Capitolo 16

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Edric sentiva il battito del suo cuore accelerare mentre camminava dietro Morax, ogni passo lo avvicinava alla verità, a una realtà che non avrebbe mai potuto immaginare. La camminata attraverso quel corridoio di tenebra sembrava interminabile. Le pareti erano nere come la pece, e la luce che proveniva da lontane fonti sconosciute proiettava ombre distorte e deformi, che sembravano inseguirlo, pronte a inghiottirlo. Il suo corpo tremava, ma la mente era occupata, presa dalla lotta interiore che non riusciva a fermare.

Ogni passo era pesante, come se stesse camminando attraverso sabbie mobili. La paura, quella paura che aveva sempre cercato di tenere a bada, lo stava divorando. Eppure, non si fermava. Non c’era più tempo per fermarsi. Ogni dubbio, ogni timore sembrava dissolversi in quel buio che tutto consumava. La sua mente, però, rimase lucida. Un filo di razionalità riusciva ancora a emergere, e quando il pensiero di sua sorella lo attraversò, il suo cuore sussultò. Anemone.

Doveva fare questo. Per lei.Era l’unico pensiero che riusciva a mantenere saldo in mezzo a tutto quel caos che lo stava sopraffacendo. Ma mentre camminava, un’altra verità si stava facendo largo. Se avesse fatto questo, se avesse ceduto al potere oscuro che gli veniva offerto, non sarebbe stato più lo stesso.Non sarebbe mai più stato il principe che conosceva. Non avrebbe mai più potuto tornare a casa, al suo regno, né sarebbe mai più stato il figlio di re e regina. Quella decisione, quel passo che stava per compiere, sarebbe stato definitivo. E se l’avesse fatto... avrebbe dovuto rinunciare a tutto.

Morax lo precedeva, le sue lunghe gambe si muovevano con grazia sovrumana, come se l’oscurità stessa lo sostenesse. Ecco, ora sei proprio sulla strada giusta. Le parole del demone riecheggiavano nella sua testa. Morax lo guardava a intervalli, con un sorriso che non sembrava promettere nulla di buono. «Non ti preoccupare, Edric. Il potere che stai per ricevere non è solo un dono, è una benedizione. Non sei più il principe che ti sei sempre sentito costretto a essere. Qui, sei qualcosa di più. Qualcosa che non hai mai nemmeno immaginato.»

Il principe provò a resistere, ma il peso delle sue scelte lo stava schiacciando. Ogni passo lo rendeva più consapevole di quanto stesse cambiando dentro di sé. Si ricordò delle parole della profezia, quella maledetta profezia che gli aveva sempre fatto sentire come se fosse destinato a fallire, destinato a essere solo una pedina nel gioco di qualcun altro. «Il principe senza potere... il figlio del re senza corona.» Ogni parola di quella profezia gli risuonava nella mente. Eppure, non aveva più tempo per rimuginare. Doveva andare avanti.

Quando Morax si fermò, Edric si ritrovò davanti a una porta enorme, che pareva fatta di puro cristallo nero. La superficie rifletteva la luce fioca che si infiltrava dal soffitto, ma in modo distorto, come se il riflesso non fosse mai stato pensato per essere visto. Le linee della porta sembravano mutare, come se avessero una vita propria. Edric si sentì respinto indietro dalla sua maestosità. Era come se quella porta, quell’ingresso, fosse l’ultima barriera tra lui e il suo destino.

Morax si girò lentamente verso di lui, e i suoi occhi brillavano di un fuoco inquietante. «Questa è la soglia, Edric. Una volta che oltrepasserai questa porta, non ci sarà ritorno. Capisci cosa significa? Non sarai più il principe di un regno che non ti ha mai voluto, non sarai più il figlio che hai sempre cercato di essere. Sarai... qualcos’altro. Qualcosa di più potente, qualcosa che il mondo intero dovrà temere.»

