Gennaio 1944
Cecilia era dinanzi allo specchio, all'interno del camerino buio della Maison Noire. Fissava il suo riflesso, pensando ai cambiamenti che ci sarebbero stati nelle sue sembianze di lì a poco.
Il vestitino, pieno di paillettes, era talmente corto da alzarsi completamente nella posizione in cui stava seduta.
Guardava il suo visetto innocente, che nel giro di pochi minuti sarebbe stato imbrattato di sporcizia.
La prima cosa che indossò fu la parrucca biondo platino. Era talmente chiara da poter riflettere le luci, al buio della sala. Si era sempre chiesta cosa avessero di male i suoi capelli, già biondi. Madame Fleurie le aveva sempre risposto: «Una stella, per essere tale, deve brillare. E i tuoi capelli non brillano».
Non le era mai sembrata una scusa abbastanza plausibile. Infatti, aveva pensato, più di una volta, di indossare semplicemente il cinturino con grandi piume come copricapo, eliminando totalmente la parrucca dal suo vestiario. Ma Fleurie l'aveva sempre beccata con le mani nel sacco e costretta a indossarla.
Osservò la parrucca, che sembrava far sfiorire il suo incarnato. Per questo fu costretta a schiarirsi la pelle con della cipria, per poi colorarsi di rosso le gote. Già a guardarsi così, si sentiva molto più matura, rispetto ai suoi soli quindici anni. E poi sembrava una bambolina di porcellana.
Il passo subito successivo fu quello di intensificare lo sguardo con una lunga coda di colore blu sulla palpebra. Il locale metteva a disposizione i cosmetici, quasi sempre esagerati nei colori, ma Fleurie diceva sempre che servissero a intensificare.
Socchiuse leggermente gli occhi, liberando la pantera che era in sé: uno sguardo così intenso che pensò, Se non fosse me stessa, che sto guardando, mi metterei con questa ragazza, ed emise un ghigno di pura soddisfazione. Anche se avrebbe voluto prendersi a schiaffi, per la sua vanità.
Intensificò il colore delle labbra pallide con un rossetto color del fuoco. E subito dopo si mandò un bacio dallo specchio, con un occhiolino.
Come tocco di classe, si spruzzò un po' del distillato che aveva prodotto lei, in seguito a degli insegnamenti che Celeste aveva impartito sia a lei che alla gemella: il profumo della rosa invadeva gradevolmente le sue narici. Era così delicato ma al contempo così sensuale: come solo una rosa poteva essere.
Infine, indossò il tipico copricapo con piuma bianca che la faceva sembrare una diva dei film muti e una collana di perle.
Quando fu pronta per uscire, chiamò Madame Fleurie e le chiese: «Come ti sembro?»
«Il mio cigno biondo». Sorrise al pensiero che aveva indossato, senza che le rimbrottasse nulla, la parrucca. «Tu es merveilleuse», le disse in un francese troppo condizionato dalla venatura di dialetto romano.
«Merci beaucoup, Madame», rispose, facendo un piccolo inchino.
La donna, fiera della sua creazione, superò il sipario e la presentò. «Ecco a voi il "Cigno biondo"».
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Rosa e Crisantemo
Historical Fiction1945. Roma. Una giovane donna lavora all'interno di una organizzazione che si occupa di aiutare i bambini e i ragazzi sopravvissuti ai campi di sterminio. Attraverso le loro storie ricorda anche la sua storia di guerra, nel 1943, quando l'occupazion...