"Da una parte il buon padre di famiglia e stimato medico, dall'altra una sorta di sciamano che lottava con i blocchi della coscienza."
Carl Gustav JungArya
La stanza di Aaron era enorme. E come mi aspettavo, era anche gelida. Perché esigeva quelle temperature? Che cosa gli era accaduto, che lo aveva spinto a rigettare qualsiasi fonte di calore? E perché, nessuno eccetto me, si poneva quelle domande?
Infilai una maglietta bianca, chiaramente di Aaron, e un paio di shorts sportivi neri.
Avendo i tacchi, quell'outfit avrebbe destato parecchie attenzioni. Ma sicuramente non potevo uscire a piedi nudi. Quindi, fanculo.
Salii la piccola scalinata dello yatch, sbaragliando lo sguardo a destra e a sinistra, in cerca di Cameron.
Un cameriere mi offrì un bicchiere di champagne, impassibile. Ma sapevo perfettamente che dentro di sé stesse morendo dalle risate.
Sorseggiavo velocemente, con un braccio incrociato sul petto.
Le persone sembravano al loro agio, stretti nei loro completi firmati.
Io, con loro, non c'entravo assolutamente nulla.
"Ci metteranno davvero poco a rimetterti al tuo posto" Lydia mi affiancò, lanciando un'occhiata agli invitati. "Ma chi, scusami?" Lei sembrò infastidita dalla mia domanda. "Sei davvero più stupida di quanto pensassi" Svuotai la flute, calma come un mare in una torbida giornata d'estate. "Se me lo spiegassi chiaramente..." Lasciai la frase in sospeso, prendendole il bicchiere dalla mano, incominciando a bere. "Non posso, mi trincerebbero. Devi capirlo tu." Sembrava esitante, ma lo sguardo era sempre pungente. Le riconsegnai lo champagne. Il suo sguardo era perso tra la folla, mentre trangugiava un po'.
"Perché mi chiamate bomboniera? Potremmo incominciare da qui." Lei ridacchiò sommessamente, "E così che chiamano le loro ossessioni" Più cercava di darmi delle risposte, più ne capivo sempre di meno. "Non mi dirai mai a chi ti riferisci, non è vero?" Lei mi guardò di sbieco, passandomi il calice, "Più sei un'ossessione, per loro, e più soffrirai. Ti leveranno tutto." Okay, adesso stavo incominciando a spaventarmi. Ma lei continuò: "A me ne hanno fatto passare così tante, che ho incominciato a soffrire della sindrome di Stoccolma," Prese un lungo respiro, afferrando lo champagne che le avevo teso, "Mi hanno tolto tutto, perché avessi solo loro come appoggio. Volevano farmi diventare l'ennesima bomboniera, fingendo di essere per loro il centro del mondo." Ascoltai ogni singola parola, in religioso silenzio. Aveva sofferto tanto, e dallo sguardo si percepiva. Come un libro aperto.
Un cameriere, quello di prima, ci sventolò davanti un vassoio. Lydia ed io ne agguantammo due a testa, guardandoci con aria complice. "Bell'outfit, comunque" Mi fece notare, ma non stava ridendo. "Davvero ti piace?" Le domandai, incredula. Lei fece un sorso, passandosi la lingua sulle labbra, "L'anticonformismo è una caratteristica che mi è sempre piaciuta, nelle persone. E poi, cazzo, ci voleva qualcuno che scuotesse tutto questo finto perbenismo." Lydia si era rivelata diversa da come era apparsa fino a poco tempo fa. Cosa le aveva fatto cambiare idea? "Sai, ci ho pensato. Io ti ho odiata perché eri diventata il centro di ogni cosa, per loro. Ma ora che ci rifletto," Si fermò, facendo un lungo sorso, "Siamo noi le vere vittime." Dette quelle parole, si allontanò, dandomi le spalle. Lydia era strana. Molto.
Camminai verso la poppa, con il vento che mi scompigliava i capelli e la pioggia che bagnava il rivestimento creato apposta per noi invitati. Faceva freddo, ma per Aaron non abbastanza, a quanto pareva.
