Capitolo 18 - Frecce di fuoco

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"Cosa è stato?" sussurrò Liliac, la voce tremante, mentre l'eco del primo boato ancora rimbombava nelle pareti della stanza

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"Cosa è stato?" sussurrò Liliac, la voce tremante, mentre l'eco del primo boato ancora rimbombava nelle pareti della stanza. Il terrore le serrava il petto, ma prima che potesse formulare un altro pensiero, un nuovo, devastante rombo scosse il pavimento sotto di loro. Le candele sulle mensole vacillarono, soprammobili e libri caddero, il cavalluccio di ferro si schiantò a terra con un tonfo assordante.

Liliac trasalì. Tutto sembrava crollare attorno a lei, come se il castello intero stesse venendo giù, pietra dopo pietra. Poi, dal di fuori, arrivarono delle urla. Non erano semplici grida, erano urla di puro terrore, disperate, e i passi frettolosi di soldati risuonavano come un tamburo incessante lungo i corridoi.

Istintivamente, Liliac si mosse verso la finestra. Il suo cuore batteva così forte che sentiva il sangue pulsare nelle tempie, e le mani le tremavano mentre afferrava il bordo della finestra, come per ancorarsi alla realtà che la circondava. Guardò fuori, il respiro bloccato in gola.

Lo spettacolo che le si presentò davanti fu terribile, così crudele da sembrare irreale. Decine di soldati si ammassavano nei cortili sottostanti al di là del lago, le armature scintillanti sotto la luce della luna, ma erano solo figure piccole e impotenti contro il fiume di uomini che li travolgeva. Gli assalitori erano inarrestabili, armati fino ai denti, avvolti in un'armatura nera come la notte, che rifletteva il bagliore delle frecce che piovevano dall'alto come una grandinata mortale. Le frecce penetravano tra gli elmi dei soldati, conficcandosi nei corpi, nel terreno, nei giardini che circondavano il castello. Liliac rimase paralizzata a quella vista: la violenza, il sangue che tingeva l'erba, le grida di agonia dei morenti.

Il castello De Laurent era sotto assedio.

Il panico avvolse Liliac come una morsa implacabile, stringendole lo stomaco così forte che dovette staccarsi dalla finestra per non crollare. Ogni muscolo del suo corpo tremava, il cuore sembrava volerle sfuggire dal petto. Si girò, cercando Thomas con lo sguardo, ma il terrore offuscava i suoi pensieri, facendole perdere ogni traccia di razionalità.

"Devo mandarti via, Thomas. Devi andartene!" esclamò con la voce spezzata, correndo verso il pianoforte. Le parole le uscivano confuse, senza logica. Non si rese nemmeno conto di aver abbandonato il tono formale che di solito usava con lui, passando a un tono confidenziale, istintivo. Come se il pericolo imminente e l'intimità del momento che poco prima avevano condiviso avessero abbattuto ogni barriera.

Il pensiero la colpì come un fulmine: nonostante il caos che regnava nel castello, nonostante la sua famiglia fosse in pericolo, tutto ciò che le importava in quel momento era mettere Thomas al sicuro. Era questo l'amore? Mettere la sua vita prima di ogni altra cosa?

"No, non vado da nessuna parte," rispose Thomas con una decisione che tagliava l'aria come una lama. I suoi occhi, fissi su di lei, erano pieni di una determinazione che lei non aveva mai visto prima. "Non suonare!" urlò improvvisamente, correndo verso di lei quando le sue dita tremanti premettero i primi tasti del pianoforte. Il suono echeggiò nella stanza vuota, ma Thomas la fermò prima che potesse iniziare il rito che l'avrebbe fatto tornare in Inghilterra.

The Perfect Symphony - Di Domenico AlessiaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora