Canto XVII

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De l'empiezza di lei che mutò forma

Ne l'uccel ch'a cantar più si diletta,

ne l'immagine mia apparve l'orma:

e qui fu la mia mente sì ristretta

dentro da sé, che di fuor non venia

cosa che fosse allor da lei ricetta.

(Purgatorio XVII 19 – 24)

-Poi piovve dentro a l'alta fantasia/ un crucifisso dispettoso e fero/ ne la sua vista, e cotal si morìa/ intorno a esso era il grande Assuero/ Ester sua sposa e'l giusto Mardocco...-. Mi interruppi. – Mi serve una rima con "Assuero".

Clarissa ci pensò su, poi suggerì: - Intero?

Dopo una breve riflessione, le dettai: - "...Che fu al dire e al far così intero".

Clarissa sorrise. – Wow, incredibile. Una mia rima sarà nella Commedia!

-Era una buona rima, cara. Purtroppo, qui si ferma la mia creatività.

Già eran sovra noi tanto levati li ultimi raggi che la notte segue, che le stelle apparivano da più lati. Io ero sdraiato sul divano in una posizione che mi favoriva l'ispirazione e dettavo a Clarissa, seduta a gambe incrociate sul tappeto con una pila di fogli in grembo. Aveva una calligrafia minuta e disordinata, ma, con un po' di allenamento, molto più leggibile di quella di Virgilio.

"O virtù mia, perché sì ti dilegue?" fra me stesso dicea, ché mi sentiva la mente posta in tregua. Era già la quarta terzina su cui mi bloccavo, forse perché stavo cercando di ritardare l'inevitabile momento in cui avrei dovuto mettere in terza rima un intero sistema dottrinale sull'amore.

-Guido saprebbe cosa fare – rimuginai.

-Vuoi scherzare? – rispose Clarissa. – Se lui è riuscito a scrivere Donna me prega, tu puoi fare altrettanto.

Sorrisi tristemente. – Ma lui ha sbagliato tutto.

-Ah, sì?

-Sì. Né creator né creatura mai, figliola, fu senza amore, o naturale o d'animo; e io lo so. Guido sosteneva l'esatto contrario. L'amore naturale è sempre senza errore, ma l'altro puote errar per male obietto o per troppo o troppo poco di vigore. Mentre ch'elli è nel primo ben diretto, e ne' secondi se stesso misura, non può essere cagion di mal diletto; ma quando al mal si torce, adopra sua natura contra il Fattore. Quinci puoi comprender che convene amor esser sementa in voi d'ogne virtute, ma anche d'ogne operazione che merta pene.

-Stai dicendo che l'amore è al principio dell'odio? – chiese Clarissa sorpresa.

-E' molto consolante vedere che almeno qualcuno mi capisce quando parlo.

-Prego.

-L'amore è al principio del male, se diretto al bersaglio sbagliato. Non fa l'uom felice, non è felicità, non è buona essenza. Capito? Ora devo cercare di scriverlo. Né creator né creatura mai...-. Voltai la testa, chiedendomi come mai non sentissi il grattare della penna sulla carta, e vidi che Clarissa mi guardava con aria dubbiosa.

-Cosa c'è?

-Ma cos'è esattamente? L'amore?

-Non sei mai stata innamorata, Clarissa?

Lei alzò le spalle. – Qualcuno non lo è stato?

-Allora dimmelo tu. Cos'è l'amore?

Clarissa rifletté. Parve guardarsi dentro, in profondità. – L'animo è disposto ad amare, e si dirige verso tutti i piaceri, finché non ne trova uno che è...Diverso. Allora ci si forma nell'anima un'immagine di quella cosa e ci si avvolge interamente intorno, e ci si sente felici. Questo è l'amore. E la sua essenza è sempre buona, anche se l'oggetto non lo è.

-Le tue parole e il mio seguace ingegno – risposi io lei – m'hanno allor discoverto, ma ciò m'ha fatto di dubitar più pregno; ché se le cose stanno così, se l'anima va dritta o torta, non è suo merto.

Ed ella a me: - Dovresti chiederlo a Beatrice. Non è lei l'esperta in amore? Dammi il braccio, che ti cancello un'altra P.


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