Capitolo 34

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Pov. Luke

Cristo, fatemi uscire da qui o spacco tutto. Butto lo smoking su un divanetto bianco del negozio. Non stiamo insieme, non siamo mai stati insieme, lo so, ma la gelosia è una cosa che ho sempre avito nei suoi confronti. Alexandra esce dal camerino con il vestito rosso addosso, mezzo aperto e mezzo no. "Alex è stupendo!" dice Beth spuntando da non so dove. La ragazza non la sta ascoltando, ma viene spedita verso di me. Alza una mano, e mi spintona da una spalla, facendomi barcollare un po' all'indietro avendomi colto di sorpresa. "Hai il coraggio di giudicarmi? Sì, Harry si da da fare, e allora? Scommetto che anche Sarah te lo succhia bene."
Lo ha appena ammesso davvero? Il solo pensiero che quel coglione l'ha toccata dove io l'ho toccata, mi fa impazzire. "Oh sì, meglio di quanto tu abbia mai fatto." Mento. La sua faccia rimane impassibile, cosa che mi ferisce leggermente.
"Come Harry mi scopa meglio di te. Nessun paragone." Questa ha fatto male. "Davvero Luke, che cliché da parte tua metterti con Sarah. Mi aspettavo di meglio da te."
"Oh, immagino che tu ti sia messa con Styles per la sua smisurata intelligenza. Anche se ho la sensazione che ti abbia spinto un altro tipo di misura, eh?" Il suo volto resta impassibile. Si guarda in torno. Mi rendo conto che le commesse sono abbastanza sconvolte. Non stavamo urlando, ma devono aver sentito comunque tutto. Beth va da una di loro dicendo "Senta, prendiamo quel vestito rosso, e lo stesso modello di colore azzurro e verde prato." La commessa si tranquillizza leggermente al pensiero dell'acquisto. Alex si allontana da me camminando all'indietro, ma continuando tenere puntati gli occhi nei miei.
"Ehi Luke, che ne dici, come sta?"
Calum esce dal camerino allegramente. Appena osserva la scena, il suo sorriso sparisce. "Oh cazzo." Poi si gira verso la sua ragazza. "Avevamo detto che a mezzogiorno venivamo io e Luke." Continua Calum. Beth ha uno sguardo colpevole "Ci abbiamo messo più del previsto. Alex si volta e entra nel camerino. Non posso lasciarla andare così. Vado vicino al camerino, e sto per aprire la porta, ma mi fermo sentendola parlare. "Harrry, possiamo vederci?"
Oh vaffanculo. Ho bisogno di sfogarmi.

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"Luke basta, lo uccidi così!" Il mio pugno si schianta di nuovo con la faccia del ricciolo. Sono a cavalcioni su di lui, e la sua faccia è il mio pungiball.
Le nocche mi fanno male, bruciano, e sono sicuro che stanno sanguinando, ma la voglia di colpirlo supera tutto. "Basta!" Urla di nuovo la voce di Alexandra. Mi fermo solo per ammirare la faccia sanguinante di Harry. Alzo i pungi per colpirlo di nuovo..

