CAPITOLO 8

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Abbasso le spalle e il viso. Cerco di farmi più piccola possibile. Non ho intenzione di farmi vedere da quel donnaiolo.

E poi ha una moglie, non dovrebbe permettersi di toccarmi. "Giò andiamo in quel tavolo infondo al locale." Le sussurro all'orecchio per non farmi sentire.

"Noi ci metteremo dove vuole il personale." Mi contraddice lei. Sbuffo infastidita dalla sua indifferenza, vorrei vedere cosa farebbe lei! Cavolo! Non può permettersi di trattarmi così.

Andiamo verso il bancone dove si trova un uomo in giacca e cravata nere, che ci accoglie con estrema gentilezza.

"Buonasera signorine, volevate un tavolo, avete la prenotazione?"
"No, veramente pensavamo di prenderlo adesso."
"Non ci sono molti posti disponibili, scegliete quel che volete, prego." "Giò andiamo là per favore, farò tutto ciò che vuoi."

Lei non sembra neppure ascoltarmi, evidentemente vuole farmi soffrire le pene dell'inferno. Su sua scelta ci sediamo nell'area più vicina al gruppo di giocatori a cena.

Siamo praticamente attaccate a loro. Vi saranno al massimo due metri di distanza. Concedo un veloce sguardo al gruppetto che sta parlando a bassa voce, all'improvviso Neymar si gira nella nostra direzione e io ritiro la testa come se fossi una lumaca.

Mi sento accaldata, sono sicuramente arrossita. Sento una mano sulla spalla posarsi con delicatezza.

È calda e familiare, i muscoli si fanno tesi, le mie ginocchia tremano nonostante io sia seduta. Tutto comincia a roteare su sé stesso.

È la mano del mio idolo! Questo è poco ma sicuro. Scruto da testa a piedi Giò che mi sta segnalando con gli occhi la sua presenza dietro di me.

Per non dimostrare la timidezza mi giro di scatto e lo saluto tutta pimpante. "Pure tu qui! Ciao." Agito la mano in aria. "Ciao...Jen giusto?" "Sì, bravo." Gli rivolgo un falso sorrisetto.

Sembra leggermente fuori luogo anche lui, forse si è reso conto della cavolata che ha fatto. "Tu come ti chiamavi?" Chiede lui perplesso.
"Io sono Giò, di nuovo piacere."
E gli porge la mano.

"Volevo salutarvi ragazze, alla prossima partita!" Finisce così la nostra conversazione. Lui se ne torna al suo posto, rivolgendoci un'ultima occhiata.

Perché sono a disagio? Perché? "Che ne dici di ordinare?" Chiede Gioia. Non ho più fame, tutta questa angoscia mi ha chiuso lo stomaco.

"Non ho fame." Rispondo fredda. "Allora ordino solo per me, fa lo stesso." Vedo che gliene frega molto di me, non si è nemmeno accorta che ho uno strano comportamento. 
Che amica che ho. Quando finalmente esco da questo posto fin troppo popolato da gente conosciuta, mi sento libera. Leggera come una piuma.

"Torniamo all'hotel?" Domando ansiosa. "Tu pensi che io ora non voglia visitare un locale della città e fare after?" Dice ovvia.

"Io ti aspetto, non fare troppo tardi!" Prima che possa ribattere corro verso l'ingresso a pochi metri da qua.

Mi fiondo dentro e prenoto l'ascensore che scende quasi subito.
Arrivata al piano giusto mi incammino nel corridoio per trovare la stanza, entro e accendo la luce. Che bello, finalmente a casa.

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