CAPITOLO 23

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I brasiliani sono nettamente in vantaggio, al 7' Thiago Silva battezza la porta avversaria.

Lo stadio esulta con un boato. Non c'è dubbio, la partita é in mano ai giocatori di casa.

Il primo tempo si conclude con 1-0 per il Brasile. Dopo l'intervallo l'arbitro fischia l'inizio del secondo tempo, al 23' segna David Luiz.

I tifosi colombiani sono scoraggiati, lo stadio tace. Al 35' James Rodriguez fa gol, paura per la squadra locale.

Siamo 2-1 per il Brasile. Gioia, intanto, è vicino a me che si rosicchia le unghie per il nervosismo.

Io sono invece in piedi per capire meglio cosa succede in campo. A tratti vi sono momenti tesi tra i giocatori, ma l'arbitro lascia correre.

A un certo punto, il 43' del secondo tempo, vedo il numero 10, ovvero Neymar prendere il volo come un falco.

"Ora fa gol", dico tra me e me. Invece come un volatile colpito dal proiettile del cacciatore, viene sbattuto per terra dalla ginocchiata di Zuniga.

Aspetto invano che si rialzi, nulla. Tra i tifosi si udisce un brusio. Stringo le palpebre per tentare di mettere a fuoco l'espressione di Neymar.

Vedo le lacrime solcargli il viso, si è fatto male, cazzo. Corro giù, fino alla barriera che separa i tifosi dal campo.

I medici accorrono numerosi, si forma come una capanna di persone attorno a lui. Riesco a scorgere il momento in cui lo caricano in barella.

Comincio a respirare affannosamente per l'agitazione e poco dopo sento le braccia di Gioia allacciate alla vita.

"Andrà tutto bene Jen", mi sussurra. Lo portano via, la paura si fa spazio in me. La partita continua comunque, il risultato del 2-1 rimane invariato fino a quando l'arbitro fischia la fine.

Appena si aprono le uscite, prendo Giò per mano e mi dirigo svelta alle porte.

            ***

"Jenette, non possiamo fare nulla, ora ti tranquillizzi e con un taxi andiamo all'ospedale", mi dice la mia amica.

Aveva detto che avrebbe fatto gol, io già sognavo la scena. Lui che esulta e viene da me. Invece è successo il peggio del peggio, mi ripeto.

Quando riusciamo a fermare un taxi subito do la destinazione. "Ospedale di Fortaleza, faccia in fretta se è possibile", esclamo all'autista che mi squadra con una faccia stupita.

Sembrerò pure pazza a voler andare in ospedale in taxi, il problema è che non ci sono altri mezzi di trasporto disponibili. Arrivati davanti alle porte di vetro scorrevoli trascino Gioia dentro, è un peso morto.

Mi dirigo alla reception dove chiedo dove sta Neymar. All'inizio l'infermiera sembra sospettosa nei miei confronti, ma alla fine mi dice la camera.

"Stanza 24, secondo piano." Prendiamo l'ascensore che ci porta al secondo piano e davanti alla stanza trovo un dottore che sembra sorpreso come l'infermiera di prima.

"Posso vederlo?" gli chiedo impaziente. "Scusi, ma lei chi è?" ribatte lui. "La sua ragazza..." dico quasi sussurrando e imbarazzata.

A questo punto l'uomo di mezza età si arrende e mi fa entrare. La stanza profuma di pulito, ha i muri bianchi e gli angoli ammuffiti, una semplice camera di ospedale.

Neymar è sul letto, dorme, la sua espressione è dolorante. Mi avvicino a lui e appoggio la mano sulla sua fronte, è sudato.

Mi siedo sul bordo stando attenta a non spostarlo neanche di un millimetro. Gli do un bacio, un altro, e poi un altro ancora.

Apre gli occhi, dubito che mi riconoscerà subito. Sorride, e sorrido anche io. "Come va?" gli bisbiglio. "Male, vieni qua Jen", mi risponde.

Vorrei capire dove si è fatto male ma sicuramente non lo sa neanche lui in modo preciso. Abbasso la testa, in modo che mi possa raggiungere.

Affonda le labbra sopra le mie, è un bacio lento ma passionale. Dopo poco chiede il permesso premendo con la lingua, io glielo do e comincio a scaldarmi.

Sono contenta di averlo qua, vivo e vegeto. Mi basta solo che parli con me, l'importante è avercelo vicino.

Con la coda dell'occhio noto che Gioia non è più in stanza con me, forse è uscita per lasciarci un attimo di intimità.

Viene a interromperci, però, il dottore di prima. Si schiarisce la voce per farci notare che è entrato.

Ci stacchiamo, Neymar è evidentemente scocciato di quest'interruzione. "Signor Da Silva?" "Sono io", risponde Neymar. "Lei ha una frattura alla terza vertebra lombare, non potrà tornare in campo per circa 5 settimane."
Ecco la sentenza, cazzo. Sarà distrutto. "Riuscirà ad alzarsi ancora, dottore?" "Sì, servirà la riabilitazione ma riprenderà tutte le sue funzioni", mi rassicura il dottore.

Ciò che importa è che non rimanga paralizzato, ha avuto fortuna.

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