Dicembre

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La settimana passò lenta e pesante, come se il tempo stesso avesse deciso di farsi beffa di Peter. Ogni giorno che trascorreva lo lasciava più esausto, mentalmente e fisicamente, in un ciclo senza fine di studio, ansia e pensieri che non gli davano tregua.

Gli appunti di anatomia riempivano ogni superficie disponibile, mentre la sua mente vagava in luoghi che non avevano nulla a che fare con l'università. Quel cimitero, Wade, il loro incontro inaspettato... Tornava continuamente nella sua mente, come un'ombra che si rifiutava di sparire.

Il tavolo della cucina di Peter e Mark si era trasformato in un campo di battaglia: libri, quaderni pieni di appunti, evidenziatori sparsi ovunque, post-it colorati con formule e diagrammi. Ogni mattina, Peter si alzava presto, si preparava un caffè nero e si sedeva al tavolo, determinato a concentrarsi. Ma bastava poco perché la sua mente iniziasse a divagare, a tornare a quell'incontro surreale, a Wade.

La sua coscienza sembrava divisa in due: da un lato c'era l'inquietudine per l'imminente esame di anatomia, dall'altro una voce sussurrante e costante che gli ricordava Wade. Non sapeva spiegarsi perché pensava tanto a lui, cosa lo avesse colpito tanto. Forse era il senso di colpa, la consapevolezza di non aver fatto abbastanza. O forse era la paura che Wade stesse ancora soffrendo da qualche parte, e lui non poteva fare nulla.

Mark, dal canto suo, notava la tensione di Peter, ma la attribuiva unicamente allo stress per l'esame. "Hai bisogno di una pausa," gli diceva spesso, avvicinandosi a lui quando lo trovava chino sui libri. "Non puoi passare ogni minuto a studiare, finirai per bruciarti."

Peter sorrideva, grato per la preoccupazione di Mark, ma non riusciva a seguirne il consiglio. "Lo so, ma devo essere pronto," ripeteva, pur sapendo che lo studio non era l'unico pensiero che lo tormentava.

L'esame si avvicinava sempre di più e con esso cresceva l'ansia. Peter passava ore davanti ai libri, ma la sua concentrazione continuava a sfuggirgli. Le immagini di Wade tornavano a fargli visita nei momenti più inaspettati, come un fantasma che non poteva ignorare. Non aveva raccontato nulla a Mark, sapeva che sarebbe stato inutile. Come poteva spiegare a Mark che un ragazzo incontrato prima in un bar e poi in un cimitero, un estraneo in apparenza, gli stava creando una tale confusione? Non poteva. Non voleva che Mark si preoccupasse o, peggio, che pensasse a qualcosa di sbagliato.

Mark era il suo compagno, la sua roccia, e Peter non voleva ferirlo con questioni che neanche lui riusciva a comprendere del tutto. Così, si limitava a nascondere il proprio turbamento dietro un velo di ansia per l'esame, sperando che tutto si sarebbe risolto da solo.

Finalmente arrivò il giorno dell'esame. Era il primo venerdì di dicembre, freddo e umido, l'aria pungente che gli riempiva i polmoni mentre camminava verso l'università. Nonostante avesse passato l'ultima settimana a studiare, non si sentiva pronto. Il pensiero di Wade gli aveva rubato energie e concentrazione, e ora temeva che tutto quel tempo passato sui libri non fosse abbastanza. Entrò nell'aula gremita di studenti, ognuno immerso nel proprio stress. Peter si sedette, cercando di calmare i nervi con respiri profondi, ma sentiva il cuore battergli forte in petto.

L'esame cominciò, e dopo un primo attimo di panico, Peter si immerse nelle domande. Sembravano più semplici di quanto avesse temuto, e piano piano si accorse che forse tutto quello studio non era stato vano. Le risposte fluivano, precise e sicure, e per un momento, riuscì persino a dimenticare gli occhi color nocciola di Wade.

Uscì dall'aula con una strana sensazione di leggerezza, come se un peso enorme gli fosse stato tolto dalle spalle. Si era preparato per settimane, aveva sacrificato ore di sonno e di vita sociale, ma ora che tutto era finito, non si sentiva sollevato come avrebbe immaginato. La sua mente tornò subito all'incontro con Wade, a quell'aura di dolore che ancora non riusciva a scrollarsi di dosso.