Edric sentì le sue gambe tremare. Non aveva più certezze, non aveva più nulla che gli permettesse di fare dietrofront. Tutto quello che conosceva sembrava dissolversi davanti ai suoi occhi, e con esso il senso di chi fosse veramente. Cosa stavo cercando?Si chiese, mentre il volto della sua famiglia gli si stagliava nella mente. Suo padre, un re distante, severo, che lo aveva sempre trattato come un peso. Sua madre, che lo aveva mai veramente visto, se non come un altro strumento nel gioco politico. Sua sorella, Anemone, che lui amava più di ogni altra cosa, ma che si sentiva sempre più lontana, sempre più aliena. La solitudine, quella compagna che lo aveva accompagnato per tutta la vita, lo aveva spinto verso questo momento, verso questa porta. E ora?

Il demone notò il suo turbamento, ma non lo lasciò parlare. Anzi, la sua risata echeggiò nella sala. «Sei confuso, lo vedo. Ma non temere, Edric. Ti stai solo preparando ad abbracciare il tuo vero io. Non devi più portare il fardello di un nome che ti è stato imposto. Non devi più accontentarti di ciò che gli altri pensano di te. Devi solo... essere.»

Le parole del demone colpirono Edric come un colpo al petto. Non sapeva se stava per cedere al desiderio di potere che gli veniva offerto o se la sua decisione sarebbe stata la sua fine. Ma c’era qualcosa di ineluttabile nel modo in cui Morax parlava. Edric sentiva che non avrebbe potuto sfuggire a quella realtà. Era destinato a diventare ciò che temeva di più.

Morax lo invitò ad avanzare, la sua mano estesa verso la porta. «Aprila. Fai il primo passo. Il trono ti aspetta. Il regno delle tenebre è tuo, Edric.»

Il principe non rispose, ma con un ultimo, doloroso respiro, afferrò la maniglia della porta. Era fredda, più di quanto avesse mai immaginato, eppure quando la tirò verso di sé, il suono che ne uscì sembrava il grido di un'anima perduta. La porta si aprì lentamente, come se fosse il varco verso una nuova dimensione. O forse era solo il passo definitivo verso la sua rovina.

Edric fece un altro passo, e si ritrovò in un’enorme sala. Le pareti, alte e imponenti, erano coperte da incisi che si muovevano e cambiavano, come se fossero parte integrante del palazzo stesso. La luce che emanavano non era calda, ma gelida, e lo avvolgeva come una nebbia sottile. Il pavimento era fatto di una pietra nera, liscia, che rifletteva la luce in modo spettrale.

In fondo alla sala c’era un trono. Non un trono qualunque, ma una struttura enorme, fatta di un materiale che sembrava fondere oscurità e materia. La superficie del trono era in continua evoluzione, come se fosse vivo. Un trono fatto di pura potenza, e forse, anche di pura follia.

Morax lo osservò con un sorriso maligno. «Il tuo trono ti aspetta, Edric. Siediti e rivendica il potere che ti è stato dato. Ora sei pronto per vedere cosa significa essere davvero un principe. Non uno dei tuoi regno, ma qualcosa di più. Qualcosa di eterno.»

Edric, però, non si sentiva pronto. Non si sentiva più nemmeno lui. Il pensiero della sua famiglia, dei clan che avrebbe dovuto unire, della gente che lo guardava come il loro principe, sembrava lontano, sfocato. La sua mente era invasa da mille pensieri contrastanti. Eppure, in quel momento, quando si avvicinò al trono, non poté fare a meno di chiedersi :Era davvero questo ciò che voleva?

Eppure, sapeva che non c'era più via di ritorno. Non poteva più tornare a essere il principe che aveva un giorno sperato di essere. Il suo destino, quella figura solitaria e inevitabile, lo stava chiamando.

Morax sorrise trionfante. «Benvenuto, Edric. Finalmente, sei libero.»

Il principe chiuse gli occhi per un attimo. Libero?C’era qualcosa di agghiacciante in quella libertà. Ma ormai, troppo tardi per voltarsi indietro.

Il regno delle tenebre era suo.

The Kingdom's ProphecyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora