Capitolo 12

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Erano passati tre giorni da quando avevo parlato con le ragazze.

Avevamo stabilito un piano di attacco. Mi alzai come tutti i giorni abbastanza presto. Non avevo il turno di mattina, ma come sempre scesi per fare colazione la mattina presto. Solo che sta volta non ero sola.

I miei genitori erano seduti di fronte a me. Giacevano sulla sedia con le braccia incrociate e gli abiti di casa – dovreste essere a lavoro- fu la prima cosa che dissi.

Le loro espressioni però erano indecifrabili. Sapevo che volevano parlare, ma a me non andava. Soffrivo per quella situazione, ma nessun momento sembrava quello giusto, era sempre troppo presto. Sapevo anche che dopo quella conversazione sarei stata indotta a perdonarli e forse non ero ancora pronta.

-dobbiamo parlare – sbottò mia madre. Sentii quella presa allo stomaco, tipica di ogni volta che mi sgridava. Ma mi feci coraggio. Ero un adulta, potevo affrontarla.

-in questo momento non posso- affermai -devo andare a lavorare- così presi del pane e della nutella pronta a portali sopra.

-no- affermò -abbiamo chiamati Greg e gli abbiamo detto che sei malata. Dobbiamo parlare.

Quelle parole scatenarono sentimenti contrastanti. Strinsi le mani istintivamente. Mi trattenni dai gridare con lei. Sapevo che non avrebbe portato a niente.

-cosa avete fatto?- feci finta di non capire.

-non andrai a lavoro oggi- mormorò calmo mio padre.

-non potete impedirmi di andare a lavoro, ho diciannove anni.

-vivi ancora sotto questo tetto, perciò... casa mia regole mie.

-papà puoi dirgli qualcosa- implorai -non è normale... tu eri d'accordo?

-Carrie- iniziò -tu ci eviti da due settimane e mezzo, ti abbiamo lasciato tempo per pensare e sbollire la rabbia, ma non riuscivamo mai beccarti. Abbiamo dovuto agire così perché non ci hai lasciato altra scelta.

Ero scioccata -è assurdo- affermai sbattendo le cose sul tavolo.

Mia madre non si risparmio di lanciarmi uno sguardo di rimprovero. Odiava quando lo facevo.

-possiamo parlare da adulti? Non ho 5 anni, non mi potete impedire di fare le cose.

-ti sei comportata come una bambina- ribatte mia madre -perciò non parliamo di chi è infantile qui

-infantile – ripresi -voi mi avete mentito per 19 anni- sbottai.

Guardai le loro espressioni cambiare. Aggrottarono entrambi le sopracciglia e persero almeno una tonalità della pelle.

Era stato come sollevare il vaso di Pandora, ma non si scomposero più di tanto. Il loro sguardo vacillò e potei notare tutte le emozioni che li attraversavano. Era orribile, ma mi dava un senso di potere.

-è stata una decisione che abbiamo preso insieme- affermò mio padre.

- non ci credo- dissi di getto -l'ha presa la mamma e ti ha convinto.

Non ero sicura di quella teoria, ma era già capitato che succedesse una cosa del genere. Mio padre si fa trascinare.

-abbiamo ritenuto opportuno che questa fosse la scelta giusta- affermò mia madre -Abbiamo provato a dirtelo quando avevi 4 anni. Ma hai reagito male- spiegò

-non volevamo crearti altra sofferenza- affermò mio padre.

-ti posso chiedere come lo hai scoperto? -chiese imperterrita mia madre.

-me lo ha detto la nonna- confessai

Vidi lo sguardo di mia madre passare dall'indifferenza alla rabbia -sapevo che non dovevamo dirglielo- disse a mio padre.

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