CAPITOLO 5

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Dopo tantissime ore di viaggio di cui non ho tenuto il conto, sento un rumore. Mi sveglio di soprassalto dalla mia lunga dormita. Sono appoggiata su un fianco con la testa girata verso il paesaggio.

Provo ad aprire gli occhi ma la luce é troppo forte, devono ancora adattarsi. Decido di girare il capo verso la mia vicina e noto che sta dormendo beatamente.

Non si sveglierebbe neanche se cadesse una bomba. Si vede che è sfinita, sicuramente è da poco che dorme. Mi incanto a guardarla, sonnacchia come un angioletto, sulla mia bocca spunta un sorriso compiaciuto.

Mi fa tenerezza vederla così. È davvero carina e dolce. "Giò siamo arrivate." cerco di svegliarla cautamente.
Provo a strattonarla un po' per le spalle ancora niente.

Comincio ad andare in panico, e se fosse morta? No ma che cazzo di film mi faccio! Dopo qualche minuto inizia a dare qualche segno di vita. "Mmm dove siamo...Jen, Jen vieni qui", sta sognando, che amore.

Le rispondo anche se so che non servirà a molto. "Sono qui Giò." Prende a divincolarsi di qua e di là. A questo punto opto per il piano B, la sveglio.

Ormai i passeggeri si stanno avviando fuori dal veicolo e noi invece siamo ancora qua che 'ciondoliamo'. "Tata svegliati!" Le do un pugno delicato sulla spalla. "Sì, ci sono cretina", oh questa volta sono sicura che é viva.
La lascio stirarsi lentamente. "Dai non abbiamo tutto il giorno! Tirati su", dico con un tono stranamente autoritario. Apre gli occhi leggermente e prova a trascinarsi in piedi. Vedo che barcolla ma poi riprende la stabilità. "Okay sono pronta", mi avverte.

Camminiamo lungo il corridoio fino ad arrivare alla porticina che ci conduce all'esterno. Scendiamo la famosa scaletta e rivolgiamo uno sguardo al panorama intorno. Con un sorriso abnorme dirigo la testa in alto, il sole è coperto dalle nuvole ma la sua luce accecante penetra attraverso.
La massa di persone che era con noi durante il viaggio si è già dileguata ognuna per la propria via. Impaurita guardo il cellulare che dovrebbe essere dentro la borsa a tracolla. Riesco a trovarlo tra le mille cianfrusaglie che vi sono dentro. Le 16:00, merda. Tra una manciata di ore inizierà la prima partita.

Anche se abbiamo già il biglietto, e quindi anche il posto prenotato vorrei entrare con tranquillità. Senza che un branco di tifosi agguerriti ci si fiondi contro.

"Jen forse dovremo partire mezz'ora prima dell'orario descritto qua sul ticket." "Stavo pensando anche io a questo, non voglio rischiare di andare all'ospedale." Per una volta nella vita abbiamo la stessa opinione. Di solito dobbiamo scendere a compromessi per non litigare.

Comunque sia la mia Giò rimane l'amica più bella del mondo. A un certo punto comincia a brontolarmi il pancino. Ho una fame tremenda non avendo mangiato niente per paura di rimettere.

"Gioia io ho un certo languorino, che ne dici se..." non mi fa finire la frase che parla subito lei.
"Sì, ho già capito, cerchiamo l'hotel e andiamo a...no mi sono dimenticata che questo non è né l'orario di cena né di pranzo."

"Andiamo in un bar okay?" Intervengo io. "Oh certo", esordisce lei sorridendo. Da lontano intravedo una macchina, guardo sopra il cofano e vedo la scritta 'TAXI', subito agito una mano davanti a me.

L'auto si ferma e tira giù il finestrino. "Abbiamo bisogno di un passaggio." "Entrate." Ci accomodiamo sui sedili di pelle nera posteriori.

"Indirizzo?" Chiede lui.
"Hotel Emiliano a Sao Paulo."
L'uomo spinge sull'accelleratore e si avvia nella direzione indicata. Avrà avuto una trentina d'anni al massimo.

"Siamo arrivati, signorine." mentre scendiamo ci allunga la mano chiedendo i soldi. Prendo dal portafoglio le banconote e gliele porgo. La metà me la darà Giò dopo.

