Capitolo 4. Sguardo

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Giulia sedeva al tavolino di un piccolo bar, immersa nei suoi pensieri. I capelli castani erano raccolti in un morbido chignon, che lasciava sfuggire qualche ciocca ribelle, incorniciando un viso dai tratti delicati. Gli occhi verdi e profondi, leggermente sfumati da un velo di ombretto, scrutavano distrattamente il cappuccino ormai freddo davanti a lei. 

Era mattina presto, e Verona sembrava ancora avvolta in una pace irreale. Solo qualche passante si aggirava per le strade ancora intorpidite dalla notte.

La ragazza stava cercando di dimenticare l'incontro casuale con il giovane Guerra, ma ogni tanto quel volto le ritornava in mente come un segreto inconfessabile, provocandole un brivido lungo la schiena.

Stava per portare la tazza alle labbra quando lo vide: Filippo era appena entrato nel bar, muovendosi con la sicurezza di un predatore che non teme nulla.
Era di un fascino pericoloso, di una bellezza inquietante che sapeva mischiare l'eleganza con una vena di oscurità.

Quando i loro sguardi si incrociarono, il giovane lasciò trasparire un sorriso enigmatico, avvicinandosi al suo tavolo con una calma quasi provocatoria.
Ogni passo era un richiamo, ogni movimento studiato, come se sapesse esattamente l'effetto che aveva su di lei.

"Giulia," disse con voce bassa e vellutata, il tono avvolgente come il fumo che aspirava dalla sua sigaretta.
"Non pensavo di ritrovarti qui."

Lei sentì il cuore accelerare, sorpresa e intimorita dal suo tono confidenziale.
"Filippo... che coincidenza."
Provò a mantenere un'aria disinvolta, ma l'attrazione che provava per lui era innegabile, quasi un richiamo irresistibile.

"Una coincidenza, dici?"
Il ragazzo si sedette senza aspettare il suo invito, schiacciando il mozzicone nel posacenere.
"Io credo poco alle coincidenze."

Giulia arrossì leggermente.
"Quindi... come mai qui?" domandò, cercando di nascondere l'incertezza dietro un tono leggero.

Filippo fece un sorriso ambiguo, gli occhi azzurri che scintillavano di un'intensità glaciale.
"A volte, il caso ci porta esattamente dove dobbiamo essere. Come quella sera, nel vicolo."

La ragazza percepì l'allusione nel suo tono, provando un misto di irritazione e attrazione.
"Non sono solita vagare per vicoli bui," replicò con un filo di sarcasmo nel tono di voce.

Lui rise.
"Nemmeno io. Ma ogni tanto, si trovano gemme preziose nei luoghi più inaspettati."

L'insinuazione la colse di sorpresa, e non riuscì che a trattenere un sorriso. Ma subito dopo pensò a chi fosse realmente quel ragazzo, nonostante la giovane età: Filippo Guerra, il boss di cui tutti sussurravano, uno dei volti più temuti di Verona.
Eppure, nonostante ciò, sentiva un'attrazione oscura, incapace di cogliere il pericolo che la trascinava verso di lui.

"Devo andare," disse alzandosi dalla sedia, interrompendo di colpo quella conversazione.
Filippo la fermò, sfiorandole delicatamente la mano con le sue dita forti e affusolate.

"Non devi avere paura di me, Giulia," mormorò, la voce piena di una dolcezza inattesa.
"Io... non sono quello che dicono."

Lei lo guardò, sorpresa dal tono apparentemente sincero.
"Allora chi sei, davvero?"

Lui la fissò con un'intensità che la lasciò senza fiato, una scintilla di malinconia che si nascondeva dietro l'aria da predatore.
"Sono solo un uomo che ha fatto le sue scelte," disse lentamente, ogni parola pronunciata come se stesse esponendo ogni frammento della sua anima.
"Ma se vuoi, potrei mostrarti una parte di me che nessun altro conosce."

Giulia deglutì, incerta se fidarsi di quelle parole. Ma nel profondo, sentiva il richiamo di quel mistero, una voglia irrazionale di scoprire chi fosse davvero.

"Ci vediamo, Filippo," disse infine, ritirando la mano e allontanandosi con passo incerto.

E mentre usciva dal bar, percepì ancora su di sé il suo sguardo magnetico. Un marchio che le rimaneva inciso sulla pelle, preludio di qualcosa di pericoloso e seducente.

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