***

Verso sera, Peter ricevette i risultati dell'esame: 30. Aveva ottenuto il massimo. Sapeva che avrebbe dovuto essere al settimo cielo, ma quel senso di vuoto continuava a persistere, quasi come se il voto perfetto non avesse alcun valore.

Quella sera, Peter era seduto sul divano con Mark. Il loro solito rituale di rilassamento post-esame prevedeva pizza, film e divano, ma Peter non riusciva a concentrarsi sul film che stavano guardando. Qualcosa dentro di lui lo spingeva a non restare lì, a non accontentarsi di una serata tranquilla.

Si alzò di colpo dal divano, sorprendendo Mark. "Che succede?" chiese il compagno, alzando lo sguardo.

"Non lo so," rispose Peter, passandosi una mano fra i capelli. "Non mi va di stare a casa stasera."

Mark lo guardò, confuso. "Hai studiato come un pazzo per giorni, hai appena fatto uno degli esami più difficili, e ora vuoi uscire?"

"Sì," disse Peter, quasi senza riflettere. "Non voglio passare un'altra sera a casa. Voglio uscire, distrarmi un po'. Andiamo a Le Bain."

Mark alzò un sopracciglio. Le Bain era uno dei locali più popolari della città, ma non era il tipo di posto in cui Peter voleva andare di solito, soprattutto dopo una settimana di stress. Eppure, c'era qualcosa nello sguardo del suo ragazzo, un'irrequietezza che Mark non aveva mai visto prima.

"Di nuovo? Sei sicuro? Non preferisci rilassarti qui, guardare un film e dimenticare tutta la pressione dell'esame?"

"No," rispose Peter con decisione, sorprendendo persino sé stesso. "Voglio uscire. Ho bisogno di aria, di vedere gente, di... sentirmi vivo."

Mark lo osservò per un momento, indeciso. Sapeva che Peter non prendeva spesso iniziative così spontanee, e la cosa lo incuriosiva. Alla fine, scrollò le spalle e gli sorrise. "Va bene, se vuoi uscire, usciamo. Chiamo Harry e MJ, ci faranno compagnia."

Peter annuì, grato per la comprensione di Mark, ma anche sollevato che il suo compagno non avesse fatto troppe domande. Harry e MJ sarebbero stati una buona distrazione, e forse quella serata in compagnia avrebbe allentato la tensione che sentiva crescere dentro di sé.

Alle otto in punto, Peter, Mark, Harry e MJ si ritrovarono davanti al locale. Le Bain era vibrante, la musica già si poteva sentire da fuori, e le luci colorate danzavano sul marciapiede umido di pioggia. Harry era il primo ad arrivare e accolse Peter con un grande sorriso.

"Finalmente ci fai uscire, Pete!" esclamò Harry, dandogli una pacca sulla spalla. "Non ci posso credere che sei tu a voler festeggiare."

Peter fece una smorfia, ma rise. "Sì, avevo bisogno di qualcosa di diverso stasera."

MJ lo abbracciò subito, entusiasta. "Era ora! Non puoi vivere solo di studio. E complimenti per l'esame, hai fatto un lavoro fantastico!"

Peter si limitò a sorridere, ma dentro di sé sapeva che quella serata non riguardava solo il festeggiare il suo successo accademico. C'era qualcosa di più, qualcosa di oscuro e irrisolto che non riusciva a spiegare neanche a sé stesso. Mentre entrava nel locale con i suoi amici, si ritrovò a guardarsi intorno, come se stesse cercando qualcuno. Ma chi? Wade? Era davvero quello il motivo per cui si trovava lì?

Le luci, la musica e l'atmosfera coinvolgente di Le Bain riempivano ogni angolo della stanza. Mentre si muoveva tra la folla, sentiva una tensione crescere dentro di sé, come se da un momento all'altro qualcosa di inaspettato sarebbe accaduto. Non era sicuro di cosa stesse cercando, ma sapeva che la serata era appena iniziata, e la sensazione che lo accompagnava non se ne sarebbe andata tanto facilmente.

// sono a scuola? si
wade e peter sono più importanti? assolutamente

Fleeting Shadows // SpideypoolDove le storie prendono vita. Scoprilo ora