Nico scivolò con la schiena appoggiata alla porta fino a ritrovarsi seduto sul pavimento della sua Cabina. Aveva baciato Percy. Percy Jackson. Non era stato solo un sogno, no? Era realmente accaduto, giusto? Nico si inumidì le labbra e ripensò a come aveva chiuso la porta in faccia all'amico. Rabbrividì al pensiero. "Oh dei" pensò sconvolto "Cosa ho fatto?! Mi odierà per sempre dopo questo...per sempre!" Si prese il viso tra le mani ma stranamente non pianse. Ripensò al bacio, all'incontro fulmineo delle loro labbra, e sorrise. Dopotutto era stato bellissimo.
Percy guardava con occhi vacui la porta chiusa davanti a lui.
Era seduto sul terreno umidiccio del sentiero che congiungeva ogni Cabina, con le ginocchia un po' piegate e le mani che, appoggiate per terra, lo mantenevano in equilibrio. Aprì e chiuse la bocca per un po' di tempo senza sapere cosa dire o fare. Era appena stato baciato dal suo migliore amico, da colui che considerava suo fratello. Era stato così veloce che non capiva se fosse stato solo un errore dovuto forse alla spinta per gettarlo fuori dalla sua Cabina oppure un cosa voluta.
Si alzò a fatica e si diresse verso la Cabina 3 dove, una volta entrato, si svestì e si rintanò sotto le coperte, la luce della luna che illuminava le foto ricordo sul suo comodino.-Annabeth io vado un attimo da Chirone, ho finito l'ambrosia e questa diavolo di ferita non vuole passare. Stai attenta.- disse dolcemente il figlio di Poseidone.
-Testa D'Alghe quando mai io non sono attenta?- sorrise lei di rimando, baciandolo di sfuggita mentre lui si alzava.
-Nel mio mondo immaginario tu sei sempre quella che ha bisogno di me per sfuggire alle situazioni più pericolose, lasciami almeno sognare.- le strizzò l'occhio e, dopo averle accarezzato i capelli, si incamminò verso la tenda del centauro.
Annabeth si sistemò meglio a sedere, appoggiando la schiena ad un albero, tenendo ben stretta la sua spada di dragone. I suoi occhi ormai si erano abituati all'oscurità e le semplici ombre che prima avrebbe scambiato per mostri ferocissimi adesso capiva che erano semplici rami di albero o animali selvatici.
Era da due giorni che alcuni squadroni di semidei si erano insediati in quella regione, poco distante Long Island, per controllare l'avanzata di un mostro. Nessuno sapeva chi fosse, pochi giorni prima avevano ricevuto segnalazioni di un essere enorme che si dirigeva verso il Campo Mezzosangue e avevano deciso subito di andare a ucciderlo.
Annabeth era da un lato preoccupata per ciò che stava accadendo e da un lato entusiasta. Infatti, dopo la caduta nel Tartaro, si era ripromessa che non avrebbe mai più sprecato un singolo secondo con Percy. Mai più. E quelle giornate, tra un tempo di guardia e l'altro, lei e Testa D'Alghe erano rimasti sempre insieme, e questo la rendeva la ragazza più felice sulla terra.
Con tutto questo ricordare non sentì uno scricchiolio alle sue spalle e un rumore attutito di passi in avvicinamento. Poi, dal nulla, una mano enorme le chiuse la bocca e la prese tirandola a sé. Annabeth spalancò gli occhi dall'orrore. Davanti a lei stava Gerione, un essere enorme, con tre busti. La figlia di Atena capì in un attimo quale fosse il suo destino. Quel mostro era lì per lei, per sacrificarla ad Era. Conosceva bene la sua storia. Se questo fosse accaduto non avrebbe dato alcun disturbo al Campo, che si stava ancora riprendendo dalla lotta contro Gea e dall'attacco del Campo Giove. L'unica cosa che voleva era lei. La ragazza chiuse gli occhi e portò indietro la testa. Gerione le sfilò la spada dalle mani e con un unico gesto gliela infilò nel petto, trapassandola da parte a parte. Non le sfuggì alcun lamento. Il mostro la depose a terra in modo che tutti potessero vederla e se ne andò, lasciandola là, distesa su un fianco, in una pozza di sangue. Annabeth sperava di morire in fretta, prima di vedere Percy, altrimenti tutto il suo coraggio l'avrebbe abbandonata. Il destino, però, si prese ancora gioco di lei.
Testa D'Alghe si fermò di botto, il sorriso gli morì tra le labbra. Corse veloce da lei, le lacrime che cominciavano a rigargli il viso. Le sfilò subito la spada dal petto e mise la sua testa sulle sue ginocchia.
-Annabeth...- sussurrò.
-Percy...andrà tutto bene- disse lei a fatica con un debole sorriso.
-Ma...chi ti ha fatto questo? Chi?- disse a stento il figlio di Poseidone.
Ormai le lacrime cadevano abbondantemente dai suoi occhi.
-Percy, ti prego...non posso dirtelo, non voglio che tu...- tossì e inspirò a fatica –non voglio che tu cerchi vendetta.-
-Annabeth...-
-Ascoltami...tu sei la persona più importante che ho...non voglio farti del male, più di quanto te lo stia facendo ora...lasciami andare...- sussurrò debolmente la ragazza, poi aggiunse –Ti amo Testa D'Alghe-
-Ti amo anche io.- Percy, in preda ai singhiozzi, si chinò a baciarla. Appena tornò a posare gli occhi sul suo viso si accorse che lo aveva abbandonato.
