Capitolo 6

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Il palazzo di Morax, si ergeva maestoso e minaccioso in cima a una collina di roccia vulcanica, avvolto in una nebbia oscura che sembrava respirare. Le sue torri di obsidiana si stagliavano contro il cielo plumbeo, decorate con intricati rilievi che raccontavano storie di tormento e potere, i cui dettagli mutavano a seconda della luce. Le finestre, fatte di vetro rosso sanguigno, emanavano una luce sinistra, proiettando ombre inquietanti sulla terra sottostante, che si muovevano come creature vive.

All'ingresso, un grande portone di legno intagliato, rinforzato con metallo nero, era custodito da statue di demoni feroci, le cui espressioni contorte si animavano al passaggio degli intrusi. Una volta varcato il portone, ci si trovava in un atrio vasto, con soffitti alti e archi a sesto acuto che si ergevano come braccia oscure verso il cielo. Le pareti erano adornate da arazzi, raccontando storie di battaglie perdute e trionfi infelici, scene di un passato lontano ma mai dimenticato. I colori, un tempo vividi, ora si erano sbiaditi, donando all'ambiente un'aria di decadenza e tristezza.

Sotto i piedi, il pavimento di marmo grigio e nero rifletteva una luce tremolante, dando l'impressione di camminare su una superficie di olio, mentre un vento gelido si insinuava tra le fessure delle porte. Le melodie sussurrate di un lontano pianoforte si udivano in lontananza, seguendo i visitatori lungo corridoi tortuosi e inaspettati, come se il palazzo stesso cercasse di raccontare i propri segreti.

Un grande scalone, splendidamente scolpito, si arrampicava verso piani superiori, con i gradini che sembravano invitare a salire, pur promettendo allo stesso tempo pericoli sconosciuti. Sui pianerottoli, colonne di pietra nera svettavano alte, e piccole fiamme blu accese nei candelabri incastonati illuminavano l'atmosfera con una luce fantasmagorica, danzando in modo irregolare, come a voler guidare gli intrusi verso la verità nascosta nelle profondità di quel luogo.

Non era semplicemente una costruzione; era un'entità vivente, un portale verso un mondo in cui le gioie e i dolori si mescolavano, e ogni passo era un invito a scoprire il destino che attendeva coloro che osavano avventurarsi al suo interno.

Nelle stanze private del palazzo, la presenza di Morax si faceva più palpabile. Tesori rubati e trofei di anime adornavano le pareti, oggetti che emanavano un’energia oscura e inquietante. Un labirinto di corridoi conduceva a sale di tortura e a camere di piacere, dove il confine tra tormento e delizia si dissolveva. Ogni dettaglio descriveva il potere assoluto del demone.

Morax si trovava nella sua camera privata, un luogo di pura opulenza e terrore. Le pareti erano decorate con tessuti di velluto rosso scuro e candelabri di cristallo diffondevano una luce tremolante. Il letto, maestoso e imponente, sembrava una trappola avvolta nel lusso. Qui, Morax passava le sue ore a tessere intrighi e a meditare sulla sofferenza delle anime che aveva catturato.

Dopo aver strappato la collana dal collo di Anemone, Morax sentiva un tumulto dentro di sé. La pietra preziosa, ora a terra, brillava debolmente, un riflesso della confusione e della rabbia che lo pervadevano. Anemone lo aveva guardato con occhi pieni di sfida, e quella luce nei suoi occhi lo aveva colpito profondamente.
"Cosa mi stai facendo, Anemone?" mormorò, il suo sguardo fisso sulla pietra. C'era qualcosa di inquietante in quel legame che sembrava formarsi tra loro, un legame che non riusciva a comprendere appieno.
Egli si alzò, lasciando la stanza e dirigendosi verso il suo trono nella sala principale. Il suo volto era impassibile, ma dentro di sé sentiva un tumulto di emozioni che non riusciva a controllare. La solitudine era stata la sua compagna per secoli, ma ora quel sentimento veniva messo in discussione.

Morax si sistemò sul trono, circondato dall’opulenza della sala principale. I tendaggi pesanti, ricamati d'oro, oscillavano leggermente mentre il vento penetrava dalle finestre. La mente era in subbuglio; l’immagine di Anemone con quegli occhi pieni di sfida lo perseguitava.

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