CANTO XXXI
La bella donna ne le braccia aprissi;
abbracciommi la testa e mi sommerse
ove convenne ch'io l'acqua inghiottissi.
Indi mi tolse, e bagnato m'offerse
Dentro a la danza de le quattro belle;
e ciascuna del braccio mi coperse.
-Noi siam qui ninfe e nel ciel siamo stelle:
pria che Beatrice discendesse al mondo,
fummo ordinate a lei per sue ancelle.
Merrenti a li occhi suoi; ma nel giocondo
Lume ch'è dentro aguzzeranno i tuoi
Le tre di là, che miran più profondo.
(Purgatorio XIII 100-111)
-Forza, di' se questo è vero – continuò Beatrice col suo parlare a me per punta, che pur per taglio m'era parso acre. – A un'accusa così grande va congiunta la tua confessione.
Era la mia virtù tanto confusa, che la voce si mosse, e pria si spense che dagli organi suoi fosse dischiusa.
Poco sofferse; poi sbottò: - Rispondimi! -, facendo sussultare sia me che Clarissa, la quale mi lanciò uno sguardo basito, come a chiedermi: "E questa sarebbe la dolce donna angelo di cui hai scritto?".
Confusione e paura miste insieme mi spinsero un tal "sì" fuor de la bocca, ad intendere il quale furono mestiere le viste.
Come balestro frange, quando scocca da troppo tesa la sua corda e l'arco, e con men foga l'asta il segno tocca, sì scoppiai io sott'esso grave carco, fuori sgorgando lacrime e sospiri, e la voce allentò per lo suo varco. Clarissa mi s'incollò al fianco con fare protettivo, allarmata e guardando Beatrice con aria diffidente.
Ond'ella a me: - Quali abissi o quali catene hai trovato, da disperare tanto di andare avanti? E che piaceri ti si sono mostrati perché dovessi corteggiarli?
Dopo la tratta d'un sospiro amaro, appena ebbi la voce che rispose, e le labbra a fatica la formarono. Piangendo dissi: - Le presenti cose col falso piacer volsero miei passi, tosto che il vostro viso si nascose.Ed ella: - Ora smetti di piangere e ascoltami. So che tu provavi gran piacere del mio aspetto...No, lo so benissimo! Se è bastata la mia morte a fartelo dimenticare, cos'altro sei stato indotto a desiderare? Avresti dovuto innalzarti allo spirito dietro di me, dopo la delusione ricevuta dai beni ingannevoli. Non dovevi rimanere ad aspettarne un altro, o correre dietro a qualche pargoletta!
Quali i fanciulli, vergognando, muti, con gli occhi a terra si stanno, ascoltando e sé riconoscendo pentiti, tal mi stavo io; ed ella disse: - Questo ti fa male? Guardami, Dante! Non ho ancora finito con te.
Con men di resistenza si dibarba robusto cerro, ovvero al nostral vento, ovvero a quel de la terra di Iarba, ch'io non levai al suo comando il mento, ben conoscendo il veleno dell'argomento. E le mie luci, ancor poco sicure, videro Beatrice che pareva vincer più se stessa antica, che le altre in Terra, quand'ella c'era.
Di pentir sì mi punse ivi l'ortica che di tutte altre cose qual mi torse più nel suo amor, più mi si fece nemica. Tanta riconoscenza il cor mi morse, ch'io caddi vinto; e quale allora mi feci, salsi colei che la cagione mi porse.
Poi, quando il cor virtù di fuor mi rese, Clarissa sopra me vidi, e diceva: - No...è sveglio...è sveglio!
-Bene – disse la voce di Beatrice. – Così posso affogarlo nel fiume.
-Smettila!
Qualcuno mi gettò dell'acqua in faccia, onde convenne che un po' ne inghiottissi. Mi rialzai e mi ritrovai Beatrice davanti.
Mille disiri più che fiamma caldi mi strinsero gli occhi agli occhi rilucenti. Mentre che piena di stupore e lieta l'anima mia gustava di quel cibo che, saziando di sé, di sé asseta, Clarissa si fece avanti. – Potresti essere un po' più gentile – disse a Beatrice. – Ne ha viste di tutti i colori per vedere te!
-Non mi sta facendo un favore. È per il suo bene, non per il mio! – replicò Beatrice.
-Dante, difenditi! Di' qualcosa!
Scossi la testa, guardando Beatrice attonito. O splendore di viva luce eterna, chi pallido si fece sotto l'ombra del Parnaso, o bevve in sua cisterna, non parrebbe aver la mente ingombra, tentando a render te qual tu paresti?
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Comedìa Nova
General Fiction25 marzo 2015. Un uomo si sveglia all'interno del parco di Mantova, ed è completamente spaesato. Giustamente. Viene da Firenze, ha trentacinque anni, e si chiama Dante Alighieri.