Annabeth Chase era morta.Nico lo aveva trovato chino sulla figlia di Atena in preda ai singhiozzi. Lo aveva fatto alzare e lo aveva portato nella sua tenda, mandando qualcuno a recuperare il corpo senza vita di Annabeth. Non era riuscito a far smettere di piangere l'amico. Aveva urlato tutta la notte, contorcendosi nel letto come se fosse trapassato da un dolore fisico. Nico era rimasto lì, seduto su uno scranno, di fianco alla branda di Percy, a osservarlo e a tenergli compagnia, senza dirgli nulla, senza cercare di consolarlo. Sapeva che era una cosa inutile. Dire che "andrà tutto bene" è una menzogna. Non "va tutto bene" quando la tua ragazza muore trapassata da una spada. Non "va tutto bene" quando sai che è morta una ragazza di appena 17 anni. Non "va tutto bene" quando sai che non la rivedrai mai più, qualunque cosa tu faccia. L'unico modo che Nico conosceva a sue spese era quello di imparare a convivere con il dolore, e questo era ciò che avrebbe insegnato a Percy.
Percy si svegliò di soprassalto. Quella notte aveva fatto i tipici sogni da semidio. Aveva visto la morte di Annabeth, aveva visto ciò che era accaduto dopo e aveva visto ciò che Nico aveva fatto per lui in quegli ultimi mesi. Ora invece stava ricordando cosa era accaduto la sera precedente. Doveva andare a chiedergli spiegazioni. Doveva capire cosa era realmente successo.
Si alzò e si vestì in fretta. Prima di uscire guardò la sua stanza e decise che da quel momento in poi i ricordi sarebbero stati solo ricordi, che non sarebbero più stati d'intralcio nella sua vita. Annabeth era stata la persona più importante della sua vita fino a quel momento, ma sapeva che doveva andare avanti e superare definitivamente l'accaduto.
-Ti amo Annie- sussurrò al vento, mentre usciva chiudendo dietro di se la porta.A metà strada venne attraversato da mille flashback.
Il primo incontro con Nico.
Il doloroso racconto della morte di Bianca.
Quella volta che lo aveva trovato sul suo terrazzo il giorno del suo compleanno.
L'ansia che aveva provato sapendolo moribondo nella giara dei giganti.
La felicità che aveva provato rivedendolo e la promessa che si sarebbero incontrati alle Porte della Morte.
La morte di Annabeth.
Il dialogo nel giorno del suo compleanno.
Le tante volte che d'allora si era guardato allo specchio, non sapendo per quale assurdo motivo, cercando di diventare abbastanza presentabile.
"E' per lui..." capì alla fine il figlio di Poseidone "E' per quello che stavo male quando pensavo che la ragazza nel suo letto stesse con lui..."
Rimase fermo per molto tempo rendendosi conto pian piano che tutto ciò che aveva fatto in quel periodo era stato per farsi guardare da lui, da Nico.
Iniziò a correre. Ora capiva perché si sentiva strano dopo aver fatto riappacificare Hazel e Frank, perché non sapeva cosa ne avrebbe pensato Nico. Non sapeva se gli sarebbe piaciuto quel gesto.
Arrivò davanti alla Cabina di Ade e aprì la porta di scatto, senza nemmeno bussare.
-Nico!- urlò
L'amico si mise a sedere sul letto, strofinandosi gli occhi con le mani.
-Che diavolo ti prende?- disse con voce impastata, senza capire che era Percy quello che stava urlando.
-Nico ora, immediatamente, mi dirai tutto quello che ti è passato per la mente ieri sera. Ho bisogno di sapere...-concluse il figlio di Poseidone in un sussurro, sedendosi sul letto di fronte all'amico. Quello, accortosi di chi aveva di fronte si fece subito rosso in volto e iniziò a fissarsi le mani.
-Hem...si be'...ecco...come dire...- balbettò. Percy gli prese il viso tra le mani e lo sollevò facendo in modo che i loro sguardi si allacciassero.
-Sai che io ci sono sempre, anche se magari tu non vuoi che sia così per quello che ti ho fatto...mi dispiace tantissimo Nico...sul serio. Io vorrei riuscire a capirti...e vorrei che tu mi perdonassi per ciò che ti ho fatto...-
Nico non sapeva cosa dire. Avrebbe voluto abbracciarlo e dirgli che lo aveva già perdonato. Avrebbe voluto baciarlo. Arrossì al pensiero.
-Percy- disse, prendendogli delicatamente le mani e spostandole dal suo viso –Ti racconterò tutto, ok? Dall'inizio alla fine ma...ma...promettimi che resterai sempre mio amico...qualunque cosa io abbia dire.-
-Promesso.-
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Risollevarsi dall'oblio
FanfictionQuesta storia è una Pernico (my favourite ship), le vicende si svolgono dopo la battaglia con Gea quando Percy è distrutto da un immenso dolore: l'unico in grado di aiutarlo è Nico. P.S.: questa storia l'avevo già pubblicata su EFP.