7. Colpo al cuore

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«Cosa prendi?», mi chiese la barista del bar mentre masticava volgarmente una gomma

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«Cosa prendi?», mi chiese la barista del bar mentre masticava volgarmente una gomma. Stringeva tra le mani un piccolo taccuino dalle pagine giallino chiaro, che faceva spiccare le sue acuminate unghie ad artiglio, laccate di un rosso acceso e sfavillante. La sua figura era sinuosa, avvolta da un completino rosso scuro abbastanza corto, mentre un foulard del medesimo colore, ricoperto di stelline bianche, le fasciava alla perfezione il collo.

«Un caffè, grazie», dissi flebilmente.

Dopo che William se ne era andato, restai sul retro della parete ancora un po', dopodiché decisi di entrare nel suddetto bar, che mi aveva nascosta pochi minuti prima, per prendere un caffè e cercare di riprendermi da quel bacio che mi aveva praticamente stravolta. Sì, forse il caffè non era la scelta migliore, ma avevo bisogno di qualcosa di forte che non fosse alcolico e, purtroppo, quella fu l'unica bevanda che mi venne in mente in quel momento. 

La mia testa era praticamente andata: non smettevo di pormi un'infinità di domande: cosa dovevo fare? Come dovevo comportarmi adesso? Perché aveva fatto una cosa simile? E la cosa più brutta, era che non avevano una risposta. Non sapevo se stavo male, se stavo bene, se avevo paura, se ero all'apice della felicità, il mio cervello stava letteralmente per scoppiare. Cosa aveva combinato quel deficiente?! Ora il nostro rapporto di "pseudo" amicizia era compromesso per sempre, non si tornava più indietro. 

Nel mentre che riflettevo su questi pensieri la ragazza del bar appoggiò il caffè sul bancone in legno, verniciato da un tenue color giallo ocra e, dopo averlo bevuto, presi il mio portafoglio per pagare. Volevo andare via il più presto possibile da quel posto che puzzava di alcol e pesce andato a male. Quando avevo chiesto il caffè alla cameriera mi aveva guardato in modo strano, manco fossi un alieno. È davvero così assurdo chiedere ad una barista un caffè invece di un drink, alle tre di notte? Tuttavia quando protesi la mano per lasciargli i soldi la ragazza mi bloccò

«No, tranquilla. Quel ragazzo ha pagato per te», disse indicando­melo.

Volsi lo sguardo in quella direzione e due paia di occhi azzurri si palesarono alla mia vista. Okay, non era male. Era un bel ragazzo, magro e dalla capigliatura castano chiaro, forse biondo cenere per essere più precisi. Indossava una camicia nera di raso sbottonata lungo il torace, sul quale pendevano due collanine in argento. Era seduto ad uno dei tavoli insieme ad altri quattro ragazzi. Lo vidi incrociare il mio sguardo mentre si passava una mano tra i capelli.

«Ma davvero?», pensai.

Ci mancava solo il tipo in calore che voleva fare il fico, dopodiché stavamo a posto. Per giunta aveva gli occhi azzurri come William e gli stessi atteggiamenti: possibile che li incontravo tutti uguali? Belli sì, ma tutti uguali, che cavolo!

La mia esistenza (IN REVISIONE✍🏻🗒️) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora