardo si fece scuro. "Allen?"
Annuii, cercando di mantenere il controllo sulla voce. "Sì. Siamo andati a fare una passeggiata nel bosco. Avevo bisogno di staccare un po', e lui... beh, ci siamo aperti. Per una volta, mi è sembrato diverso. È stato gentile, persino premuroso."
Charlie fece un passo indietro, scuotendo la testa come se non riuscisse a credere a quello che stava sentendo. "Premuroso? Iris, lo conosci appena! Non hai idea di chi sia davvero."
Strinsi le mani in pugno, stanca del suo atteggiamento iperprotettivo. "Charlie, non è vero. L'ho conosciuto meglio oggi. Mi ha mostrato un lato di sé che non mostra a nessuno. Mi ha portata in un posto che per lui è speciale. Era... importante."
Un lampo di rabbia attraversò gli occhi di Charlie. Si avvicinò a me, abbassando la voce, ma senza perdere quel tono carico di tensione. "Ah sì? Importante? Sai quante ragazze ha già portato in quel posto, Iris? Si dice che lo usi per... conquistarle. E poi, quando ha ottenuto quello che vuole, sparisce."
La sua insinuazione mi fece irrigidire. "Questa è una bugia," ribattei, con la voce tremante. "Allen non è così."
"Oh, davvero?" rispose Charlie con sarcasmo. "E cosa ne sai tu? Io, invece, lo so bene. Allen ed io eravamo amici. Lo conoscevo meglio di chiunque altro, e posso dirti una cosa, Iris: non è un santo. Non lo è mai stato."
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Il Dedalo di Iris
Teen Fiction"Ti prego Iris non costringermi a farlo" "guardami Allen, guardami per l'ultima volta" "Ma così maledirò anche te" "Non importa, anche se il tuo sguardo mi spoglierà da tutto, tu mi hai ridato una ragione per vivere, mi hai dato una ragione per ama...