Ci incamminiamo verso l'ingresso. È una porta enorme adornata di elementi tipici. Abbiamo scelto un hotel a cinque stelle giusto per essere più vicine allo stadio possibile.

Il fatto di non avere l'auto ci creerà qualche disagio, soprattutto economico. Anche perché i taxisti sono molto cari e anche per un piccolo tratto di strada ti fanno pagare un patrimonio, cazzo.

"Oddio Jen è bellissimo." "L'ho scelto io, certo che lo è", dico alzando il mento compiaciuta. "Entriamo" parla lei.

Ci presentiamo davanti alla reception porgendo i nostri documenti alla donna dalla folta chioma di capelli ricci e bruni. Ci da le chiavi della stanza 206 al terzo piano.

Siamo in hotel di lusso, spero abbiano almeno l'ascensore. "Giò che dici se andiamo in ascensore?" "Ci mancherebbe altro, sono stanca morta", mugugna facendo la finta morta.

Abbiamo deciso di entrare in camera solo per vederla, curiosare un po' e soprattutto metterci dei vestiti decenti e sistemare gli altri.

Apriamo la porta con l'apertura magnetica. È tutto così sofisticato. "È fighissima questa stanza Jenette!" "Se è fighissima questa figurati quelle con i supplementi!"

In effetti anche io ero sorpresa dalla bellezza di questo posto. È illuminata, spaziosa. Ha due porte finestre che portano al balcone da cui filtra la luce del sole.

Vi è un letto matrimoniale con un lenzuolo bianco panna. Va tutto così straordinariamente per il verso giusto. "Tata forse è ora di cena, o almeno penso, abbiamo passato così tanto tempo ad adorare questa stanza..." concludo.

"Oh sì giusto, sono le 19:00! Abbiamo solo poche ore per prepararci alla partita!" Scendiamo di corsa correndo per le scale dato che l'ascensore è colmo di gente e aspettare costerebbe troppo tempo.

Arrivamo in sala con un atteggiamento più composto per non sembrare scortesi e raggiungiamo il nostro tavolo.  "Numero 40", dico ad alta voce. Arriva un cameriere vestito di nero con tanto di cravatta.

"Signorine, è la vostra prima sera qui, oggi ordinerete alla carta, i prossimi giorni si decide prima. A fine serata scegliete qua su questo foglietto i pasti del giorno dopo", ci rivolge un occhiata veloce e se ne va.

Pochi minuti dopo arriva un altro ragazzo del personale con un taccuino e una penna.
"Cosa posso servirvi?" "Il piatto della casa?" Dico con un po' in imbarazzo. "Pennette con aragosta." "Allora due piatti, grazie." "Grazie a voi." e si dirige in cucina.

"Mio dio Giò non avevamo guardato il menù." "Sì, ci siamo trovate in una brutta situazione." Dopo neanche mezz'ora, e devo dare atto che sono velocissimi con così tanta gente, arrivano le nostre ordinazioni.

Vengono posati davanti ai nostri volti due piatti colmi di pennette al punto giusto, con dei pezzettini di crostaceo. Mmm sembrano squisite.

"Pancia mia fatti capanna!" Urlo. "Jen, cazzo urli?" sussurra la mia amica. Ci affrettiamo a mangiare, appena finito passa di qui una ragazza giovane abbastanza bassa e snella.

"Abbiamo finito, possiamo ordinare il secondo?" "Oh certo ditemi." "Per me un insalatona", esordisco fiera della mia risposta questa volta decisa. "Per me anche", parla Giò.

"Evvai tata questa volta ci siamo preparate!" E mi punta davanti al naso la mano a pugno, rispondo al suo gesto con un pugno contro pugno. Forse non dovremo comportarci così in un hotel di lusso come questo, ma noi siamo ragazze giovani ed estroverse quindi possiamo!

"Jen questa sera secondo piatto e dessert tutto al naturale eh." "Certo, io dopo prendo una macedonia." Una volta divorato il misto di verdure ci si presenta davanti la stessa donna di prima.

"Dessert?" Ci chiede prendendo in mano i piatti vuoti. "Due macedonie", dice Giò.

Be mine ≫ n.j.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora