10. Scadenze

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Ray

La giornata lavorativa è andata piuttosto male per essere la prima: alla fine non sono stato preso come criminologo, perché devo "gareggiare" con una donna estremamente maleducata e viziata. Perché tutte a me?
Entro a casa, tolgo il cappotto, ed inizio a preparare il brodo per me e mia madre. Ormai non riesce più a mangiare cibo solido, la stanca persino masticare.
Busso due volte, finché non sento la voce rauca di mia madre che mi dà il permesso di entrare.
"Hey amore, come è andata a lavoro?" si interessa immediatamente, accogliendomi con un sorriso familiare.
"Così così mamma. Diciamo che non sono ancora un criminologo vero e proprio. Mi stanno sottoponendo ad un periodo di prova." spiego amareggiato. Anni e anni di sacrificio per poi rischiare di essere cacciato da quella smorfiosa saccente.
"Bene, sono sicura che ci riuscirai. Conosco la tua determinazione." allunga lentamente un braccio, con l'intento di accarezzarmi il viso. Afferro la sua mano, e delicatamente l'avvicino alla mia faccia per agevolarla.
"Ho preso da te mamma." rispondo, ricambiando le sue dolci parole. D'altronde, la mela non cade mai lontano dall'albero.
"Sei un ruffiano Ray, il solito, furbo, ruffiano." afferma, strappandomi uno sbuffo divertito.
"Hai fame? Ho preparato il brodo."
"Si tesoro, grazie." stringo leggermente il suo busto e la alzo per farla sedere sul letto, così da riuscire a imboccarla e farla mangiare. Un tempo, era lei ad imboccarmi quando ero bambino, ma ora si sono invertiti i ruoli. Sono io ad accudire mia madre.

Daphne

Parcheggio l'auto, dirigendomi verso il salone, dove trovo mia zia, con due valigie accanto a lei.
"Zia? Cosa vuol dire?" domando impanicata, avvicinandomi a lei. Forse, sotto sotto, intuivo già il motivo che si nascondeva dietro quella scelta, ma una parte di me continuava a sperare che fosse solo un brutto sogno.
"Mi dispiace tesoro... Mi hanno contattato. È ora che tu vada." risponde, cercando di rimanere impassibile dinnanzi i miei occhi lucidi.
"No, no ti prego. Per favore, no." la supplico.
"Tesoro, non puoi stare più qui. Devi partire, questa casa non è nostra. Se scoprisse che ti ho tenuta qui di nascosto, sai che ci farebbe del male." Le lacrime rigano il mio viso, mentre le parole da dire iniziano a mancare. Non posso crederci, vince ogni volta. Trova sempre l'opportunità per ferirmi.
"Quanto tempo mi resta?" mi informo per contare quanti giorni io abbia prima di scappare.
"Due settimane... Dopodiché il tempo sarà scaduto." la sofferenza mi schiaccia, facendomi cadere a terra. Le braccia mi tremano, le gambe pure. Ad ogni respiro, i miei polmoni pretendono più ossigeno, più aria, più vita, ma io non sono capace a soddisfare la loro richiesta. Mi sembra di strozzare.
"No, no, adesso no... Tesoro, respira con me, per favore." il panico mi sta pugnalando un'altra volta, cogliendomi impreparata. E tutto questo è solo a causa sua.

Quattordici anni fa...

Il mostro cammina attorno al tavolo, mettendomi pressione.
"Daphne, per caso sei la prima della classe?" mi interroga con il mento alzato, senza nemmeno guardarmi negli occhi.
"No."
"Come immaginavo. Sei arrivata prima alla maratona?" continua a domandarmi, fingendo interesse per la mia vita, quando in realtà, sta solo cercando il punto debole con cui uccidermi.
"No." una lacrima stava per scappare dal mio occhio, ma per fortuna sono riuscita ad asciugarla in tempo. Il mostro ama vedermi debole. Non voglio dargli questa soddisfazione.
"Sai, Daphne, che se non hai una media alta non puoi entrare all'università?" mi ricorda con sguardo soddisfatto.
"Si. Lo so." affermo, cercando di sradicare qualsiasi emozione.
"E tu hai una media alta?"
"No." odio mostrare al mostro le mie sconfitte, ma ormai si ciba solo di queste.
Finisce di girare attorno al tavolo, e si posiziona davanti a me, torreggiandomi e scrutandomi con i suoi occhi maligni.
"Tu non farai assolutamente nulla Daphne. Sei solo un piccolo sgorbio che occupa spazio in questo mondo."
"Non è vero! Smettila!" urlo. Stringendo il mio viso tra le mani per frenare i tremolii. Il mostro non deve averla vinta.
"Diventerai probabilmente una senza tetto. Questa casa crollerà con te." il battito accelera, il respiro è incontrollabile, sembra più veloce del necessario. Mi sembra di non poter assorbire l'ossigeno.
"Guardati, ti ho solo detto la verità Daphne, e reagisci in questo modo patetico. Potrai avere mille attacchi di panico, ma nulla ti cambierà. Sarai sempre inutile se non mi darai ascolto."
"Sei un mostro!" cerco di sputarle tutta la mia rabbia, ma
nulla sembra scalfire la sua anima. Il panico mi abbraccia, avvolgendo il mio cuore nel buio. Tremo così tanto da far vibrare la sedia.
Il mostro ride. Mi ride in faccia, ed infine, scappa nel suo rifugio, lasciandomi sola con le paure di una vita intera e le incertezze di un futuro che non so se vedrò.

Oggi...

Mia zia mi trasporta lentamente verso il divano, facendomi sedere e dandomi un bicchiere d'acqua, così da potermi dare le pillole per l'ansia.
Butto giù le pastiglie, sperando vada meglio.
"So che sarà molto dura per te... Ma sai anche tu che trattenerti qui è pericoloso." mi consola, anche se in questo momento le mie orecchie non percepiscono nient'altro che il suono delle parole di quel demone accompagnate dalle mie urla bambinesche.
"Hai ancora due settimane, ok? Ti aiuterò a spostare le tue cose."
"Va bene zia..." donna maledetta.

Il Riflesso Di Una BugiardaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora