I giorni passavano lenti e Jake cominciava a mancarmi davvero. Sapevo che era passato in ospedale e il fatto che non mi avesse cercata anche solo per salutarmi mi faceva sprofondare nella tristezza.
Ormai dedicavo molto tempo a pensarlo, anche se sapevo che non avrebbe avuto un seguito e che erano solo sogni ad occhi aperti, ma non potevo negarmeli, non facevano male a nessuno, se non a me.
L'immagine di lui stretto a me tra le lenzuola, non avrebbe costituito un problema, non si può tradire la propria moglie nei sogni di un'altra donna.
Soffrivo e non lo davo a vedere, ero maestra in questo.
Mi affrettai a prepararmi per il mio turno, la dottoressa che mi stava affiancando in questa sua lunga assenza era scostante e scontrosa, indubbiamente molto abile nel suo lavoro, ma mancava completamente di umanità, caratteristica imprescindibile.
Mi trattava con superiorità ma non potevo lamentarmi, stavo imparando comunque molte cose.
Entrai salutando con un cenno Gaby, la ragazza alla reception, c' eravamo scambiate qualche parola alla caffetteria il pomeriggio precedente ed eravamo rimaste d'accordo di vederci per un altro caffè. Mi sporsi in avanti ricordandole il nostro appuntamento per metà mattina e il sorriso che ne ricevetti in risposta mi scaldò il cuore.
Guardai l'ora, ero in anticipo, come sempre, del resto viaggiando con i mezzi era l'unico modo per non fare tardi.
Mi avviai lentamente verso lo spogliatoio decisa a dedicarmi qualche secondo in più a darmi una sistemata.
Stavo legando i miei lunghi capelli in una treccia stretta che correva fin sulla spalla sinistra, quando una voce concitata attirò la mia attenzione.
Qualcuno nello spogliatoio degli uomini stava urlando.
Affilai l'udito con il cuore che batteva forte in sottofondo.
Ero brava a cacciarmi nei guai, in situazioni scomode solo perchè non sapevo stare al mio posto e farmi i fatti miei. Nella testa una voce mi diceva di non immischiarmi ma dall'altra parte sentivo che non era giusto non curarmi di un bisogno altrui, faceva a pugni con il mio essere.
Una sola voce proveniva dall'altro lato del muro, ma non capivo le parole. Sembravano sconnesse e senza senso, più una litania, quasi un pianto.
Uscii dallo spogliatoio, sorpresa dal fatto che nessuno sentisse come me il bisogno di capire cosa stava succedendo, del resto in un ospedale erano all'ordine del giorno i crolli nervosi, soprattutto quando le cose si mettevano male, ma era raro che capitasse tra il personale.
Pensai che forse qualcuno avesse perso un paziente e sentisse il bisogno di sfogarsi.
Ero quasi decisa ad allontanarmi, facendomi, come gli altri, gli affari miei e non solo per rispetto, quando la voce si alzò leggermente e io potei sentire distintamente il nome della donna che mi aveva portato via Jake.
Mi avvicinai alla porta e siccome non sentivo nessuna voce in risposta, entrai.
Tra gli armadietti semi aperti regnava un caos incredibile, sulla panca al centro della stanza era posato un borsone da cui spuntavano vestiti spiegazzati e un paio di scarpe buttate alla rinfusa.
Lo spogliatoio era speculare rispetto a quello femminile, la parete che li divideva era quella delle docce.
E fu li che lo vidi.
Era seduto a terra, sotto il getto d'acqua, con il capo tra le ginocchia e le mani tra capelli. Piangeva e mugolava frasi incomprensibili, in preda ad un dolore che mi fece accapponare la pelle.
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Truths
RomanceQuesto racconto nasce come spin off del precedente "Lies". Il protagonista è Jake, felice e realizzato compagno di vita di Emily. Quando lei lo abbandona per tornare con il suo amore di gioventù, Jake deve fare i conti con le verità che le ha tenut...