Non riuscivo a muovermi.
Rimasi fermo immobile dov'ero, cercando di respirare, e aprii gli occhi.
Ero in una selva oscura, ed ero lì, evidentemente, perché avevo perso la strada giusta. Questo era tutto quello che sapevo. Non mi ricordavo niente, a parte che stavo tornando a casa mia, furibondo, dopo una litigata colossale con Guido Cavalcanti, nata dal fatto che si era fatto coinvolgere in uno scontro tra Bianchi e Neri che per poco non aveva demolito Firenze. Ora rischiava grosso, l'esilio come minimo, se non lo convincevo a implorare perdono ai Priori. Guido mi aveva sbraitato che se dovevo ricominciare a rivolgergli la parola solo per fargli la predica, potevo anche esiliarlo io direttamente, e mi aveva sbattuto fuori da casa sua. Io stavo tornando indietro, camminavo lungo l'Arno...E poi?
Lottai con la paura e cercai di riprendere il controllo di me stesso. Sono Dante Alighieri, ho trentacinque anni, e mi trovo in mezzo al nulla, senza sapere come ci sono finito. Non era un inizio promettente.
Bene, tanto per cominciare, dovevo rimettermi in piedi. Mi rialzai e mi guardai intorno: alberi, alberi, alberi...E una chiazza di luce, laggiù, in fondo. Mi diressi da quella parte.
Arriva ai piedi di una collinetta, dove gli alberi erano più radi. Guardai in alto e vidi le sue pendici vestite dei raggi del sole che stava tramontando. Mi calmai un po'. Mi sentivo come se fossi sopravvissuto a un naufragio.
Ripresi fiato, poi cominciai a salire su per la collina deserta, ma prima che potessi raggiungere la cima, dal nulla sbucò fuori una belva.
Era una specie di lupo, dal fisico scattante, coperto di pelo nero e fulvo, e veniva contro di me con la testa alta e con rabbiosa fame, ringhiando. Di sorpassarlo non se ne parlava; feci un passo indietro, e la belva mi saltò addosso.
-Veltro, no!
Qualcuno placcò il lupo prima che mi mangiasse. In quel momento notai la catena intorno al suo collo; il mio salvatore vi agganciò un guinzaglio e ordinò: - Terra!
Con mio enorme stupore, il lupo obbedì all'istante, sdraiandosi a terra. Guardai il mio salvatore: era un ragazzo di circa diciotto anni, alto e dinoccolato, con i capelli biondi. Il suo abbigliamento era a dir poco bizzarro: indossava una sorta di corta tunica che gli lasciava scoperte le braccia e arrivava alla vita, e brache strette di una strana stoffa. Calzava scarpe ancora più strane. Chi era costui che si vestiva così e domava i lupi? Era umano? Era un demonio? In ogni caso, non ero affatto al sicuro. Gridai: - Miserere di me, qual che tu sa, ombra o uomo certo!
Mi guardò con gli occhi sgranati. Poi disse: - Oh, mi sa che sei tu.
Non era la reazione che mi aspettavo. E comunque, era venuto per me. Mi conosceva. Stavo per pagare i miei peccati. Sbiancai.
-Non sono un'ombra – aggiunse in fretta il ragazzo, vedendo che stavo per svenire. – Sono vero. Mi chiamo Virgilio.
Quel nome agì su di me come un talismano. Aveva il nome del mio maestro! Forse era un segno positivo.
-E-ehm-ecco-tu – balbettò Virgilio – tu...tu sei Dante? Alighieri? Perché il vestito è quello...
Indossavo la mia solita, normalissima e anche un pochino insulsa guarnacca di un rosso sbiadito, e sotto portavo una casacca nera, calzebrache e scarpe di cuoio. Avevo i capelli nascosti dal mio vecchio copricapo con i paraorecchie, anche se era il venticinque marzo. Me l'aveva regalato Beatrice, diceva che era orribile, e rideva come una matta ogni volta che me lo vedeva in testa. Quando è morta, ho preso l'abitudine di metterlo ogni volta che esco, e lo faccio ancora automaticamente.
In sostanza, il mio abbigliamento non aveva proprio niente di strano. Se c'era qualcuno vestito in modo assurdo, era Virgilio. Lo guardai perplesso. – Tutti si vestono così.
-Ehm, be', non più.
-Cosa vuol dire "non più?".
-Senti, te lo spiego dopo. Ora come ora...
Guardai il lupo accucciato ai suoi piedi. – Come puoi dominare questa fiera? Ella mi fa tremar le vene e i polsi.
-Non è una fiera, è Veltro! – protestò. – Ed è un pastore tedesco.
La mia confusione non fece che aumentare. – Il veltro è un cane da caccia, non da pastore – puntualizzai. – E cani così non ne ho mai visti.
-Lo so che non è un cane da caccia. Si chiama Veltro per...be'...causa tua.
-Causa mia?
-Sì, sai, mia sorella è fissata con te. Sa tutta la Divina Commedia a memoria, a momenti...Ha letto la Vita Nova, le Rime e tutta quella roba lì...
Ero diviso tra l'irritazione di sentir chiamare le mie opere "quella roba lì" e il compiacimento di scoprire un ammiratore. La mia vanità è molto facile a lusingarsi. – La Divina Commedia? Vuoi dire la Comedìa? Al momento sono solo sette canti...
Virgilio ridacchiò. – Parli in modo strano.
-Quindi, Veltro...
-Boh, mi sembra che c'entri una profezia.
-Che significa "boh"?
-E' solo un'inter...interie...interiz...
-Interiezione?
-Sì, quello.
-Mai sentita.
-Senti, io non sono un secchione. Non so niente di quelle robe che piacciono a mia sorella. Io sono solo venuto a prenderti.
Non indagai sul termine "secchione", perché la seconda parte del discorso mi distrasse.
-Saresti così gentile da spiegarmi cosa sta succedendo? – chiesi, esasperato.
-Devi seguirmi – rispose Virgilio. – Vogliono che tu veda.
-Chi vuole che io veda cosa?
-Il 2015 – annunciò Virgilio incamminandosi.
Mi affrettai a seguirlo. Uno di noi due era chiaramente impazzito. Ma non riuscivo a capire chi.
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Comedìa Nova
General Fiction25 marzo 2015. Un uomo si sveglia all'interno del parco di Mantova, ed è completamente spaesato. Giustamente. Viene da Firenze, ha trentacinque anni, e si chiama Dante Alighieri.