9. Vera Veritas

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Incuriosita dalla conversazione di Stacy con mittente ignoto, de­cisi di seguirla per capire cosa aveva in mente

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Incuriosita dalla conversazione di Stacy con mittente ignoto, de­cisi di seguirla per capire cosa aveva in mente.  Non appena sentii la porta dell'ingresso emettere un cigolio sordo, seguito dal rapido tonfo di una serratura che sbatte, saltai giù dal letto, indossai le mie Convers bianche, presi il cellulare e uscii. Mi avvicinai all'ascensore ma era occupato, probabilmente da Stacy, così optai per le scale. Percorsi il corridoio rapidamente cercando di trovare la strada giusta. Non avevo mai preso le scale, quindi non avevo idea di dove fossero; l'unica cosa che sapevo era che erano nascoste da una porta in legno, identica a quelle delle varie stanze dell'hotel: più facile di così si muore, vero? Ma, del resto, io e la fortuna abbiamo sempre viaggiato su due linee parallele e, se avete fatto un po' di geometria, sapete come sono: parliamo di due rette che viaggiano all'infinito senza mai incontrarsi...

Davvero fantastico!

Provai con la prima porta ma era chiusa, così come la seconda. Fortunatamente riuscii a beccarla al terzo tentativo, lieta di essermi risparmiata la figura di merda di un tipo che usciva da una delle camere e diceva: «ma che cavolo fai!».

Corsi veloce come un fulmine mentre la mia mano scorreva rapida sul corrimano in legno di quercia, lucido delle rampe. Ogni singolo scalino era ricoperto da un doppio tappetto rosso in velluto, e le ringhiere erano in ferro battuto. Saltai rapida evitando l'ultimo gradino e, silenziosamente, sgattaiolai nella hall dell'hotel. Proprio in quel momento Stacy oltrepassò l'uscio in acciaio dell'ascensore. Mi nascosi più veloce che potevo dietro la parete sporgente, accanto alla porta delle scale. Pregai tutti i santi del paradiso che non mi avesse vista, col cuore che mi andava a milleuno. Ho sempre amato i film d'azione: sapete, quelli con i tipi che inseguono altri tipi senza farsi beccare. Ma io non ero di certo una persona che si dava alle emozioni forti, tipo Cary Grant in Intrigo Internazionale con un aeroplano che vuole farlo fuori: odiavo fare cose di questo genere, mi facevo prendere troppo dal panico. Dopo essermi assicurata che Stacy fosse uscita, regolarizzai il mio respiro come meglio potevo e, dopo vari ispira ed espira, attraversai la sala raggiungendo la porta girevole dell'ingresso.

Una volta fuori girai la testa a destra e sinistra, tipo Amico Gufo in Bambi quando spiega cosa significa essere Rincitrulluliti, e riuscii ad intravederla mentre camminava sul marciapiede di fronte all'albergo.

La seguii lesta cercando di non farmi vedere e, dopo qualche metro, si accomodò ad un tavolo fuori ad un bar. Continuai ad osservarla in silenzio scrutandola da dietro una siepe. Non so perché, ma una parte di me sapeva già chi stava per arrivare. Ma perché chiamarlo? Perché parlare con lui? Stacy non si fidava di me? Potevo avere anche una cotta iper-mega mastodontica, ma non mi sarei mai fatta trattare da stupida facendo la cosiddetta sottona di turno.

La mia esistenza (IN REVISIONE✍🏻🗒️) Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora