Capitolo 12

4.3K 265 655
                                    


Piove da tre giorni.
Ininterrottamente.
Senza sosta.
Non sono mai stata particolarmente meteoropatica ma in questi giorni raramente ho messo piede fuori dalla mia stanza.
Mi sono portata dietro un macigno nel petto che non mi permette di mettere il naso fuori se non per le lezioni, la mensa o la palestra interna all'istituto.
Miranda insiste con l'allenarci per la prossima partita che giocheremo contro la squadra di Killian.

Damien è uscito ieri dall'isolamento, eppure nonostante l'abbia incrociato più volte per i corridoi e a mensa, non mi ha rivolto particolare attenzione.
È come se si fossero chiusi tutti nel loro silenzio, io per prima.

Casco nero è sicuramente uno di quelli chiusi in un silenzio tombale.
È vero, sono stata io a dirgli di voler chiudere con questi strani e insensati incontri, ma forse ho sperato fin troppo che non prendesse sul serio le mie parole.
Così tanto da credere che sarebbe subito tornato da me.
Deve averne approfittato, invece, quale ragazza ti offre per prima la possibilità di chiudere la questione senza troppi problemi?
Gliel'ho resa fin troppo facile, e lui ha colto la palla al balzo.

Eppure credo di averlo sentito, fuori dalla mia finestra, mentre sgomberava con la sua moto.
Le piogge di questi giorni hanno creato un cortocircuito nei sistemi di sicurezza, mandando fuori uso le telecamere di tutto l'istituto.
Gli outsiders hanno festeggiato, e l'ho capito quando ho iniziato a sentire di sera gli starnazzi e le risate dei ragazzi che tornavano a qualsiasi ora volevano, dall'atrio principale, senza alcuna paura di essere
ripresi.
Forse lui era fra quelli che si sono goduti la libertà.

Sollevo la testa dai libri per piantare lo sguardo sull'orario: mezzanotte e venti.
Inizio a sentire i motori in lontananza dalla mia finestra.
Non capita spesso che mio padre rimanga a dormire in istituto, ma quelle volte che lo fa, occupa una delle camere più nascoste, ecco spiegato come faccia a non sentire le moto.
Non sono però sicura che le senta comunque, e non le stia ignorando volutamente.

La pioggia violenta batte contro la mia finestra creando un sottofondo musicale quasi drammatico e continuo, incessante, inizia a sembrarmi una melodia orecchiabile.
Sollevo il cappuccio della mia felpa e mi alzo dalla scrivania, restando in piedi davanti alla finestra.

Hanno posteggiato le moto, e adesso stanno barcollando in gruppo per l'atrio.
Alcuni si spingono e calciano il terriccio bagnato, ridono, aprono gli ombrelli, altri corrono dentro per ripararsi, altri ancora fischiano e starnazzano senza alcun motivo.
Nel giro di pochi minuti non si tratta più di una pioggerella innocua, ma di una vera e propria pioggia battente, che li fa correre al riparo e liberare l'atrio.

Il mio respiro crea una leggera condensa sul vetro, appannandolo, e per poco non noto quell'unica figura che, invece, rimane in piedi al centro dello spazio, sotto la pioggia.
Mi avvicino per osservare meglio.

Barcolla un po' sui piedi, sembra pensieroso mentre non si cura nemmeno di alzarsi il cappuccio della felpa nera che indossa per ripararsi.
Infila le mani nelle tasche, e calcia una pozzanghera d'acqua, solo per perdere quasi l'equilibrio l'attimo dopo.
Quando solleva il volto verso il cielo, ne riconosco finalmente i tratti duri e marcati.
I capelli disastrati dalla pioggia, l'altezza spropositata, le spalle larghe e gli occhi neri.
Damien tira fuori la lingua e ruba la pioggia al cielo.

Mi sporgo un altro po' per accertarmi che non ci sia anche Killian con lui, come avevo intuito, e torno a fissarlo mentre compie un giro completo su se stesso, completamente solo e circondato dal silenzio della pioggia.
Incrocio le braccia al petto, assottigliando lo sguardo ai limiti del possibile.
È ubriaco, la fuori, i movimenti maldestri e lo stato malconcio lo suggeriscono fin troppo chiaramente.

𝐎𝐔𝐓𝐒𝐈𝐃𝐄𝐑𝐒Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora