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Stavamo uscendo dal palazzo insieme. Per la precisione io ero davanti a lui, non sarei mai stata vicino a lui. Lo sentii ridere e quindi infastidita dalla sua risata mi girai
"che hai da ridere ora?" lui smise subito e alzò le mani in segno di difesa
"niente tranquilla" io sbuffai e lo lasciai perdere
"dov'è il tuo autista?" lui mi guardò stranito con un cipiglio sul volto.
"conosci la parola autista o devo farti un disegnino?" mi stavo per spazientire o forse già lo ero
"Stellina qui guido io niente autista" come cavolo mi aveva chiamato questo? Stellina a chi?

"ma-" mi sorpassò e andò a chiedere le chiavi della sua auto. Che maleducato, veramente un maleducato bello. No che cavolo stavo dicendo? Non era bello, no era brutto e antipatico.
Però ad essere sincera, non era niente male. Aveva un completo di Burberry che gli stava veramente bene, la giacca gli fasciava alla perfezione le sue spalle larghe, le gambe erano slanciate dai pantaloni sartoriali fatti su misura.
"Ti sei incantata per caso?" io ritornai nel mondo reale quando mi ritrovai il suo corpo vicino. Aveva un profumo veramente buono. Sky riprenditi.
"quindi tra quanto arriva la macchina?"
"eccola lì" io seguii con lo sguardo la traiettoria del suo dito e appena vidi la macchina spalancai la bocca. Era stupenda...

"quella?" io la indicai sconvolta e ammaliata allo stesso tempo
"non è di tuo gusto stellina?"
"piantala di chiamarmi così" io lo fulminai e poi lo sorpassai andando verso la macchina. Ringraziai il signore che mi aprì la portiera e delicatamente entrai nella Ferrari 488 pista. Era stupenda e di sicuro era stata comprata con i soldi di papà.
"puoi dirmi il tuo indirizzo?"
"dammi il telefono" lui si girò verso di me contrariato
"no!" io alzai gli occhi al cielo
"vuoi fare un incidente e avermi sulla coscienza per sempre oppure mi potresti dare gentilmente il tuo telefono e così mi porti a casa e non ci vedremo mai più?" lui sbuffò e me lo passò

"la password magari"
"1617" io mi stranii
"così facile?" lui strinse le mani sul volante
"metti l'indirizzo forza" io lasciai perdere e inserii l'indirizzo di casa.
"sei di strada tu?" per quando volessi essere stronza, un minimo di conversazione dovevo farlo perché se no i 20 minuti non sarebbero mai passati
"più o meno" io mi stranii
"che significa più o meno? o si o no" lui guardava davanti a sé attento alla strada, sembrava però molto più rilassato rispetto a prima
"Stellina ti stai preoccupando per me?" ecco ritiro tutto ciò che ho detto di buono su di lui o qualsiasi altra cosa avrei detto.

"lascia perdere" mi girai dall'altra parte e guardai fuori dal finestrino i palazzi scorrere.
"comunque no, non sono di strada ma fa niente"
"potevo prendere un taxi" lui si girò verso di me
"e magari averti sulla coscienza no grazie" trattenni un sorriso
"dove abiti tu?" lui fece un ghigno malizioso
"perché vuoi venirmi a trovare" io sorrisi falsamente
"si così poi ti soffoco nel sonno" lui rise sinceramente, una risata spensierata, come se fossimo amici dall'asilo
"mi faresti veramente paura" io sorrisi.

"fermo!!" lui frenò di colpo e mi mise un braccio davanti per non farmi uscire fuori dalla macchina come un missile.
"Sei impazzita!!" si rimise composto
"gira di qui"
"ma il navigatore dice di andare dritto" io sbuffai
"davanti a casa ci saranno migliaia di giornalisti non voglio incontrarli" lui annuì
"d'accordo" lui senza dire nulla girò nella piccola via e in due minuti eravamo arrivati alla fine.
"ora dove devo andare?" io mi slacciai la cintura
"da nessuna parte siamo arrivati" lui mi guardò stranito
"ma se siamo in mezzo al nulla"
"devo solo fare un pezzo a piedi, hai già fatto abbastanza"

"da sola? No ti accompagno" si stava per togliere la cintura pure lui ma lo fermai
"tranquillo sono abituata e poi non mi succederà niente è una strada privata che non conosce nessuno" lui mi guardò titubante
"posso arrivarci con la macchina allora no?" io annuii incerta non capendo cosa volesse fare
"bene allora guidami tu" ripartì non dandomi il tempo neanche di capire cosa avesse detto. Era matto questo.