"Luke svegliati. Andiamo muoviti." La voce di Calum, che mi scuote con un mano dal sedile del conducente, mi distrae dal mil sogno sanguinoso. "Lo hai picchiato per bene?" Chiede il mio amico, e io lo guardo confuso "Ti agitavi nel sonno, e mugugnavi come se stessi colpendo qualcosa."
Qualche minuto dopo la nostra lite, Alexandra se ne è andata insieme a Beth, mentre noi abbiamo provato gli smoking. Ora siamo davanti casa mia. Ringrazio Cal per il passaggio, e scendo dalla sua macchina. Non sono in vena di sopportare le stronzate di Samuel, così tiro avanti senza nemmeno degnarlo di un'occhiata. Salgo nel mio appartamento, mi cambio con un pantalone della tuta grigio, una canottiera bassa e delle scarpe da ginnastica, poi scendo nella palestra, che ho usato raramente, che ha in dotazione il mio palazzo.
Infilo le cuffie nelle orecchie e grazie ai Green Day, non riesco a pensare, mentre corro sul tapis roulant sulle note di "Wake Me Up When September Ends".
Fermo il tappeto e scendo, dirigendomi al sacco da boxe appeso in un angolo della palestra. Sento il sudore cominciare a bagnarmi la maglietta, quando i miei pugni cominciano a battere ritmicamente contro il sacco. Sarebbe vietato fare boxe senza i guantoni, ma il leggero bruciore che sento alle nocche, così simile al mio sogno, mi distrae da tutto, mentre i miei pugni fendono sempre più velocemente.
Mi fermo, completamente senza respiro, e con le mani doloranti. Ormai sfiancato, decido di tornare nel mio appartamento per farmi la doccia più lunga della mia vita, e ordinare qualcosa dal cinese.
Entro nel mio appartamento senza alzare gli occhi dalle mie nocche sanguinanti. Mi tolgo la maglia sudata e la butto da qualche parte per la casa mentre mi dirigo in bagno. Sciacquo le mani e tampono le piccolo ferite com l'asciugamano. Hanno già smesso di sanguinare. Torno in salotto guardando il telefono, cercando il numero del ristorante cinese, salvato sul mio telefono da quando ho conosciuto Alex e la sua mancanza di voglia nel cucinare. Mi stravacco sul divano. "Ascolta pezzo di stronzo, parliamo chiaro." Lancio un urlo. E non un urlo da uomo virile, per quanto mi duole ammetterlo, la mia voce è salita di qualche ottava. "Oh cazzo, Alexandra! Che cazzo ci fai qui?! E come sei entrata?"
Salto in piedi, andando a sbattere contro al divano. Lei è seduta tranquillamentei, squadrandomi da testa a piedi, soffermandosi sui miei addominali sudati e la tuta che mi cade sui fianchi. So l'effetto che le faccio, so che quella è l'espressione, che in quelle poche settimane ho imparato a capire, che mi chiede di essere saziata. E ne sono sempre stato capace. Ma ora è il turno di qualcun altro soddisfarla.
"So che tieni la chiave sotto lo zerbino. Altro cliché da parte tua. E sono qui perché.. Beh Robert, non lo so perché sono qui. E se non ti copri, faticherò a ricordarlo."
"È casa mia, se voglio resto anche nudo." E a prova delle mie parole, mi tolgo i pantaloni della tuta, lanciandoglieli in faccia. Incredibile. È venuta a casa mia, per chissà quale assurda ragione, e pretende di dettar legge. Tipico suo. Si toglie la tuta dalla faccia, e la guardo meglio.
Ha i capelli in una crocchia disordinata, il viso struccato, un pantaloncino grigio in tuta e una canottiera nera. Come se fosse stata tranquillamente in casa sua e all'improvviso avesse deciso di venire da me. In qualche modo, è come se questo pensiero, come se il fatto che le avesse bisogno di me, mi scalda il cuore. Ma cerco di ricordarmi che persona ho davanti. La persona che quando le ho detto di amarla, mi ha detto di andarsene. "Io vado in doccia. Non c'è bisogno di dirti di fare come a casa tua, visto che a quanto pare già lo fai."
Cerco di non guardarla nel mare che ha al posto degli occhi, o farei qualcosa di insensato, tipo baciarla ovunque e ripeterle che la amo fino a svenire.
Entro nel bagno e mi spoglio, lasciando tutto ai piedi dell'enorme doccia. Do le spalle all'entrata in vetro mentre regolo l'acqua.
Sto per insaponarmi i capelli, quando sento il vetro cigolare. Mi giro trovandomi davanti la visione più bella di tutte. Alex nuda, con i capelli scompigliati che le ricoprono scompostamente il seno, che mi viene in contro. "Ti prego non chiedermi niente. Non so perché sono qui, solo.. Baciami."
