Capitolo 1. Ombre

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La notte era calata su Verona con una ferocia silenziosa, tingendo di nero ogni angolo della città.
Le luci dei lampioni sembravano più fioche del solito, come se anche loro fossero intimidite dall'oscurità che si addensava sui vicoli stretti e desolati. Giulia Fini camminava in fretta, sfuggendo alle ombre che la circondavano, finché un passo maldestro su una pietra sconnessa la fece inciampare.

Si scontrò con un uomo che sembrava quasi essersi materializzato dal nulla.
Sgranò gli occhi, un attimo di puro smarrimento. Di fronte a lei c'era uno sconosciuto dagli occhi di ghiaccio, azzurri come un cielo in tempesta, capaci di inchiodarla sul posto con una sola occhiata.

"Attenta," disse l'uomo, il tono basso e leggermente beffardo, come se fosse divertito da quell'incontro. "Potresti farti male."

Giulia cercò di ricomporsi, il cuore che le batteva all'impazzata. "Scusi... non l'avevo vista."

"Non preoccuparti," rispose lui, inchinandosi leggermente, un gesto cortese che però trasudava pericolo. "Non sempre si vedono le cose... per come sono realmente."

La sua voce era vellutata, con una punta di minaccia nascosta dietro quel tono suadente. Giulia sentiva che c'era qualcosa di oscuro in quell'uomo. Si presentò, cercando di mascherare la tensione.
"Io sono Giulia."

"Filippo," disse lui, sorridendo con un fascino glaciale.
"Filippo Guerra."
Fece una pausa, godendosi il silenzio che seguì quel nome pronunciato come una sentenza. "Ti vedo sorpresa."

Il suo nome colpì Giulia come un pugno allo stomaco.
Tutti conoscevano Filippo Guerra, anche se pochi osavano parlarne ad alta voce. Era il volto più temuto di Verona, un'ombra che incombeva sulla città con la sua rete di potere e pericolose alleanze. Ma in quel momento, davanti a lui, non riusciva a muoversi né a rispondere. L'attrazione, malgrado la paura, era irresistibile.

"Ti saluto, Giulia," continuò Filippo, gli occhi che scintillavano di un bagliore sinistro. "Ma sono certo che ci rivedremo. Verona è piccola... per chi sa dove cercare."

Quelle parole le lasciarono un brivido lungo la schiena, e si ritrovò a guardarlo allontanarsi, come in un sogno che faticava a interpretare. Quando finalmente ebbe la forza di muoversi, si incamminò verso casa con un senso di inquietudine che non riusciva a scrollarsi di dosso.

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Appena varcò la soglia, la penombra del corridoio sembrò stringerla in un abbraccio freddo. Un suono improvviso la fece sobbalzare: era Adelfio, suo fratello, che la fissava con uno sguardo severo e indagatore.

"Dove sei stata, Giulia?"
La voce di Adelfio era un sibilo, un misto di preoccupazione e rabbia. "Non sai che ora è?"

Giulia abbassò lo sguardo, cercando di celare la tempesta che le ruggiva dentro.
"Ero... ero solo in giro."

"Non mentirmi," la interruppe Adelfio, gli occhi scuri che la trapassavano.
"Sei in ritardo, e non è sicuro per te girare da sola, soprattutto di notte. Sai che ci sono persone pericolose, là fuori."

Giulia si sentì invasa da un senso di colpa, ma non poteva rivelargli la verità. Non poteva confessare di aver incontrato Filippo Guerra, e tanto meno l'effetto che quell'uomo le aveva fatto.
"Non c'è nulla di cui preoccuparsi, Adelfio. Ho solo perso la cognizione del tempo."

"Verona non è più sicura per noi, Giulia," ribatté lui. "E non parlo solo dei delinquenti comuni. Parlo delle ombre che si nascondono dietro i sorrisi. Ci sono famiglie, poteri... che nemmeno immagini."

Giulia deglutì, cercando di ignorare il peso delle parole di suo fratello. Ma in cuor suo, sentiva che era già troppo tardi. La sua strada aveva incrociato quella di Filippo Guerra, e l'attrazione che provava verso di lui era un richiamo oscuro, irresistibile, che sapeva sarebbe stato difficile ignorare.

Adelfio si avvicinò, abbassando la voce. "Stammi a sentire, Giulia. Non fidarti di nessuno. E tieniti lontana dai Guerra."

Giulia rimase in silenzio, annuendo, ma le parole di suo fratello risuonavano ormai vuote. Sapeva che nulla sarebbe stato più come prima, e che l'incontro con Filippo aveva già tracciato un solco indelebile.

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