Se ne stava lì, a guardare un punto indefinito davanti a lui, con la camicia bianca aperta sul petto e le maniche arrotolate. Sembrava sbuffare, mentre agitava la mano davanti alla faccia. C'erano, come minimo, sei gradi.
"Arya" Aveva notato la mia presenza, senza neanche voltarsi. Feci un paio di passi verso di lui. "Aaron" Lo imitai, giocosamente. "Cameron? Dove l'hai lasciata?" Da quella distanza riuscii a notare la sua pelle lasciata scoperta, madida di sudore. "Cristo, quanto cazzo odio organizzare queste stupide feste," Si bloccò, guardandomi dall'alto verso l'alto, "Cameron sa orchestrare la situazione meglio di tutti. Non si lamenterà della mia assenza." Riportò lo sguardo verso l'orizzonte. Il fiume non era agitato, ma la barca ondeggiava velocemente sotto ai miei piedi. "Sì, Cam è proprio così..."
"Stanno meglio a te, i miei vestiti. Perché non hai indossato quelli di Cameron?" Boccheggiai, "Non sapevo ci fossero anche i suoi. Non ci ho fatto caso." Grandioso. Adesso Cameron avrà un altro motivo per preoccuparsi. "Meglio così" Tagliò corto, sfilando dalla tasca dei pantaloni un pacchetto di Davidoff, porgendomene una.
L'accendemmo subito grazie all'accendino, che era antivento. Furbo, da parte sua.
Inspirai a pieni polmoni, sentendo tutta la tensione accumulata, dissiparsi come la cenere della sigaretta.
"La settimana prossima è il mio compleanmo... Stavo pensando di non fare nulla" Una boccata di fumo si formò dalle sue labbra, restando in bilico. L'aria era non solo gelida, ma anche umida e pesante. "Volevo passarla a casa vostra" Mi guardò, in attesa. "Certo, perché no?" Accettai, non vedendo nulla di male in tutto ciò. "Hai conosciuto mio fratello, non è vero?" Come faceva a saperlo? "Sono sceso, prima, per accettarmi che tu avessi trovato la stanza e l'ho incontrato. Odia le feste. Cerca sempre di socializzare il meno possibile." Ryan Langdon, che tipo. Non che Aaron sia da meno: siamo a pochi gradi sotto lo zero e sta sudando come un porco.
"Sì... Lui è, come dire..."
"Diverso?" Ridacchiò, facendo un tiro. "Sì, strano, non è vero?"
"Aaron!" Qualcuno lo richiamò, distogliendo l'attenzione. Cameron si avvicinò a noi, "Dammene una anche a me, tesoro" Aaron cambiò radicalmente sguardo. Si era addolcito. Non sembrava neanche l'uomo che mi aveva parlato qualche istante prima. L'amore era così radicale?
La sveglia suonò presto. Molto più presto del solito. Afferrai il telefono, guardando lo schermo con gli occhi semichiusi. Non era la sveglia, ma qualcuno mi stava chiamando. "Pronto?"
"Salve, sono Jack Riley, il notaio della sua famiglia." E che cazzo voleva alle sette della mattina? "Mi sono occupato del testamento di entrambi i suoi genitori. Quando è morto suo padre, tutto è passato ad Anne, ma ora che non è più qui, dovremmo discutere dell'atto. In poche parole, tutti i loro averi, adesso appartengono a te, la seconda e ultima beneficiaria. Sua madre ha espressamente richiesto questo, prima di passare a miglior vita. Che Dio l'abbia in gloria, che brava donna era..." Okay, stava decisamente uscendo fuori dal seminario, "Beh, dovremmo vederci e discuterne meglio. Quando è disponibile?"
Mia madre aveva dato tutto, a me? Ma come cazzo si era permessa, Dio santo. "Può andare bene sabato mattina?"
L'interlocutore, Jack sospirò, "E' il mio giorno libero..."