Ci sono milioni di motivi per cui non dovrei farlo, ma ovviamente non ne ascolto nemmeno uno. La bacio famelicamente. Come se riassaggiassi una droga che non prendevo da troppo tempo. Come se l'astinenza mi portasse a divorarla, ed è quello che faccio. Non mi sono lavato, ma non mi importa. La prendo in braccio, facendo scontrare le nostre intimità, ed esco dalla doccia, entrambi fradici, per uscire dal bagno e buttarla sul letto. Salgo sopra di lei, e l'acqua rende tutto più scivoloso. Faccio scontrare di nuovo le nostre labbra, mentre senza perdere tempo, sprofondo in lei. Le sue unghie mi graffiano la cute, mi tirano i capelli e scendono a graffiarmi la schiena. Metto le mani sulle sue guancie e spingo più forte in lei mentre la bacio prepotentemente.
La sento gemere sempre più forte, provocando i miei grugniti, e il suo urlo, quando viene, è la mia rovina. Mi svuoto dentro di lei, per poi uscire e sdraiarmi accanto a lei. Vorrei dirle che mi è mancata, ma non sono sicuro che lei resterà. Non voglio espormi.
Non so perché, ma il mio sguardo cade sul suo piede. Quattro lettere nere, due per ogni piede. Aggrotto le sopracciglia e la guardo "Cosa significano?" Lei abbassa lo sguardo sui suoi piedi. "Caroline Evans, mia madre." Dice indicando il piede destro "Johnatan Evans, mio padre." Continua indicando il piede sinistro. "Perché sul piede?"
"Perché volevo averli vicino, ma non sopportavo di doverle vedere tutti i giorni quando magari mi guardavo allo specchio." Si copre fino al seno con il lenzuolo, poi sospira e si appoggia alla spalliera del letto. "Una settimana dopo il mio diciassettesimo compleanno, mio padre fu chiamato d'emergenza per una rapina in un brutto quartiere. Non è più tornato. A casa non è più stato lo stesso, mia madre non era la stessa. In un paio di mesi era completamente impazzita, e andava avanti grazie ai farmaci. Così, una sera, senza pensare ai suoi sei figli, mia mamma andò in overdose da farmaci. Ormai le mie sorelle, erano fuori casa e sposate, ma non se la sentivano di prendermi con loro. Brandon aveva ventitré anni, e stava facendo il tirocinio di medicina in un ospedale di Chicago, non avrebbe avuto tempo per me. Simon aveva ventun'anni e semplicemente disse che non se la sentiva. Rimaneva Logan, ma lui aveva solo diciannove anni, aveva un lavoretto ma di certo non guadagnava abbastanza da mantenere entrambi.
Quindi, per circostanze fortunate sono finita a casa del fratello di mia madre e sua moglie. Beh, mio zio si è divertito molto con me."
Si blocca per un momento, percorsa da un brivido. Ti prego, fa che non sia quello che penso. "Insomma, tutti quelli che amavo mi hanno abbandonato. Prima mio padre, mia madre, i miei fratelli, e come ciliegina sulla torta mio zio mi stuprava. Appena compiuti i diciott'anni, Beth mi ha presa e mi ha portata via di li. Siamo andate al college insieme, mentre facevo la cameriera in un bar del campus.
Ed ecco la triste storia della mia vita. Spero ti risulti più facile comprendere perché io non voglia affezionarmi a qualcuno."
Ho voglia di stringerla, di farle capire che io non sono come gli altri, che non le farò del male. Ma appena cerco di avvicinarmi, lei si allontana. "Dio è stato un errore venire qui." Si alza trascinando il lenzuolo con se fino in bagno, dove raccoglie i suoi vestiti dal pavimento e li infila di tutta fretta. La afferro per il polso "Che ti prende?"
"Non ti ho detto un cazzo di tutta questa merda, proprio per non essere trattata come tu stavi per fare. Fanculo, ho avuto un'adolescenza da schifo, è vero. Ma sono forte. Lo sono sempre stata. E non ho bisogno di qualcuno che mi guardi con compassione come hai fatto tu. E rimane sempre il problema che io.. N-non ti amo." Dice. Alle sue parole mollo la presa sul suo polso come se bruciasse. Lei ne approfitta e corre via, lasciandomi per l'ennesima volta con il cuore spezzato.

ODDIO

Questo capitolo è stato un parto, giuro ahahah. Allora, come sempre, spero che il capitolo vi piacciaa! È davvero lungo, e sta volta non è colpa delle canzoni ahaha. Fatemi sapere cosa ne pensate, vi pregoo.
Vorrei davvero ringraziare tutte le ragazze che fanno parte del gruppo di whats app ahah adoro parlare con voi.
Vi adoroo, un bacionee
Je :)
P. S.:  non ho ricontrollato quindi scusate eventuali (sicuramente ce ne sono) errori❤️

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