Ormai era mezzanotte e non riuscivo a dimenticare il sorriso del ragazzo che mi aveva salvato. La stanchezza si era fatta viva. Sentivo che il letto diventava sempre più comodo e confortevole e le palpebre si fecero pesanti. Il sonno mi pervase il corpo e così caddi nelle braccia di Morfeo.
Una voce stridula mi svegliò. Era la voce di una donna, guardai che ore erano, 2.30 di mattina. Mio padre non poteva essere tornato, e l'unica cosa che poteva fare quel rumore era la radio che tenevo in camera.
Mi stropicciai gli occhi con il dorso della mano e mi misi a sedere sul letto facendolo scricchiolare leggermente.
Andai verso la scrivania dove la radio continuava ad andare.
Sfiorai la radio con le punte delle dita ma qualcosa mi afferò il polso facendomi spaventare
Urali e la mano che mi teneva mi strinse facendomi gemere leggermente dal dolore.
Mi divincolai e riuscii a liberarmi dalla presa della mano. Mi voltai e mi diressi in fretta alla porta della camera che chiusi a chiave. Scesi le scale saltando qualche gradino e mi fiondai in cucina prendendo dal cassetto un coltello.
Mi nascosi sotto il tavolo stringendo al petto il coltello con tutte le mie forze. Sentii dei passi avvicinarsi pericolosamente in cucina. Trattenni il respiro pregando Dio di salvarmi, un qualsiasi Dio, andava bene Gesù, Zeus, Pan, Ra andava bene anche Dioniso. Qualcuno doveva ascoltare la mia preghiera, no?
Degli stivali si fermano davanti al tavolo, pregai ancora di più ma niente.
La figura si abbassò leggermente arrivando alla mia altezza, nel buio vedevo soltanto due puntini rossi che identificai come gli occhi. Le lacrime scesero lungo il viso copiose e singhiozzi ruppero il silenzio, avevo paura.
Spostai delle sedie e mi tolsi da sotto il tavolo. Con una mano mi attaccai al muro cercando l'interruttore della luce, le mattonelle erano fredde e lisce.
Tac.
La luce si accese rivelando un ragazzo a un metro di distanza da me. Un folletto più che altro.
Capelli biondi glielo cadevano sul viso pallido e un berretto verde compleava il tutto rendendolo... Bellissimo?
Strinsi di più il coltello fino a far diventare le nocche bianche.
Il ragazzo si avvicinò a me minaccioso. Scivolai contro il muro finendo seduta per terra.
Le lacrime continuavano a scendere e lo sguardo del ragazzo mi fissava compiaciuto.
Il cuore accellerò e le mani iniziarono a tremare, la testa girava leggermente. Mi sentivo così stupida al cospetto di quel ragazzo, che mi sembrava così famigliare, così gentile.
I suoi occhi erano completamente neri dove nel mezzo bi erano due puntini rossi, dalle orbite usciva uno strano liquido nero, che anche se poteva dar fastidio a me piaceva. Era strano, le lacrime smisero di scendere e mi calmai guardando stupita il folletto.
X ‹ ah ma tu sei... Cazzo›.
Io ‹ aspetta... La tua voce... Io... Tu sei il ragazzo di oggi che mi ha salvato... Grazie›.
X ‹ non farci l'abitudine ragazzina, ero lì di passaggio tutto qui›.
La sua voce era leggermente sdoppiata ma bellissima, era da ragazzino innocente, leggera ma decisa.
Il coltello mi scivolò dalle mani e un senso di stanchezza mi avvolse e il buio si impossessò di me.Diversi scossoni mi risvegliarono dal tepore del sonno.
Un uomo biondo con occhi verdi e con una leggera barba che età lo da due giorni. Una cicatrice sotto l'occhio destro spiccava sulla pelle leggermente abbronzata.
Io ‹ papà dove sono?›.
Papà mi abbraciò senza darmi il tempo di parlare. Le sue lacrime mi bagnarono la maglietta e li capii che si era preoccupato davvero tanto.
Lo strinsi a me calmandolo.
Papà ‹ ma che ti è successo?›.
Io ‹ ero in camera e... E che stavo facendo? N... Non me lo ricordo!›.
Papà ‹ piccola ora andiamo a letto così ti riposi ok?›La mattina. Era la solita e noiosa mattina, però mi sentivo molto debole e la testa mi continuava a girare.
Papà entrò nella mia camera e impallidì quando mi vide, si sporse in avanti e con la sua mano gelida mi toccò la fronte che sentivo calda.
Sospirò e prede dei medicinali dal cassetto del comodino.
Papà ‹ oggi piccola stai a casa, hai la febbre›.
Odiavo stare rinchiusa nelle quattro mura di camera mia, volevo uscire e andare a scuola anche con la febbre. Sapevo però che così avrei soltanto peggiorato la situazione.
Annuii e mi rimisi sotto le coperte guardando interessata la mia scrivania.
Papà andò fuori dalla stanza lasciandomi sola con un bicchiere di tachipirina in caso il dolore aumentasse.
Solo allora vidi una lettera poggiata sul pavimento. Spostai leggermente le coperte e mi chinai a raccogliere il foglietto provocandomi fitte alla schiena.
Era una lettera strana macchiata con qualcosa di rosso, che identificai come... Sangue.
Rimasi li a fissare la lettera indecisa se aprirla oppure no finché non sentii qualcuno bussare alla porta.
Io ‹ avanti›. Nascosi la lettera sotto le coperte e sfoggiai uno dei miei sorrisi migliori.
Entrò papà con in mano un vassoio pieno di cose dolci e frutta dall'aspetto delizioso che però in quel momento non avevo voglia di mangiare.
Adoravo i dolci, soprattutto torte, al cioccolato, con fragole e anche con nutella e menta, la mia preferita.
Papà poggiò delicatamente il vassoio sul tavolino e mi guardò dolcemente, i suoi occhi erano vissuti però allo stesso tempo desiderosi di scoprire nuove cose. Forse per questo che mamma lo adorava, papà era una persona gentile e calma che ti sapeva ascoltare.
Io ‹ credi, che io possa andarmene come mamma?›. Era vero. C'era la possibilità di morire, e la cosa non mi piaceva. Morire non mi era mai sembrata una bella cosa, insomma dopo cosa c'era? Forse un Kaneki selvatico (Tokyo Ghoul)? O un Grell vestito da stregatto (kuroshitsuji)?
Chi lo sapeva, era così brutto non poter conoscere.
Papà ‹ piccola, tu non morirai›.Fissavo ancora la lettera insanguinata e decisi di aprirla.
Una scrittura strana ma ordinata si presentò su un foglio bianco come la neve.Cara Erin,
Perché sei svenuta? Forse facciø cøsì ribrezzø? Pff, ma che dicø. Iø sønø perfettø e tu sei sølø una stupida ragazzina.
Da øra in avanti la tua vita cambierà. Vedrai.By Ben
Ninn ninn, salve a tutti ragazzi! Che ne dite? Spero vi piaccia ;D vi auguro una buona notte!
By da Black