"Anche il mio, per questo motivo." Il notaio si ricompose in fretta, e con tono allegro annunciò di poterlo fare.
Salii in cucina, afferrando la caraffa di caffè e versandomene un bel contenuto. Il condizionatore era acceso, segno che Aaron si fosse fermato un'altra volta qui. Ma cosa cazzo ci veniva a fare qui, se aveva tutti quei soldi e poteva andarsene in un posto migliore? Uscii fuori al porticato, sedendomi sulla solita sedia scricchiolante a dondolo. Lanciai uno sguardo alla casa accanto. Tutte le luci, come al solito erano spente. "Arya" Marcus sembrava bello e pimpante, come sempre. Ma a quell'ora era davvero necessario? "Ieri sera sono passati di nuovo i due agenti. Ho detto che non c'eravate." Cristo. Mi lasciai sfuggire uno sbuffo pesante. "E che hanno detto?" Mi guardò con uno strano luccichio negli occhi, "Il loro collega, quel Morrison, è sparito dall'oggi al domani nel nostro quartiere. Stava venendo qui." Cazzo. "Cazzo."
"Sì, esattamente." C'entrava qualcosa il mio stalker? "Cambiando argomento, prima di andare a lavoro, volevo andare da una parte, e tu oggi hai la giornata libera..."
"Certo, dove vorresti andare?"
Qualche ora più tardi, Marcus ed io eravamo nel suo pickup e marciavamo nel traffico di Londra. Non riuscivo a stare tranquilla. Ero tesa, e il mio amico, nonostante avesse provato a smorzare i cattivi umori, aveva assolutamente fallito. Almeno per quella volta. Solitamente, il suo animo allegro, aiutava un po' tutti noi, ma il posto in cui stavamo andando stava riuscendo a tutti gli effetti a farmi mancare l'aria. Adesso capivo Aaron.
Le villette a schiera si stagliavano davanti a me, eravamo quasi arrivati. Kensington era bella e inaccessibile. Tutti i turisti l'amavano, ma non io. Quel posto per me era stato un inferno fino ai miei diciotto anni. Quando ormai avevo raggiunto l'età per andarmene senza voltarmi più indietro. Ed ora mi trovavo qui per mia volontà. Com'era strana la vita. "La senti anche tu questa puzza di bruciato?" Mi chiese Marcus, alzando i finestrini. Sì, la sentivo anche io. E più mi avvicinavo a quella che era stata la mia casa, più aumentava la puzza. "Cazzo!" Marcus frenò bruscamente, uscendo di corsa dalla macchina. La mia casa stava bruciando. "No. No. No!" Rimasi pietrificata, scendendo dal pickup.. Davanti a me la villa era avvolta dalle fiamme e un paio di camion dei vigili antifuoco erano appostati accanto a noi. I vigili gettavano litri di acqua, imprecando fra di loro. "Signori, non potete stare qui!" Esclamò uno, avvicinandosi a noi. "E'... Era casa sua" Sibilò Marcus, incollerito dalla situazione. "Lei è la figlia di Max Davies?" "Sì." "Qualcuno ha appiccato l'incendio, dall'interno. Ma il colpevole era già andato via, quando siamo arrivati. Sta arrivando anche la polizia. Loro vi sapranno dire di più." Annuii, non sapendo cosa dire, o cosa fare.
La casa, avvolta dalle fiamme, si sgretolava man mano, ripiegandosi su se stessa. Le finestre che un tempo erano pregiate, adesso erano carbonizzate. I vetri erano andati in frantumi. Qualche trave penzolava nel vuoto.
Il mio telefono vibrò. Lo afferrai con dita tremanti. Era un messaggio. Il suo messaggio.Adesso il seminterrato non esiste più.
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Alba
RomanceCos'è il buio? Qual è la peggiore perversione umana? E perché le ossessioni sono tutte malate? Perché troviamo conforto nelle nostre tristezze? Perché a noi piace piangere? Perché siamo cresciuti tutti in delle famiglie disfunzionali? Perché quello...