Dopo 5 minuti eravamo arrivati al cancello di casa mia. Era un entrata che non usavamo mai, se non io quando non volevo vedere i giornalisti.
"grazie del passaggio" lui scrollò le spalle
"figurati" si creò un silenzio imbarazzante
"buonanotte"
"notte" io scesi dalla macchina e corsi al cancellino. Mi sentivo osservata, infatti lui era lì ad aspettare che io entrassi. Appena aprii mi girai verso di lui e lo salutai con un cenno della mano, lui sorrise e poi partì come un pilota di F1.
Che serata assurda. Da dimenticare proprio.

————

Sentivo qualcosa di caldo e bagnato sul mio viso, cercai di aprire gli occhi e mi ritrovai una pallottola pelosa davanti la faccia
"Purè!!! la mia faccia" cercai di allontanarlo ma lui era così contento che non capiva. Continuava ad abbaiare e se non avesse smesso le avrei sentite su immediatamente
"shhh piano adesso andiamo" sbuffai e cercai di alzarmi dal letto con tanta fatica. La sera prima ero andata a dormire alle 3 perché non riuscivo ad addormentarmi.

Guardai l'orario ed erano solo le 8:30, sbuffai e lo guardai male. Lasciai perdere e scesi le scale di casa andando in cucina.
"sei contento ora?" non mi calcolò neanche di striscio. Visto che non sarei più riuscita a dormire decisi di prepararmi la colazione.
Latte con i cereali, la domenica fin da quando ero piccola mangiavo i miei cereali che nessun'altro poteva toccare e la mia tazza di latte.
"Buongiorno signorina Sky"
"ciao Gio" salutai il maggiordomo, che per me non era mai stato, era più uno zio.
"come sta?" io lo guardai male
"gio!!!" lui sorrise
"come stai Sky? Hai dormito?" io sorrisi
"non ho dormito per niente. Ieri non sono riuscita ad addormentarmi tu"

"ho saputo che ti hanno accompagnato a casa" io alzai gli occhi al cielo
"non farti strane idee quello è uno sbruffone" lui sorrise
"come vuoi tu" lui alzò le mani in segno di resa e se ne andò lasciando me e Purè da soli.
"che ne dici se usciamo?" lui abbaiò contento
"andiamo a prepararci forza" iniziai a correre per andare verso camera mia e dietro avevo Purè che correva cercando di stare al mio passo. Era un golden retriever di due mesi, avevo voluto chiamarlo così per il suo colore, e poi perché amavo il purè.

Mi ero lavata il viso, i denti e avevo fatto una treccia, misi su dei leggings e un top sportivo. Presi le cuffiette, il guinzaglio e poi uscii di casa.
"pronto piccolino?" lui abbaiò e io sorrisi nel vederlo cosi felice.
Uscii dal cancellino sul retro e mi avviai verso il centro. La corsa ormai era diventata un qualcosa di abitudinario, ogni giorno uscivo e correvo, mi aiutava a svuotare la mente, a non pensare più hai casini con papà e soprattuto uscivo da quella casa che ormai era diventata una gabbia per me. Mi sentivo soffocare, c'erano troppi ricordi, ogni angolo di quella casa mi riportava sempre lì, allo stesso identico pensiero.
Mia mamma.
Erano passati ormai 3 anni, ma io ancora non riuscivo ad accettare la sua morte. Dopo la sua scomparsa io e mio padre ci siamo allontanati sempre di più, lui è diventato freddo e indifferente a qualsiasi cosa e io ho semplicemente gestito la cosa nei peggiori dei modi ma ero semplicemente una ragazzina che aveva bisogno di qualcuno con cui condividere il dolore.

Tutti dicono che dopo la scomparsa di un famigliare gli altri restanti si avvicinano, si crea un legame più forte e invece io e mio padre avevamo fatto l'esatto opposto. Ormai eravamo semplicemente due conoscenti che vivevano sotto lo stesso tetto. Non so cosa l'avesse portato a tanto odio nei miei confronti e ci ho provato mille volte a capirlo ma ogni volta non ricevevo risposta. Di quella famiglia ormai non era rimasto più niente, se non i ricordi che seppellivo nel dimenticatoio.

Un obbligo, Mille responsabilità /Charles Leclerc/Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora