Capitolo 8

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Erano passati cinque giorni dal funerale della nonna. Avevo passato tutto il tempo a dormire e a piangere. Ero stesa sul letto a godermi il silenzio della stanza. Sapevo che erano le otto, perchè mio padre era uscito per andare a lavoro.

Non avevo fame e nonostante i miei genitori, o meglio Loro, continuassero a pregarmi di mangiare. Avevo fatto fuori la mia scorta segreta di M&M. I pacchetti erano ancora sparsi per camera mia, non avevo le energie per raccoglierli.

Uscivo la notte o la mattina presto per andare in bagno. Dopo che si addormentavano o prima che si svegliassero.

Avevo il cellulare quasi scarico. Non che lo avessi toccato.

Avevo ricevuto un messaggio da Greg il proprietario della gelateria dove lavoravo. Mi chiedeva quando sarei tornata. Avrei voluto scrivere mai, ma due giorni fa, gli avevo detto che sarei tornata oggi.

Tutto in me mi diceva di rimandare, ma sapevo che era passato davvero troppo tempo. Mancavo a lavoro da più di una settimana, mi avrebbe potuto licenziare.

Avevo il turno pomeridiano. Questo presupponeva che avevo diverse ore per prepararmi.

Avrei dovuto fare un sacco di cose. Ma non avevo voglia di farne nessuna. Mi stiracchiai e iniziai a raccogliere la sporcizia che avevo accumulato nei giorni precedenti.

Qualcuno bussò alla porta –amore, io sto andando via- mi avvisò mia madre.

Mi avvisavano sempre quando uscivano o quando mangiavano, mi avevano chiesto più volte di unirmi a loro ma avevo sempre detto di no. O meglio, non avevo detto niente.

Odiavo il fatto di non poterli reputare i miei genitori.

Mi avevano fatto un discorso qualche giorno fa, in cui mi dicevano che niente sarebbe cambiato e alcune cose, ma avevo smesso di ascoltare. C'erano state volte in cui avevano bussato e urlato così forte, che credevo che avrebbero buttato giù la porta.

Erano successe troppe cose, avevo bisogno di tempo, ho ancora bisogno di tempo. Ero confusa, non sapevo come comportarmi con loro e volevo solo evitarli, almeno per il momento.

Tolsi le lenzuola e aprii le finestre, illuminando la stanza. La luce mi diede fastidio agli occhi, ero così abituata al buio.

Aprii la porta di camera mia, sapendo che in casa c'ero solo io. Scesi le scale con le lenzuola e le misi in lavatrice. Speravo di aver azionato il programma giusto.

Tornai di sopra e continuai a pulire la camera. Sentivo il dolore riempirmi il petto ogni volta che mi muovevo, ma era come se quello mi desse energia. Non so spiegarlo, era brutto, ma allo stesso tempo sapevo di star facendo qualcosa per me stessa.

Mentre aspettavo che la lavatrice finisse, andai in bagno. Mi guardai allo specchio dopo sei giorni. I capelli erano così sporchi, che mi faceva male la testa. Il viso era ricoperto da così tanta pelle morta che riuscivo quasi a toccarla. Ero pallida come un cencio e il pigiama che avevo indossato negli ultimi sei giorni sembrava andarmi molto più largo di quanto ricordassi.

Sapevo che non era solo un'impressione, ma non avevo la forza per pensarci.

Ero ridotta uno schifo, chiunque si sarebbe vergognato di essere così. Ma non mi ero accorta che fosse passato così tanto tempo. Era come se l'orologio si fosse dilatato e poi ristretto. Per me erano passati a mala pena due giorni, ma il dolore aveva reso ogni singolo istante un inferno.

Prima che potessi cambiare idea e continuare a crogiolarmi nella tristezza, mi spogliai ed entrai nella doccia.

La doccia fu rigenerante. Era come tornare a respirare. Sentivo di star togliendo non solo la sporcizia, ma anche quel dolore.

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