Spensi la macchina davanti a casa. Vedevo la luce accesa del soggiorno. Non volevo che i miei genitori dubitassero che fosse andata male, mi avrebbero fatto un sacco di domande a cui non volevo rispondere.
Presi coraggio e mi incamminai nel vialetto. Ero così arrabbiata e delusa che non avevo fame.
-amore- mi chiamò mia madre -già a casa? Tutto apposto?- sentivo la preoccupazione nella sua voce. Certe volte era come se potesse leggermi dentro.
-si- risposi in fretta.
-sicura?- chiese mio padre.
Avevano già capito che qualcosa non andava così inventai una scusa. -Jordan aveva mal di stomaco così sono tornata a casa.
Prima che potessero parlare ancora aggiunsi –vado a salutare la nonna- e salii su per le scale.
Nonna Silvana era nella porta affianco alla mia. Ascoltava vecchia musica italiana tutto il giorno, alcune volte cantava. Mi dava fastidio, ma cercavo di non farglielo notare. Ogni tanto mi sedevo accanto a lei e mi raccontava storie sulla sua vita.
Bussai prima di entrare. -vieni –rispose una voce roca e chiara.
Sedeva sul letto con il lenzuolo che le copriva le gambe.
Sapeva di essere vicina alla fine, ma il suo spirito era rimasto inalterato. Indossava ancora la sua collana di perle e un sorriso stampato in faccia.
-ciao- le dissi prima di sedermi sul letto accanto a lei.
-che è successo? Non dovevi andare a divertirti con il tuo ragazzo? - mi lanciò un'occhiata studiandomi.
Annuii –certe volte è uno stronzo-
-non si dicono le parolacce- disse voltandosi verso il televisore –mollalo
-anche le ragazze dicono la stessa cosa.
-devi ascoltare le tue amiche, spesso sui ragazzi ci vedono meglio di te.
-anche le tue amiche avevano da ridire su nonno Jo?
-no- affermò sorridente –loro volevano rubarlo- notai una punta di malizia nella sua voce, quando aggiunse –ma aveva occhi solo per me.
-ti manca tanto?
Sospirò -ogni giorno di più- affermò sconfitta-
-siamo stati insieme per tutta la vita. Ho sempre e solo amato lui. È stato il mio primo bacio, la mia prima volta e tutta la mia vita. Mi conforta il pensiero che lo vedrò tra poco.
-nonna- la ripresi –non voglio parlare di queste cose
-è la verità dei fatti, piccolina, io me ne andrò tra un po'-mi accarezzò la guancia mentre facevo di tutto per trattenere le lacrime.
-non voglio che tu te ne vada, devi lottare –affermai –c'è ancora tempo
-no, piccolina non c'è più tempo- ora anche i suoi occhi sono lucidi- devi essere pronta. -no- dissi lasciando andare la prima lacrima.
-non posso andarmene però se non ti dicò una cosa, mi tormenta da tanto e non spetta a me dirtela, ma sento che è giusto che tu la sappia- il suo volto mi trasmetteva paura e dolore. Avevo quasi voglia di dirle di no. Che per quella sera avevo avuto il massimo di emozioni che una persona può sopportare.
-dimmi- mi spostai un po' per guardarla in volto, mentre cercavo di fermare le lacrime.
Sospirò. Come se da questo dipendesse la sua intera via.
-tua madre rimase incinta ad ottobre, era felicissima all'idea di avere un bambino. I tuoi genitori non sono mai stati così uniti come in quel periodo. Ma tua madre sapeva che c'era qualcosa di strano- raccontò sistemandomi i capelli –il bambino non si muoveva mai.
-mamma ha avuto un altro bambino prima di me?
-si, ma non è questo il punto.
Le sue parole mi stupirono. Mia madre non l'aveva mai accennato. Tuttavia c'era un periodo prima del mio compleanno in cui lei era particolarmente triste. Avevo sempre attribuito la faccenda al fatto che le mettesse tristezza il fatto che stessi crescendo.
Le feci cenno con la testa di continuare.
-quando andarono in ospedale, al nono mese, scoprirono che il loro bambino era nato morto e che tua madre aveva contratto una brutta infezione che le avrebbe impedito di avere altri figli. Si chiamava Michelle.
-nonna- la fermai- questo non ha senso- non volendo realizzare dove volesse andare a parare.
-restarono in ospedale per un mese. Ma lì incontrarono una donna, che era nella stessa stanza con tua madre, anche lei era in pericolo e dovettero far nascere il bambino due settimane prima. Tuttavia quella donna non era pronta e tua madre invece sì. Si concluse tutto molto velocemente.
-nonna- le dissi, ma lei non si fermò-
-così i tuoi genitori, tornarono a casa con un bambino. O meglio, una bambina.
-mi stai dicendo che...
-tu eri quella bambina Carrie, sei stata adottata.
La testa iniziò a vorticare. Mi alzai da letto della nonna. Ignorai lei che continuava a chiamami e corsi nella mia stanza. Non capivo niente, era una storia totalmente assurda. Perchè avrei dovuto crederle? Solo perchè era mia nonna?
Per quanto ne sapevo il cancro aveva potuto raggiungere il cervello. Era malata e stava delirando, doveva essere per forza così.
Soffocai i singhiozzi nel cuscino, cercando di non farmi udire dai miei genitori.
Però pensai che mia madre portava sempre con se una collana. Un piccolo medaglione. Non avevo visto mai le foto all'interno. Ma sopra c'erano in corsivo una M e una C. Avevo sempre dato per scontato che quella M stesse per Malcom, il secondo nome di mio padre. Anche se nessuno lo chiamava così.
Non avevo il coraggio di affrontare i miei genitori. O quelli che credevo essere i miei genitori. Cosa dovevo dirgli? Come dovevo comportarmi? Come avrei fatto a far finta che tutto il mio mondo non fosse stato stravolto?
Mi misi nel letto e aspettai.
Passai la notte a guardare il soffitto.
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Illicit Affairs
RomanceCarrie White è una ragazza solare, bella e costantemente indecisa. Ha appena finito il liceo e non sa cosa fare nella sua vita. Vede le sue amiche andare avanti, avere successo e le sembra di rimanere sempre indietro. Si ritroverà ad affrontare mol...