CAPITOLO 18

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Appena torno nella stanza dell'albergo mi accorgo subito dell'assenza di Giò.

Una notte e un giorno, sembrano un'eternità. Eppure sono ben poche ore, ma stare senza l'amica con cui hai vissuto per anni non è poi così facile.

So che questo distacco temporaneo ci farà bene, lei tornerà meno acida e io be'...lasciamo stare.

Sono tentata di chiamarla, forse però non è la scelta giusta, non dobbiamo sentirci, è deciso.

Improvvisamente mi vengono le lacrime agli occhi, stare da sola come un cane non mi farà sicuramente bene.

E se chiamo il mio principe azzurro? Questa volta però sarà lui a venire da me, non spenderò un occhio della testa per fare sì e no un chilometro di strada.

Dopo un paio di minuti mi ritrovo con il cellulare all'orecchio. "Puoi venire qui?" Lo supplico. "Che succede Jen? Perché piangi?", domanda preoccupato.

"Vieni e basta." Ordino decisa. Ho solo bisogno di qualcuno che mi stia vicino, ma concretamente, non solo attraverso uno stupido aggeggio elettronico.

Un quarto d'ora e già sento bussare alla mia porta. Calcolando che in queste strade c'è un traffico assurdo, deve aver superato il limite di velocità.

"Allora? Vieni qua piccola, ora ci guardiamo un film e poi mi racconti tutto okay?" Amo quando mi chiama così, letteralmente.

Non ho avuto un'adolescenza rose e fiori, sono stata vittima di bullismo alle medie, mi hanno portato da uno psicologo, che ha fatto ciò che ha fatto, poi ne sono venuta fuori incontrando Luke.

Non tutti hanno una vita perfetta. Bisogna accettare le persone così come sono, non tutti possono permettersi l'ultimo modello di scarpe oppure il cellulare super tecnologico.

Questo l'ho capito forse troppo tardi, quando ero più giovane pensavo solo alle cose materiali, ad avere quel vestito firmato e la borsetta più chic.

Poi mi resi conto che tutto ciò non serve a niente, così arrivai alla persona che sono oggi. Una semplice ragazza che si gode i piccoli piaceri della vita.

"Hai il computer?" Chiede. "Certo, è lì nel cassetto." Prende fuori il mio pc e dopo averlo acceso va diretto su Netflix.

"Cosa vuoi guardare? Romantico, horror o drammatico?" Dice sorridendo, quanto amo quel sorriso.

"Facciamo horror", accenno un po' più sollevata. "È vera la storia che voi ragazze scegliete i film horror solo per abbracciarci nei momenti di paura?" "Forse sì o forse no", rispondo in tono malizioso.

Cazzo se è vera questa cosa. Io ho scelto il genere horror solo per avere una scusa per stare tra le sue braccia.

Opta per Shining, ormai l'avrò visto una decina di volte, non nego che sia un capolavoro, certo, però non mi ha fatto granché paura. Ma voglio stare zitta, altrimenti scoprirebbe il mio piano.

Alla prima scena di terrore mi accoccolo al suo braccio sinistro. Noto con la coda dell'occhio che sta ridacchiando sotto ai baffi, che bastardo.

Comincia ad accarezzarmi la schiena, cavolo adoro i suoi massaggi. Poi si sposta più in giù, fino ad arrivare alle natiche.

Con fare scherzoso gli do una botta sulla mano, lui la ritrae immediatamente. Afferra la mia e se la porta sull'addome, facendomi sentire i muscoli.

Ma chi è questo? L'uomo più sportivo del mondo? Infine si abbassa sempre più in basso, ho capito a che gioco vuole giocare.

Questa volta non ritraggo la mano né lo schiaffeggio. Con l'arto che mi è rimasto prendo l'altra sua mano e la appoggio sul bassoventre.

Gli scappa una risatina. E mentre lui con la mia mano è arrivato sulla sua intimità, io con la sua sono arrivata sulla mia.

Vediamo che fa ora, sono proprio curiosa. "Mmm", lo sento gemere. E proprio mentre sta per raggiungere il culmine, riprendo possesso della mia mano.

Scoppio in una sonora risata. Lui invece rimane impietrito a guardarmi, ma poi si aggiunge anche lui.

Continuiamo a guardare il nostro film che è ormai giunto alla fine, e mentre scorrono i titoli di coda lui comincia a parlare.

"Ora puoi dirmi che hai fatto?" "Ecco vedi, ti ricordi quando Giò mi ha scoperto, ha deciso di passare la notte e tutto domani in un altro hotel", termino seria.

"Jen mi dispiace, so che é stata tutta colpa mia, e..." "no zitto, non è colpa tua." Gli poso il dito sulla bocca per zittirlo.

"Fammi sentire in compagnia e basta, okay?" "Ti voglio bene, acidona mia", finisce la conversazione con un abbraccio di quelli che ti rallegrano la giornata, quelli che ti ricordano che in questo mondo enorme esisti anche tu.

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