Capitolo 5. Rose

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Era tardo pomeriggio quando Giulia rientrò nel suo piccolo appartamento.
Aveva passato un' intensa mattinata all'oroficeria di famiglia.
Una delle rare attività legali dei Fini, alla quale la ragazza aveva acconsentito volentieri, pur di allontanarsi dagli affari sporchi di famiglia.

Il breve incontro con Filippo al bar continuava a farsi vivido nei suoi pensieri, facendola sentire divisa tra paura e attrazione.
Non riusciva a spiegarsi perché quel semplice scambio di parole avesse scosso profondamente il suo equilibrio.

Mentre entrava in casa, un profumo intenso la colse di sorpresa.
Al centro del tavolo all'ingresso, un elegante mazzo di rose rosse l'attendeva, scarlatto come il peccato, legato da un nastro nero.
Un piccolo biglietto era poggiato con cura accanto a loro.

Adelfio apparve improvvisamente alle sue spalle, lo sguardo cupo e severo, come se le rose stesse fossero portatrici di una minaccia nascosta.

"Sono arrivate poco fa," le disse, senza distogliere gli occhi da quel regalo inaspettato.
"So chi le ha mandate."

Giulia prese in mano il biglietto con dita tremanti e lesse le poche parole vergate in una calligrafia elegante e decisa: "Ti aspetto stasera. Lascia che ti mostri il lato nascosto di Verona."

Indicati vi erano anche il luogo e l'orario, con riferimento ad un elegante ristorante di lusso situato al centro della città.
Non era firmato, ma già si intuiva chi fosse il mittente. Filippo Guerra non lasciava spazio a dubbi.

Adelfio le strappò il bigliettino dalle mani, stringendolo nel pugno, la mascella contratta.
"Giulia, questo è un avvertimento. Quest'uomo non è uno qualunque. Sai chi è e sai cosa rappresenta per noi."

La giovane fece un passo indietro, infastidita dalla possessività del fratello, ma anche consapevole di quali erano le sue ragioni.
"È solo una cena," disse, cercando di mantenere un tono di voce calmo e composto.
"Non significa niente."

"Per te, forse," replicò l'uomo, la voce carica di rabbia.
"Ma per lui? Lui non fa mai niente senza un motivo. Ti sta usando per avvicinarsi alla nostra famiglia, per colpirci dove siamo più vulnerabili."

Giulia si lasciò cadere su una sedia, il cuore in subbuglio.
Sapeva che Adelfio aveva ragione, eppure non riusciva a togliersi l'immagine di Filippo dalla testa.

"Non andrai," le intimò lui, la sua voce ferma e autoritaria.
"È troppo rischioso. Per te, e per tutti noi."

Giulia non replicò.
Si limitò ad annuire, anche se dentro di sé sapeva che quella decisione non sarebbe bastata a spezzare il legame invisibile che la stava attirando verso Filippo Guerra.

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Nel frattempo, dall'altra parte della città, Filippo sedeva nell'ufficio di suo padre, Don Aldo Guerra.
La stanza era immersa nella penombra, e il volto austero del patriarca era illuminato solo da una lampada che gettava ombre sinistre sulle pareti.

"Allora," esordì l'uomo, fissando il figlio con occhi carichi di aspettative.
"Hai avuto notizie di Rocco Marini?"

Filippo annuì, il viso serio.
"Sì, padre. È disposto a collaborare. Marini sa bene che un'alleanza con noi è la sua unica speranza di conquistare il controllo su Verona. E insieme, possiamo finalmente distruggere i Fini."

Don Aldo sorrise, un sorriso senza traccia di umanità, come se già pregustasse il sapore della vittoria.
"I Fini hanno governato troppo a lungo, approfittando delle loro alleanze. Ma il tempo della loro supremazia è finito. Rocco dunque, ci ha assicurato il suo appoggio?"

"Sì," rispose il giovane, un luccichio sinistro negli occhi.
"Sa che questo è un affare vantaggioso per entrambi. Lui prenderà il controllo delle aree a sud della città, mentre noi avremo carta bianca per consolidare il nostro potere nel centro e nelle periferie. Ma c'è di più."

"Continua," ordinò suo padre, visibilmente interessato.

"Rocco mi ha detto che i Fini non sono così forti come sembrano,"abbassò la voce, il tono ora più subdolo.
"Adelfio Fini è il loro punto debole. È impulsivo, troppo protettivo verso la sorella. E se riusciamo a far leva su di lei ..."

Don Aldo lo interruppe con un cenno della mano, il sorriso che si allargava ancora di più.
"Giulia Fini. Sei certo che riuscirai a manipolarla?"

Filippo si irrigidì per un momento, ma mantenne il controllo.
"Giulia è già nel mio radar. Ho la sua attenzione, ed è già attratta da me, anche se non lo ammetterebbe. Basta un piccolo passo e sarà mia, pronta per essere usata come pedina nel nostro piano."

Il vecchio fece un cenno di approvazione.
"Non deludermi, Filippo. Questo è solo l'inizio. Con l'aiuto di Rocco Marini, ci riprenderemo Verona, e nessuno oserà più mettersi contro di noi."

Mentre il ragazzo lasciava l'ufficio, una fitta di emozioni contrastanti lo colse. Da un lato, era fiero di seguire i piani prestabiliti, pur di mantenere intatta la reputazione dei Guerra.
Dall'altro, c'era qualcosa d'inaspettato che continuava a tormentarlo: il pensiero di Giulia. Quell'incontro non era stato solo strategia. Sentiva che lei era più di una semplice pedina, e questa consapevolezza non faceva altro che renderlo vulnerabile.

Forse, pensò, i piani si sarebbero rivelati più complessi del previsto.

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